“Non passa giorno a Siena che qualcuno, sia sulla stampa che sui social, non evochi le “Scienze della Vita” o meglio (cioè peggio) il “Life Sciences”. Allo stesso modo, ultimamente, si fa spesso uso dell’ambiguo termine “Biotecnopolo”, dipingendolo come una specie di Santo Graal nella Siena che verrà.
Qualcuno ha azzardato a spregio del ridicolo, che il Biotecnopolo sarà a Siena il “prossimo Monte”… e da quel giorno, fra gli addetti ai lavori, non si contano gli scongiuri ogni volta che la parola viene pronunciata. Il potere amministrativo locale e regionale, la politica nazionale, le varie istituzioni locali, i giornalisti… tutti mettono bocca sul tema del momento. In mezzo a questo fermento, da qualche settimana, abbiamo però registrato un preoccupante fenomeno, anzi due.
Al termine “Life Sciences” si accosta sempre più un preoccupante e crescente malumore degli addetti ai lavori. Fanno da contraltare al giubilo dei tanti improvvisati biotecnologi, proprio gli addetti ai lavori: i biotecnologi veri, i manager, gli imprenditori delle principali aziende biotecnologiche locali, che ogni giorno sottolineano il pericolo in atto e lanciano moniti che sembrano sempre più grida d’allarme e che impongono una riflessione. A questa reiterata lamentatio si aggiunge il preoccupante silenzio dei due Dipartimenti di Biotecnologia (Chimico-Farmaceutico e Medico) dell’Università di Siena (entrambi dipartimenti di eccellenza a livello nazionale). In questo tourbillon, sembra che nemmeno esistano… eppure si sta parlando anche di loro e del loro futuro!
Riguardo al progetto Biotecnopolo, abbiamo letto del pericolo di una replica di Siena Biotech e del prendere sempre più corpo di una dinamica nella gestione della “cosa pubblica”, che riporta alle vecchie logiche surrettizie e suicide del famigerato “groviglio armonioso”. Si denuncia l’esclusione, durante le fasi cruciali della scrittura statutaria, delle realtà settoriali locali. Se ciò fosse vero sarebbe molto grave, visto che la costituenda entità si configura (legge alla mano) statale e territoriale allo stesso tempo. Abbiamo letto, soprattutto, di appelli alla TLS (identificata dalla legge come “referente” locale del Biotecnopolo). Appelli precisi, accorati, propositivi (e, sembra, inascoltati) di chi si è messo in gioco con la propria azienda, per venire (o rimanere) in un posto “in fondo al mondo” come Siena a “fare biotech” sulle proprie gambe, attraendo capitali, tecnologia e clienti da tutto il globo. E soprattutto dando lavoro a senesi e non, che qui insieme a loro creano opportunità di sviluppo industriale e sociale. Appelli che sono un monito per tutti: ognuno dovrebbe fare ciò che sa meglio fare.
Non dobbiamo dimenticare che a Siena abbiamo avuto un presidente dei banchieri italiani che, molto candidamente, dichiarò che se c’era una cosa che proprio non sapeva fare era il banchiere. Perciò, può accadere davvero di tutto. E accade infatti che, fresca dal fallimento del “famoso” anticorpo monoclonale contro il COVID-19 e ancor più fresca dell’”aiutino” datole da Fondazione MPS, che ha comprato per lei l’ex edificio Siena Biotech per la seconda volta (!), la TLS oggi faccia il “pesce in barile”.
TLS ha però un consiglio di amministrazione da poco faticosamente insediato (dopo nove mesi di tribolata gestazione, manco fosse un figliolo), dove ci sono fior di biotecnologi, riflesso del fiorente tessuto industriale e accademico locale, che sapranno guidare sul nostro territorio i 4 ministeri coinvolti nell’impresa del Biotecnopolo. Come? Non ci sono biotecnologi? E chi c’è? Ah beh, c’è un ingegnere, un avvocato, un contabile, un reumatologo, un patologo, due economisti e, vivaddio, un biologo. Un po’ com’era nella “gloriosa” Siena Biotech (quindi i parallelismi evocati non sono così fuori luogo!). Insomma, sembra di vedere un film già visto. Se anche il Biotecnopolo segue questa limpidissima traccia siamo a posto.
Cosa potrebbe non funzionare in questo piano?! Forse una cosa su tutte. In un momento storico così difficile e complesso, delegare lo sviluppo di un pezzo cruciale (a detta di tutti) del futuro della nostra comunità (il “Life Sciences”) esclusivamente a persone che non sono del settore e il cui futuro, “risk-free”, sarà probabilmente solo a carico dell’ INPS, ci sembra alquanto azzardato. Coinvolgere fattivamente in tematiche afferenti il “Life Sciences” e quindi il Biotecnopolo, anche chi a Siena ha messo in gioco il proprio destino e quello dei propri dipendenti, oltre che gli eccellenti biotecnologi della nostra università, non ci sembra un gesto così dirompente. Nemmeno per il più esclusivo, umbratile e introverso dei “grovigli”.
Piuttosto appare come un’imprescindibile (e persino scontata) questione di rispetto e buon senso”.