Il più antico documento risale al 1186
di Augusto Codogno
ASCIANO. Vicinissima ad Isola d’Arbia, ma sulla riva sinistra del torrente omonimo, quindi per pochi metri nel Comune di Asciano, sorge su di una piccola collina quella che fu l’antica Canonica di Santa Maria di Salteano.
Il più antico documento attestante questa chiesa risale al 1186 quando ne era “officiatore” un tale Bruno o Brunone. Ed è assolutamente da credere perché sei anni dopo, questa canonica, la ritroviamo nell’elenco di quelle chiese della Diocesi senese indicate nel “Liber Census” di Cencio Camerario (anno 1192). Successivamente la ritroviamo, almeno dai primi decenni del 1200, sotto l’ala protettiva dei Frati Vallombrosani ed in alcuni documenti viene nominata come “Badia della S.ma Trinità di Saltiano”. Innegabile e testimoniato ampiamente il suo rapporto con l’altra vicinissima Abbazia di Alfiano (detta al Piano), situata sulla collina di Ruffolo, anch’essa vallombrosana e anch’essa titolata alla Santissima Trinità. Una Badia dunque ed una Canonica, forse ad essa assoggettata, titolate entrambe nello stesso modo e a pochissima distanza l’una dall’altra (2/3 Km). Ricordiamo che la Santissima Trinità veniva spesso raffigurata con il simbolo del “Triangolo”. Questo simbolo geometrico dunque, lo ritroviamo sia nella facciata di Badia al Piano, detta oggi Badia a Ruffolo, che in una delle pietre rinvenute nell’antica Canonica di Salteano.
Del piccolo borgo di “Saltiano”, rimangono oggi solo alcuni poderi recentemente ristrutturati, ma inabitati e la chiesa-torre, struttura fortificata dove un tempo sorgeva la nostra canonica. La torre, bruciata nel 1554 dalle truppe imperiali, apparteneva in quell’anno ai beni del Vescovado di Siena ed il suo assalto è narrato e certificato da alcune antiche cronache del tempo. Sulla parte posteriore di essa (vedi foto), ci sono ben tre pietre che ne ricordano l’origine religiosa e che ci confermano dove fosse la vecchia Canonica di Santa Maria. Una di esse riporta una data ed alcune parole che, anche se non del tutto decifrate, danno da intendere senza ombra di dubbio che fosse l’anno di costruzione o di “rifacimento”.
Le parole che sono riuscito a decifrare sono “….PRESBITERUM…..VIT DE HOC SECULO M…”. Le lettere dopo all’anno Mille non riesco a metterle bene a fuoco. Un’altra pietra, sulla stessa parete ha una scritta indecifrabile preceduta da un triangolo equilatero che sicuramente indicava la “Santissima Trinità”. Una terza pietra infine è molto bella e ricca di decorazioni tra cui spicca il noto “fiore della vita”, molto utilizzato nello stile romanico, ma già presente e conosciuto anche in epoca longobarda.
Secondo le carte della Badia di Coltibuono (Ordine Vallombrosano), il 22 Giugno del 1275, il suo Priore era Don Cristoforo Tolomei. Nel 1277 la documentazione comprova che la Canonica di Santa Maria di Salteano, assieme a quella di S. Maria a Sprenna (oggi in Serravalle – Buonconvento), fungeva da collettoria per i sussidi pro-Terra Santa, quindi era il riferimento territoriale sul quale confluivano le decime raccolte per le crociate. Il responsabile era proprio Cristoforo Tolomei come si evince da questo documento che vi allego:“Liber dd Christofori, prioris plebis S. Marie di Saltiano et Ranuccii, plebani plebis S. Marie de Sperena, Senensis Diocesis recollectorum decimarum pro subsidio Terre Sancte super Monasterii, ecclesis et personis ecclesiasticis exemptis civitatis et diocesis senensis…AD MCCLXXVII”.
Cristoforo Tolomei, canonico secolare, rimarrà Priore di Salteano per molti anni, ma lo sarà anche della chiesa cittadina di S. Cristoforo a partire dal 13 Gennaio del 1283 quando, Martino IV gli diede dispensa per ritenere anche la seconda “ecclesia”. Al momento della sua morte (avvenuta presumibilmente nel 1297) infatti, Papa Bonifazio VIII, il giorno 27 Febbraio 1298, conferì la Chiesa di S. Cristoforo, da poco vacante, a Meo di Petruccio Tolomei. Ma se sulla Canonica di Salteano avevano grande influenza i Tolomei, nello stesso Borgo vi era anche la “longa manu” di un’altra facoltosa famiglia: quella dei Menghi.
Ristoro di Giunta Menghi (per alcuni di Menco) fu innanzitutto un Cavaliere di San Giovanni o, se preferite degli “Ospitalieri”. Quest’ordine equestre-monastico-militare era nato dopo la Prima Crociata in Terrasanta (1099), ed i suoi membri vennero anche chiamati indifferentemente Giovanniti, Gerosolomitani, Ospitalieri ed in seguito Cavalieri di Rodi ed infine di Malta. Ristoro, assieme al fratello Guidone, aveva enormi possedimenti a Salteano, ma anche nelle vicine Isola d’Arbia, Tressa, Cuna e Monteroni. Sue molte delle terre adiacenti al torrente Arbia, zone assai paludose dette “lame” o “paduli”, specie nel piano che ora può essere individuato tra Tressa ed Isola. Queste terre, già ampiamente bonificate alla fine del 1200, confinavano con l’ampia proprietà dei Cistercensi di San Galgano che qui avevano una delle loro “granges” e che sicuramente, con la loro esperienza, avevano contribuito alla bonifica della zona. L’attuale podere denominato “La Piaggia” ad esempio, rimase ai cistercensi di San Galgano (per la precisione alla Commenda che ne curava l’amministrazione straordinaria) almeno fino alla metà del 1600. Per vostra curiosità, è ancora visibile su una parete di questo podere di Isola d’Arbia, l’antico stemma con la spada nella roccia.
Ristoro di Giunta, nel 1294 divenne Rettore dello Spedale Santa Maria della Scala di Siena e nel 1295, alla morte del fratello Guidone, cedette per denaro molti suoi beni a Bernardino Piccolomini (18 Maggio 1295). Tra i beni venduti c’erano le case di Salteano e di Isola. Non sono riuscito a capire perché gli stessi beni, l’anno successivo passarono dal Piccolomini al Santa Maria della Scala, ma il business mi ricorda recenti metodi di speculazione finanziaria volti ad eludere un sistema di tassazione allora già in vigore.
A poco a poco Ristoro si disfece del suo enorme patrimonio, tanto che i suoi possedimenti costituirono il primo nucleo sul quale nacque dopo la sua morte (nel 1313), la Grancia di Cuna. L’enorme proprietà terriera che il Santa Maria della Scala aveva accumulato nella stessa zona geografica infatti, aveva bisogno di essere governata e la Grancia di Cuna, costruita a partire dal 1314/1315 andava ad assolvere proprio questo compito. Della Canonica di Santa Maria di Salteano, che continuò a chiamarsi così anche nel 1300 e di cui abbiamo notizie dei suoi rettori (Misser Donato di Ghino nel 1308, il Priore Misser Rinaldo nel 1310 e Misser Francesco nel 1357), si perdono un po’ di tracce nel 1400 per poi scoprire che nel 1500 quasi tutta quell’area apparteneva al Santa Maria della Scala, al Vescovo di Siena e a vari ordini religiosi femminili con casa madre a Siena.
Tra le curiosità che voglio trasmettervi c’è il fatto che ancora oggi, nel podere accanto alla chiesa-torre c’è una vecchia maiolica dedicata alla vergine Maria e, poco distante, un grande Madonnino dedicato a Nostra Signora del 1872. Sembra dunque che il culto di Maria sia rimasto incorrotto nei secoli, fino ai nostri giorni.
Un’altra curiosità mi è stata riferita da una vecchietta che a Salteano ha abitato tantissimi anni e che sostiene (ma non sono riuscito a provarlo) che uno dei sei poderi del Borgo si sia sempre chiamato “Il Ristoro”, tanto che la gente del posto aveva sempre creduto si trattasse di un’antica locanda o stazione di posta. Potrebbe essere invece la testimonianza di una di quelle tante proprietà che un tempo furono di Ristoro di Giunta Menghi.
Infine, spero che qualche specialista si interessi delle scritte che sono sulla parete dell’antica canonica e che riesca a tradurle, perché, essendo esposte alle intemperie senza una minima protezione, tra pochi anni saranno cancellate del tutto.
Se qualche studioso volesse tentare di decifrarle io sono a disposizione per accompagnarlo e se magari qualcuno del Comune di Asciano (a cui tanti mesi fa avevo già scritto in proposito) si facesse vivo, lo pregherei di metterle in sicurezza (magari con un pannello di Plexiglass). Con pochissimi soldi si eviterebbe la scomparsa di tre documenti di notevole importanza storica di quasi mille anni fa. .