
di Umberto De Santis
SIENA. La sentenza che dispone la revoca di cinque titoli sportivi (su 21) della Mens Sana Basket apre un contenzioso a cui non si potrà dare risposta: se la Polisportiva Mens Sana 1871 e la Mens Sana Basket 1871 non sono titolate a presentarsi in difesa di questi titoli in processo federale, non sono neanche abilitate a togliere gli stendardi dal soffitto del PalaEstra. Rimarranno lì imperituri a ricordo della vergogna senese e della vergogna federale? Adesso si dice: aspettiamo le motivazioni. Qualcuno pensa già all’appello. Ma per l’appello occorre fare l’ennesima colletta tra i tifosi. Per armare di buone intenzioni (e un buon avvocato) Marco Lombardi, curatore fiorentino della Basket spa, che a presentarsi a Roma avrebbe solo sostenuto spese cui il giudice fallimentare non acconsentirà mai il rimborso con i ricavi della procedura. Senza lilleri non si lallera e il fallimento Mens Sana Basket non ha lasciato grandi fondi.
Aspettare le motivazioni della sentenza potrebbe essere alquanto inutile e per due motivi. Il primo: il massimo della pena si dà al massimo della colpa. Ergo, si è riconosciuto nel comportamento della dirigenza (da Minucci all’ultimo sanzionato), la capacità di alterare lo spirito del gioco, i risultati delle gare, la parità del confronto che con una gestione corretta non avrebbe potuto permettersi. E’ chiaro che questo risultato fa il gioco di Ferdinando Minucci nel tentativo di dimostrare al tribunale penale di essere stato costretto a fare il cosiddetto “nero” dalle pressioni di un ambiente che voleva la vittoria a tutti i costi (ma senza fare i nomi di chi premeva, ovviamente), ma che gli lesinava i quattrini, anche se ha chiuso con bilanci dai ricavi doppi rispetto a qualunque società avversaria nel periodo.E fa anche il gioco a chi, all’interno della FIP, dovrebbe essere chiamato a spiegare come mai i bilanci della Basket spa prima andavano bene e adesso no.
Il secondo motivo sta nel fatto che per andare in appello ci vuole chi lo propone; e se l’unico legittimato a farlo vuole starsene fuori, pensiamo che ci sia poco da fare. A meno che non capisca che così perderà la battaglia che ha cominciato contro la cosiddetta “associazione a delinquere” e ai 33 milioni di risarcimento che ha chiesto al tribunale di Firenze.