Repetita juvant: nota per la Commissione Cultura del Consiglio comunale (19 marzo 2014)
di Mario Ascheri
SIENA. La discussione sollecitata dal Consiglio comunale e portata avanti in modo molto efficiente da Rita Petti ed Enrico Tucci ha certamente avuto effetti positivi, anche se non sarà facile sintetizzarli né è facile immaginare come andrà a finire in Consiglio comunale. Pur avendo seguito solo parzialmente i lavori recenti e pur non essendo mai stato coinvolto nei programmi del SMS, credo di dover cogliere l’appello aperto, lanciato a tutta la cittadinanza, non fosse altro per la mia responsabilità di Mangia d’Oro.
Per semplificare, anticiperei le conclusioni. Per il SMS c’è oggi bisogno di un salto di qualità nell’approccio. Finora è stato trattato come ‘un’ problema a sé, una grande opportunità che ha avuto fasi alterne, e si continua a ritenere – anche in interventi dotti e argomentati – che lo si possa affrontare individualmente. Così c’è il rischio che, anche ove affluissero dei fondi (peraltro problematici), si possa assistere a una qualche ripresa, a una qualche vitalità, ma non a una soluzione di fondo, da tempi lunghi e ‘produttiva’ di effetti positivi su vari livelli (dal culturale all’economico) come tutti auspichiamo. Per la ‘svolta’, preso atto del punto morto in cui siamo piombati anche per l’immobilismo ereditato dagli ultimi anni si devono evitare decisioni affrettate.
Si è capito che i lavori al grande isolato sono pressoché fermi da anni, ma anche che non esistono neppure progetti concreti (sembra) per ripartire in modo efficace. In modo cioè da andare oltre l’ordinaria amministrazione e le mostre (talora assolutamente non difficili con le risorse che sono state a disposizione), e il recupero dei locali per l’opportuno, sia chiaro, allestimento del museo archeologico e di alcune sale, per la fonte Gaia, per i bambini, Tito Sarrocchi…
C’è stata scarsa continuità della dirigenza e del quadro giuridico? Quando anche fosse, il comitato scientifico non sembra aver sofferto grandi trasformazioni per quello che si sa. Non si può dire (dall’esterno, senza dati certi) che sia mancata propositività verso il potere politico? Non risultano appelli al Consiglio comunale, alle forze politiche… neppure per concretizzare il progetto di inclusione della Pinacoteca Nazionale bloccata da anni. Insomma, finché ci sono stati fondi a disposizione, l’ordinaria apertura e qualche ‘botto’ ogni tanto, gli studi e ricerche di forze universitarie fortunatamente presenti in taluni settori, sono bastati per tirare avanti e nascondere il vuoto di prospettive che alla fine si è dischiuso.
Il soprintendente Scalini ha giustamente ricordato (spero come altri) che le differenti destinazioni delle varie aree dell’enorme complesso richiedono diverse attrezzature elettriche, termiche, di sicurezza… Quindi non solo mancano i 20 milioni (si dice oggi, ma 5 o 6 anni fa a una commissione di consiglieri comunali in visita ufficiale l’arch. Campioni parlò di 40 milioni) per completare i lavori (in parte oggi urgentemente necessari, a quanto pare, per evitare il degrado delle parti non restaurate), ma se anche ci fossero quei fondi, in mancanza di un progetto concreto non si potrebbero neppure utilizzare interamente.
La inadeguata dirigenza politica non ha avuto neppure la capacità di gestire gli spazi già predisposti per usi precisi, come il bar e la ristorazione, o di assicurare la decenza degli spazi posteriori, sul Fosso di Sant’Ansano, in condizioni assolutamente deplorevoli e da includere invece (con il verde sottostante è proposta tanta banale quanto trascurata) nel progetto complessivo. Si è discusso vivacemente e a fondo della forma giuridica: Fondazione sì, Fondazione no, neppure affermandosi alla fine (o sbaglio?) l’ovvietà che è prima necessario decidere che fare e dove, e solo dopo pensare alle forme, agli equilibri di potere nelle nomine ecc.
Eatitaly e Pellegrinaio per la Francigena hanno suscitato dibattiti appassionati pur essendo questioni del tutto marginali. Peraltro, l’unico progetto finanziato (fino a che punto?), quello recettivo del ‘turismo lento e pensoso’, delle 36 camere se ho ben capito, non si vede che urgenza abbia, vista la contemporanea disponibilità recettiva ad esempio del grande e affascinante complesso di Monastero. E’ a un passo dalla città, in un’area di grandissimo interesse storico da valorizzare tra l’altro per Belcaro, Santa Bonda, fonte al Pino e le Volte (sempre usate dall’Università?), anche se ignorata dai più: spero non anche dal progetto della Capitale della Cultura. Si rischia di aprire camere al SMS e di chiuderle a Monastero dopo che – peraltro – si è abbandonato l’Ostello sulla Francigena? Non mi risulta si sia dibattuta la questione: eppure quella di Monastero è una on-lus con partecipazione del Comune.
Proseguiamo sulla contraddittoria situazione attuale del nostro territorio? Mentre si lascia svettare all’Isola d’Arbia la nota Torre all’Insipienza, si celebra a Cuna un intervento conservativo benemerito: per che farci cosa è chiaro? A Siena per contenitori vuoti si va da certi bastioni di Fortezza a grandi e piccoli lavatoi, agli interni delle grandi porte… mentre parti di grande interesse storico dell’ex-San Niccolò minacciano il crollo (ci consoliamo che Firenze con il suo Sant’Orsola e altro condivide ambasce simili?).
Torniamo al SMS. La collezione Briganti è una bella raccolta, ben sistemata, ma ha senso come struttura di un grande museo, dove si lavora, si studiano i ‘pezzi’ e si programmano iniziative. Così c’è chi (anche in posizioni di comando) pensa che si debba portare alla Biblioteca comunale per integrarla con i libri di Borghini, ad esempio. Disegno razionale, anche se con qualche costo, e lo sarebbe anche più se si pensasse di unificare il tutto con i libri storico-artistici della Facoltà di Lettere (i libri Brandi che fine hanno fatto?): è vero che è difficile mantenere la biblioteca al Refugio?
In una situazione di incertezza siffatta, mi sembra pacifico quindi che l’unica cosa sensata è auspicare che non si assumano decisioni frettolose. Si è aspettato tanto, si può aspettare ancora; del resto si hanno anche altre strutture comunali poco utilizzate o in rovina (s’è detto… e il parco di Busseto?).
Ciò significa evitare di fare strutture giuridiche anelastiche come la auspicata Fondazione, peraltro con uno statuto proposto farraginoso e ovviamente costoso, da tempi di vacche grasse e procedere per passi meno ingombranti. La proposta perciò da praticare oggi, a me sembra, è piuttosto:
1– ribadire il pieno controllo comunale del SMS finché non ci sia un piano dettagliato e sicuro di riuso con prospettive di gestione sana; la forma giuridica da mettere in piedi verrà da sé;
2– nel frattempo si deve invece attivare presto un tavolo di studio e concertazione con una presidenza energica e al corrente di quanto avviene nell’ampio mondo dell’arte e dei suoi problemi (come si è visto all’Amiex a Torino). Ministero dei beni culturali, le due Soprintendenze senesi e quella archeologica regionale, le due Università, la Fondazione MPS, quella dei Musei senesi, l’Opera del duomo, il Magistrato delle contrade, la Curia, le Pie disposizioni, l’Accademia Chigiana e dei Fisiocratici, Biblioteca Comunale e Archivio di Stato, la Diana, il Conservatorio del Refugio… insomma chi ha esperienza di cosa sono i beni culturali e di come ci si lavori (quindi a Siena anche MPS, Accademia degli Intronati, guide turistiche, Camera Commercio e CNA? E il volontariato del settore, da Fai a Club Unesco a Italia Nostra per fare qualche nome?) possono non essere interessati a mandare degli specialisti di fiducia a confrontarsi sulla soluzione migliore da ritrovarsi attivando i necessari collegamenti nazionali e internazionali?
Per la città e il territorio, non per la categoria o ente rappresentato, naturalmente. Del resto, nulla vieta che, per evitare commissioni troppo ampie e inconcludenti, gli enti ricordati potrebbero proporre al sindaco bei nomi in comune per le nomine.
Ma il Comune deve arrivare al tavolo con esperti di prim’ordine a confrontarsi con gli inviati dagli enti, non solo esterni (come un Salvatore Settis, ad esempio?), e dotati di direttive politiche chiare. Sapendo bene che il problema è enorme: come l’immobile e il suo potenziale tesoro. Di certi dati di fatto non si può non tener conto. Tra i più evidenti la scarsa frequentazione di una grande e fantastica raccolta come la Pinacoteca Nazionale (come avviene anche per altri musei importanti, sia chiaro) e i contemporanei eclatanti risultati realizzabili con campagne mirate – come dimostrato da quelle per il pavimento del Duomo o il suo ‘cielo’.
Se si vuole fare ‘valorizzazione’, non si può che partire quindi dal definire un modello attuale (non ideale, fuori del tempo) di iniziative e di complesso museale verso il quale muovere; ad esempio, uno spazio importante va riservato a esposizioni (anche di opere già a Siena, sia chiaro) temporanee, ma contestualizzate, storicizzate, rese leggibili e largamente note ovunque, così come alla sperimentazione dei gruppi di arte contemporanea (in val d’Elsa attivi e sponsorizzati dalla Regione), per i quali gli spazi aperti sono importanti (e perciò accennavo al verde del Fosso).
Il discorso sulla ‘promozione’ dell’arte senese (non solo quella antica) va ripensato unitariamente.
Bisogna cioè profittare della pausa necessitata dalla mancanza di fondi corposi disponibili per ripensare in toto all’organizzazione museale cittadina, comprese le disponibilità di molte chiese, ad esempio (anche imprevedibili, come quella di Campansi), sottratte alla visita ancorché dotate di gran belle cose, e dei musei di contrada.
Insomma va fatta una ‘scelta politico-culturale’ impegnativa e va costruita coinvolgendo Cultura, Turismo, Istruzione, Lavori pubblici… sotto la suprema responsabilità del sindaco, naturalmente, ma anche di altri enti, a cominciare dalle Università (per le competenze, per i laboratori, le fototeche, le attrezzature…essenziali anche per quanto fatto finora).
Ma allora il problema SMS non si risolve senza che diventi un problema di programmazione per tutte le istituzioni senesi di concerto con altre (dal Ministero alla Regione). Il Comune ne ha solo la responsabilità primaria perché la soluzione della questione implica una svolta profonda nel futuro della città. Senza un’apertura a 360° della prospettiva temo che si girerà a vuoto: come tutto sommato si è fatto fino ad oggi, senza negare validi risultati parziali qua e là che rimangono spezzoni: utili ma frammenti non componibili.
La visione unitaria deve partire quindi da un impegno inter–istituzionale che non mi pare affatto condiviso. Eppure la gravità della crisi che ha investito la città deve escludere la considerazione isolata del problema SMS. Nessuna autoreferenzialità, dunque.
Ugualmente va esclusa la supervalutazione del SMS e la conseguente sottovalutazione di tante altre realtà forse anche minori, ma almeno già esistenti con una propria identità e in attesa soltanto di valorizzazione entro la strategia sinergica di cui si parla.
Perciò anche i privati non possono essere trascurati in questa strategia globale, locali come la realtà del Piccolo Teatro di via Montanini, ad esempio, oppure esterni, a cominciare dai più vicini. Non sono private le due iniziative più importanti di arte contemporanea in provincia, la Galleria continua di San Gimignano e il Parco Sculture del Chianti? I privati sono da coinvolgere eccome, se di livello, grande, capace di proposta e non solo di saltuari interventi pur interessanti. Con la capacità di contenere, la loro naturale propensione a pensare anche alla redditività delle iniziative, che non può essere comunque trascurata. Perciò, a parte gli ovvi spazi commerciali e ristorativi, perché non prevedere anche l’ipotesi della grande esposizione-mercato di grande qualità? Maastricht non insegna nulla?
Il SMS quindi come nucleo polivalente ma anche centro dal quale dipartono ‘li rami’.
Qui la grande raccolta, Pinacoteca compresa, museo archeologico, il centro studi/museo della sanità e dell’assistenza (non solo al SMS, ricordiamocelo), le botteghe artigiane, i centri di restauro, lo spazio commerciale, ristorante, bar ecc. ma anche il museo della città e della storia del palio e delle contrade: da molto meditare perché deve dare, da qui, l’impulso a trattenersi in città alla scoperta delle altre sue realtà. Perciò è da pensare in modo stratificato e pluralistico, evitando luoghi comuni o di incentrarsi solo su aspetti consolidati (come il basso Medioevo; il SMS peraltro è stato importante anche in età moderna e contemporanea).
Il SMS deve pensarsi e costruirsi come una scintillante introduzione a Siena e al suo territorio, una realtà che non sostituisca, ma che solleciti l’avventura esterna, in città e nel territorio.
Perciò è necessaria una visione d’assieme del problema SMS, che implica un diverso approccio al Grande Problema: tanto più se riusciremo nell’impresa della Capitale della Cultura.
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Le riflessioni sparse precedenti sono di un ex-assessore provinciale, studioso di Siena e del suo territorio da tanti decenni (con una collana di ‘Documenti di storia’ per lo più ‘senesi’ che ha superato i 100 volumi) e una recente sintesi storica che può essere ritenuta un ‘biglietto di presentazione’ europeo della città, e che, ripeto, non è mai stato coinvolto nel SMS. Come me quanti altri? Agli atti del convegno sul SMS del 1986 riuscii ad assicurare un contributo che è rimasto (dicono gli specialisti) un punto fermo nella bibliografia sul SMS: ma mi ci dovetti intrufolare quasi di soppiatto. Non era il caso di ritentare.
Può una città, per di più in crisi, continuare a procedere in questo modo discriminatorio?