Shaun ufficializza su Twitter la fine della sua eccezionale carriera cestistica

di Umberto De Santis
SIENA. Che non sarebbe tornato era chiaro a tutti fin dal primo giorno di vacanze. Il capitano è arrivato alla determinazione di concludere la sua carriera cestistica e, spirito anticonformista come la cascata dei suoi capelli, ha scelto il giorno dopo l’inizio della stagione della sua Mens Sana per confermare il ritiro attraverso Twitter. ”I’ve decide to hang up my Nike’s. It’s been an incredible career, much more than I could have ever imagined. Thanks to all my fans for the Support over the last 12 years. Not sure what the future holds for me but I’m excited for the next chapter in life I also want to thank all my former teammates. You guys made the last 12 years incredible and I have a lot of great memories”. (Ho deciso di appendere le mie Nike. E ‘stata una carriera incredibile, molto più di quanto avrei mai potuto immaginare. Grazie a tutti i miei fans per il sostegno nel corso degli ultimi 12 anni. Non so cosa riserva il futuro per me, ma io sono emozionato per il prossimo capitolo nella vita. Voglio anche ringraziare tutti i miei ex compagni di squadra. Voi ragazzi mi avete reso incredibili gli ultimi 12 anni e ho un sacco di meravigliosi ricordi).
439 panchine in undici anni di campionato italiano (2001-2012), divise tra Cantù (4 anni) e Siena (7 anni), 11828 minuti con 3185 punti, 1404 falli commessi, 2633 rimbalzi, 1143 palle recuperate, 857 assist. 6 scudetti, 4 Coppe Italia, Final Four di Eurolega con la Montepaschi, 6 Supercoppe italiane, di cui una (2003) con la maglia canturina. Numeri imponenti, che però non rendono giustizia della particolare grandezza di questo giocatore. Alto appena 201 cm per un quattro americano, sembrava scarso in tutti gli aspetti del gioco. Ha rimediato con la grinta (qualche volta eccessiva, a sentire gli avversari), la dedizione totale al gioco di squadra, l’allenamento continuo per migliorare i fondamentali. Tutte cose che sembravano fare a cazzotti con il suo atteggiamento di uomo allegro, qualche volta sbarazzino e certe “passioni” pericolose come il gioco d’azzardo nelle estati passate a Las Vegas: ma il nostro ha sempre avuto, come si dice, la testa ben piantata sulle spalle. Il suo tratto distintivo è stato quello di leggere cosa succedeva in campo prima di tutti, una cosa semplice e difficilissima. Capire dove fermarsi per prendere un sacrosanto sfondamento prima della penetrazione dell’avversario. Capire dove ricevere un difficile passaggio dal play marcato e trasformarlo in un assist. Capire che il compagno doveva essere spostato per chiudere la linea di penetrazione o di passaggio, e Shaun rapidamente spingeva: nessuno si è mai offeso. Capire che toccava a lui, con due playmakers furenti come McIntyre e McCalebb, come bisognava resettare velocemente un’azione che rischiava di franare nel muro difensivo. Tutte cose che nei numeri delle statistiche non possono essere scritti, ma sono bei racconti che a Siena si tramanderanno per molti anni. Il canestro di rapina sulla rimessa avversaria, girando la schiena a chi batteva. Il tre punti sovente rifiutato, ma molte volte devastante come nel finale di gara 5 dell’ultimo playoff, quello che ha steso l’Olimpia Milano negli ultimi minuti. Il commento degli esperti è il complimento più bello che si possa ricevere: il vero allenatore in campo è Shaun Stonerook.