di Silvana Biasutti
SIENA. Il turismo è un’attività produttiva di cui si parla molto perché è stata fermata brutalmente dalla pandemia in corso, e i commenti che si fanno e si leggono a questo proposito sono tutti impegnati a trovare il modo per farlo ripartire. In mezzo alle molte idee, ogni tanto si ritrova anche qualche buon proponimento, molte voci ma tutte in ordine sparso e tutte venate dall’ansia. E non può che essere cosī, perché turismo vuole dire molti posti di lavoro sparpagliati in attività diverse per tipologia e livello. Ma il turismo non è un’attività produttiva come altre, perché non si produce e si vende, come un prodotto o un servizio, ma nasce in origine dal desiderio di conoscenza.
Conoscere luoghi, usanze, persone. Diverse da noi. Il turismo è nato dunque da una pulsione culturale e dall’emozione che ci dà la scoperta della diversità.
Però ciò che ho appena descritto è andato mutando velocemente, soprattutto negli ultimi decenni, tanto da far dimenticare spesso che cosa poteva aver spinto qualcuno ad arrivare in un luogo (diverso dal proprio) fino a proporgli esperienze sempre più standardizzate. E al turismo non poteva che accadere questo, perché un prodotto industrializzato deve avere degli standard per essere venduto a un target numeroso.
Però non tutti i prodotti sono adattabili per essere fruiti da un vasto numero di persone. Se produco pasta, in milioni di pezzi, non posso produrla con criteri artigianali, né con le stesse materie prime di una pasta artigianale; cercherò i miei clienti “aggiungendo dei valori” invisibili, ma evocabili con la comunicazione, a partire dal pacchetto del mio prodotto. Ma un appassionato gastronomo si accorge che la mia pasta, che ha un bellissimo packaging, un prezzo accessibile e una comunicazione simpatica – che rende molto italiano il tutto – non è proprio il massimo come esperienza culinaria.
Però questo criterio è perfetto per un pastificio e per chi produce non cambieranno le cose: con una buona distribuzione e con un supporto pubblicitario, che si evolve nel tempo, potrà garantirsi “crescita” e “sviluppo”; però se insisterà a connotare quella pasta (discreta, ma prodotta con materie prime aliene e diverse) come “made in Italy”, pian piano cambierà la percezione del made in Italy stesso, che finirà con l’essere immaginato come qualcosa di mediocre.
Quello che ho descritto è l’appannamento di un mito ed è un processo di cui ancora non ci si accorge, perché – sempre usando la stessa metafora – chi se ne intende (e chi fa opinione, proprio perché se ne intende) sceglierà una pasta diversa e sul mercato ci sono fior di paste eccellenti, in cui ritrovare le meraviglie della storia gastronomica del nostro paese.
Sarà inimmaginabile invece trovare “un’altra Venezia”, quando Venezia sarà stata consumata dall’uso che ne fa il turismo; e sarà sempre più arduo compensare con il lusso di alberghi e botteghe meravigliosi, la spoliazione di un luogo affascinante ma troppo delicato per essere usato come “luogo di massa”.
È chiaro che l’accesso a un luogo rinomato non può essere riservato a delle èlite e il desiderio di vedere un luogo è anche proporzionato alla sua unicità, ma l’Italia è fatta di luoghi unici e tutti oggetto di desiderio.
Ecco io credo che ora sia arrivata l’occasione per pensare anche a come modulare il turismo; credo che quante più persone possibile – tra quelle che lavorano nel settore – dovrebbero essere sensibilizzate alle ragioni per cui un giapponese fa un lungo viaggio per vedere l’Italia. Credo che si debba impedire lo sfruttamento eccessivo dei luoghi e lo scrivo pensando al consumo di un luogo, di cui non ci si accorge se non dopo che è già avvenuto. Sono convinta che l’Italia sia una meta turistica da spendere al meglio, offrendo al visitatore un’esperienza emozionante e non programmi folkloristici e prodotti mediocri. Sono certa che sia un obiettivo difficile da raggiungere, ma altrettanto convinta che se ci sarà uno sguardo consapevole da parte di molti, si potrà ottenere qualcosa.
Non dimentichiamo che abbiamo bisogno di emozionarci e che l’Italia è un paese emozionante.