di Filippo Tozzi
SIENA. Il prossimo 2 febbraio rappresenterà un crocevia per il futuro della Robur. Nel postpartita di domenica sera, il presidente Antonio Ponte ha chiarito alcuni aspetti fondamentali della congiuntura che in questo momento caratterizza la società. I contatti con i vari interlocutori (tra cui le pole position di Piscaglia, Bergamini e Durio) per la cessione delle quote proseguono, ma l’imprenditore italo-svizzero ha tracciato una linea di confine. Indipendentemente dalla concretizzazione di una o più tra le trattative in essere, la società sopravvivrà. Se non ci saranno nuovi soci, al timone rimarrà l’attuale numero uno di viale dei Mille.
LE OFFERTE
Uno dei passaggi chiave della conferenza stampa ha riguardato le offerte ricevute per la vendita delle quote. “Dall’inizio della nostra attività, ho ricevuto una grande quantità di offerte infondate – ha dichiarato Ponte – Alcuni sostengono che io non ho venduto a causa di un prezzo fissato troppo in alto. La realtà è che spesso mi sarei accontentato di qualcosa in più di zero”. Oltre alla distanza tra domanda e offerta, e alla presentazione di proposte non credibili, quale è dunque l’ostacolo maggiore alla conclusione delle trattative? La risposta a questo interrogativo non può certamente essere riduttiva o semplicistica. Tuttavia, una fotografia sull’attuale stato societario può aiutare ad approfondire.
LA FOTOGRAFIA
Secondo quanto abbiamo appreso, al termine dei primi sei mesi dell’attuale stagione sportiva, la perdita fatta registrare dalla Robur oltrepassa i 700 mila euro. Già nel novembre scorso, il presidente Ponte ebbe modo di ipotizzare un “disavanzo di un milione e mezzo o superiore” per il 2015/2016. Per quanto riguarda i flussi di ingresso (un milione circa), attualmente le principali fonti di finanziamento sono principalmente tre. Gli abbonamenti e le vendite dei biglietti hanno portato nelle casse societarie circa quattrocentomila euro. Per il resto, soltanto le sponsorizzazioni e i contributi provenienti dalla Lega rappresentano voci di ricavo.
I costi si aggirano in questi primi sei mesi su un ordine di grandezza di 1.7 milioni, secondo le nostre fonti. Al loro interno, sono due le macro aree rilevanti. Da un lato, le spese derivanti dallo svolgimento dell’attività sociale (circa 750 mila euro). Per semplificare, comprendono l’acquisto di materiali e beni di consumo, ma la voce più cospicua è rappresentata dai servizi: l’attività sportiva in sé, le spese sanitarie, i ritiri, gli spostamenti e i soggiorni per le trasferte, il vitto e alloggio, le utenze, i compensi dei professionisti e la manutenzione, oltre che ai costi sostenuti per la disputa delle gare casalinghe. Tutte voci che testimoniano quanto dispendiosa sia l’attività di una società di terza serie, specialmente se comparate ai flussi in entrata.
IL MONTE INGAGGI
Un capitolo a parte riguarda l’altra grande macro area che compone i costi, ovvero quelli legati al personale. Complessivamente sono superiori a 800 mila euro per i primi sei mesi della stagione 2015/2016. All’interno, la fetta maggiore è rappresentata dal monte ingaggi per i tesserati (80%). A fianco, gli importi relativi a contributi previdenziali. Le rescissioni contrattuali che hanno caratterizzato il mercato invernale vanno lette in quest’ottica, così come l’etichetta di “esagerata” utilizzata dal presidente Ponte per definire la rosa allestita in estate (clicca QUI). Come già analizzato (clicca QUI) nei giorni scorsi, il timore è che la sanità societaria sia stata ancora una volta subordinata ad altri fattori. “Ho voluto allestire una squadra vincente fin da subito – ha dichiarato il presidente dopo il pareggio interno contro la Pistoiese – Adesso sto pagando questa mia ambizione”.
L’IMMEDIATO FUTURO
La categorica smentita sui rischi alla sopravvivenza societaria arriva quindi in un momento molto delicato per tutto l’ambiente bianconero. Rassicurazione in grado di aprire la strada ad alcuni scenari. Il primo è ovviamente l’ingresso di un socio prima del 2 febbraio. Molto potrebbe dipendere dagli accordi presi, ma garantirebbe flussi in entrata utili a puntellare le sofferenti casse societarie. Il secondo è la ricapitalizzazione deliberata all’assemblea dei soci. La perdita dei primi sei mesi doppia di fatto l’attuale capitale sociale. In assenza di nuovi ingressi, questo potrebbe spingere i soci a utilizzare i 400 mila euro di capitale per coprire parte della perdita, prima di una sua nuova ricostituzione. La prudenza imporrebbe in questo caso di condurre la perdita a costituire non più di un terzo del capitale sociale. Un criterio, questo, che rischia di mettere fuori causa l’opzione già percorsa in passato dell’aumento di capitale scindibile (clicca QUI), poiché la società necessita di liquidità immediata.
Nell’assemblea dei soci, la Robur dovrà quindi sopperire alle necessità immediate, con un occhio sul lungo periodo. Infatti, se lo squilibrio tra costi e ricavi è tale da generare perdita continua, è innegabile che si debba iniziare a predisporre un piano per riportare armonia nella gestione.
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