"Da tutto questo si capisce che il tempo per la verità storica sull’intera vicenda non è ancora venuto"
SIENA. La sentenza di appello del tribunale di Milano, di piena assoluzione degli imputati per addebiti concorrenti al dissesto finanziario di MPS, certifica la legittimità dell’agire del management coinvolto in quel procedimento. Non l’opportunità, però. Né, tanto meno, la “perizia”.
Di questo nessuno ha parlato, in queste settimane successive alla sentenza. Molti preferendo rilanciare il refrain della responsabilità della politica locale. Dimenticando che gli amministratori del socio di maggioranza assoluta della banca, nominati da istituzioni allora legittimamente scelte dai cittadini di Siena e provincia, assumevano le decisioni alla luce della rappresentazione delle situazioni che il management, come in qualunque azienda, offriva agli azionisti. Rappresentazioni non costituenti reato, ha riconosciuto la giustizia. Ma non per questo meritevoli di plauso.
Sempre di recente qualcuno ha detto che la causa dei mali della banca è da ricercarsi nella strenua difesa del suo controllo da parte della comunità senese. Visti i risultati prodotti da quando quella comunità è stata estromessa, i mali sono da ricercare altrove…
Da tutto questo si capisce che il tempo per la verità storica sull’intera vicenda non è ancora venuto. Forse perché diversi protagonisti continuano ad esercitare funzioni rilevanti che potrebbero risentirne.
Il problema è che questa mancanza di lettura oggettiva non si trasformi in un passivo atteggiamento di rinuncia al rilancio del Monte banca di Siena, protagonista nazionale nella raccolta e nel credito. Possibile solo liberando il campo, oggi, dal processo di privatizzazione, che nel contesto economico creato da pandemia e guerra ne decreterebbe la morte.
Associazione Confronti