Capitolo 54

di Giannantonio Spotorno
Col capitolo n.50 è iniziata una sorta di ripresa diretta di un congresso tipo; è opportuno ricordare che nella “politica dei politici”, dunque anche in un congresso, il senso di correttezza non determina alcuna priorità.
L’osservazione ingenua e talvolta supponente di certi fatti, non aiuta a capire i trucchi e veleni di cui essi sono intrisi, anche se si sospettano.
Quanto sopra implica che ogni tanto, perfino nel pieno svolgimento di un capitolo riferito a un tema specifico, sia opportuno interporre qualche pausa di riflessione e considerazione.
Relativo a elezioni pubbliche, congressuale o referendario che sia, il voto popolare è ormai svuotato di gran parte del suo significato e del suo potere, insomma, si tende a trasformarlo in farsa … sarebbe opportuno che il popolo se ne rendesse conto.
Siamo portatori ancestrali di un certo bigottismo o perbenismo che ci trascina a non volere ammettere certe evidenze, ma siamo anche diffusamente d’accordo sul fatto che la nostra democrazia sia una farsa e che una tale democrazia non può esistere né perpetrarsi se non trasforma in farsa anche il voto.
Nella mentalità popolare si è radicata la facile convinzione che se si vota, allora si è in democrazia ma, come talvolta accade, si tratta di un teorema popolare banalmente sbagliato. Il cinico potere politico che ci amministra, sa bene che è più conveniente adottare espedienti per pilotare il voto, piuttosto che puntare a sopprimerlo. Ciò risponde a una logica perversa ma è lampante il fine di diminuire la massa dei votanti, cercando di dare i connotati della maggioranza politica alla minoranza popolare che vota; le ultime leggi elettorali hanno mirato esattamente a questo.
In Italia, il controllo del voto è un fenomeno assai diffuso che si consuma con l’assegnazione di ruoli pubblici e col diretto versamento di quattrini a individui d’ogni tipo; detto fenomeno ha come capitolo portante il voto di scambio ed è totalmente finanziato con ingentissime somme di denaro pubblico.
In politica ma spesso anche nella quotidianità, la gente italiana tende a classificarsi in due modi: uno è silenzioso, deliberatamente lento, prudente, discreto, intelligente e cinico, l’altro è invece irruente, emotivo, frettoloso, presuntuoso, chiassoso e facilmente esposto al plagio.
In tema di politica, il popolo e il potere hanno “stili” assai diversi; per il primo, la politica è una sorta di sensazione e impulso che dà origine a sfoghi, esternazioni immediate e tante altre cose disgiunte dalla razionalità; per il secondo, cioè il potere, la politica è invece calcolo, strategia e capacità d’attesa che inibisce l’emotività, la superficialità e l’avventatezza.
L’antichità classica, la filosofia e la letteratura ci hanno consegnano la democrazia come una cosa meravigliosa, tuttavia un potere politico falso e cinico come quello che ci amministra, non può essere combattuto con le illusioni che vengono dalla suggestione.
Ritorniamo in sala, il congresso continua.