Spettatori: i conti in tasca alla pallacanestro italiana
di Enrico Campana
SIENA. Un dato da brivido quello offerto dal report ufficiale di Legabasket alla voce “spettatori e incassi” relativi alla stagione che apre il decennio del rilancio del nostro amato sport che si è incagliato da anni su livelli non certo ottimali, un mix di risultati (zero vittorie in coppa dei Campioni negli ultimi 10 anni, crollo delle nazionali, giovanili comprese), sconfitte nella grandi organizzazioni (stop per il mondiale 2014 e alla candidatura europea 2013 rinuncia di Torino per la Final Four di Euroleague) e l’appeal (spazio sui giornali compensato da internet, e ovviamente indici critici d’ascolto per le Tv commerciali che hanno determinato l’uscita di Sky a fine stagione.
Il basket è più a misura di provincia, fortunatamente la provincia italiana è però considerata la più ricca d’Europa e quindi non è commento “spregioso”. Però, dove domina il calcio, Milano e Roma, è uno sport di nicchia, e la conferma è puntuale con i 4627 spettatori di Milano e i 3464 di Roma. Per la statistica, c’è stato un leggero miglioramento percentuale rispetto alla stagione scorsa sulla quale aveva pesato l’esclusione di Napoli, e nonostante 30 gare in più, ma “dite voi” (per usare un intercalare tipico di Simone Pianigiani), se può pavoneggiarsi uno sport sociologicamente considerato il più spettacolare per dinamismo e intelligenza e che non riesce a superare il milione di spettatori (949,068, 3954 di media per 240 gare) e ha un fatturato incassi di 10.266.197 euro totali (42.776 di media) che è poco meno della metà del budget di Siena nella stagione precedente (19 milioni e rotti).
Chiaramente, come il politica, l’analisi delle cifre alla fine viene interpretata ad usum delphini, ma se in politica questo è possibile grazie ai finanziamenti, questo non accade sotto il cielo dei canestri perché molte società hanno chiuso bottega, altre stanno pensando a questo passo, e la decisione della Benetton di lasciare dal prossimo anno la pallacanestro (per un grande progetto sociale che presenterà a Roma il 10 giugno prossimo), è giustificata dalla riposta inferiore alle attese e alle proposte e ai titoli offerti dal pensatoio di Verde Sport negli ultimi 20 anni, la dimostrazione che un ottimo lavoro non paga, e anche forse alla perdita di fascino per la figura del grande mecenate che congiunge due epoche del basket, da Giovanni Borghi alla famiglia Benetton.
Per quanto riguarda Siena, è l’aurea eccezione in tutti i sensi, significativo in proiezione della nuova Arena i 4876 spettatori che la pongono al 2° posto, ma non sarebbero sufficienti a riempire l’impianto che Franco Ceccuzzi ha messo fra le sue priorità perché lui stesso, il nuovo sindaco, ha detto che Siena con le sue infrastrutture è isolata dai grandi flussi. L’altra faccia della medaglia è il
modestissimo incasso, 416.963 euro totali, con una media di 27.798, che riflette la scelte delle istituzioni cittadine di sostenere un prezzo popolare record non solo per l’Italia ma credo per l’Europa, una media di 5,70 euro al biglietto. In occasione delle semifinali, poi, la Mens Sana ha destinato agli abbonati un’offerta speciale: un biglietto di gradinata ad un solo euro. Per quanto riguarda il rapporto fra incassi e budget, “dite voi” (sempre per parlare come Pianigiani, per restare in tema), perché l’incasso totale copre solo l’ingaggio di un buon giocatore. Ma, ripeto, la banca e le istituzioni hanno deciso che sarà così fino al 2050, tanto di cappello, la gestione e il team sono vincenti, ognuno coi propri soldi decide che fare, certo che questo dominio-record non fa parte del costume popolare italiano e non favorisce l’ingresso di nuovi investitori. Ma se il panorama tende al declassamento, ben vengano le eccezioni, l’Italia è il paese delle splendide eccezioni, sarà poi la storia a dare un giudizio mentre la cronaca non può certo allarmarsi per l’inusitata spesa di Siena quanto per il discorso delle metropoli, con un interrogativo di base: la colpa è tutta del “provincialismo” di questo sport, del fatto che il grande calcio schiaccia il basket come alternativa, o è solo la somma di gestioni certamente munifiche ma senza adeguata competenza, rispetto della propria tradizione, coerenza. Se la fortuna aiuta gli audaci, la sfiga mette a nudo l’imperizia nelle scelte, e un caso mi sembra emblematico: l’Armani ingaggia un golden-boy quale Melli, ne fa la bandiera della propria stagione, ma non ha spazio, a metà stagione lo manda in prestito a Pesaro e il ragazzo gioca il partitone che permette alla Scavolini di battere la Super-Armani. “Dite voi, dite voi…”.
A proposito di eccezioni, Bologna continua a tagliare i budget e ad aumentare spettatori e incassi, Tonino Zorzi che ha lavorato con Giovanni Borghi giura che Claudio Sabatini è il personaggio che più gli assomiglia. Grazie al basket è riuscito ad acquistare anche una delle più grandi arene di spettacolo europee, insomma il mangiafuoco bolognese sarà un grande furbo ma dimostra che un privato può avere (quasi) la botte piena e la moglie ubriaca, e lo dimostrano il fatturato (7945 spettatori per 103.250) che fa arrossire la multinazionali e corazzate del basket. Il problema, chiaramente, è quello però del contesto, e il vero problema è questa Lega che prosegue nelle sue gestioni “ad personam”, quasi che il potente di turno sia considerato l’unto del signore. Ma se i club stanno zitti, accettano questa realtà, e pensano che le wild card, i bonus retrocessione e a simili alchimie possano essere attrattive valide per un rilancio in grande stile, a cominciare dalla Tv, si sbagliano. Prima bisogna decidere una politica generale, restringere la forbice dei costi e della disparità degli organici. Un esempio illuminante: Siena ha battuto di 39 punti la Virtus lasciando fuori squadra due giocatori NBA (Jaric e Hairston), ha ragione da vendere Pianigiani: dite voi…