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di Enrico Campana
SIENA. Agata Christie sosteneva che tre indizi fanno una prova, ma qui non si tratta di gialli, niente delitti. Si tratta invece di meriti, di tre prove acclarate, “probanti”, che testimoniano il potenziale del basket. Un potenziale enorme, inespresso, che darebbe frutti ben maggiori se solo il movimento venisse meglio gestito con una regia “super partes”, come è stata l’ultima volta con l’avvocato Gianluigi Porelli o quando Gianni Petrucci era presidente e anche Gianni de Michelis portava il suo grande contributo. Ma per colmare questo deficit ci vorrebbe anche più conoscenza, più umiltà, rispetto per le persone, la loro storia, il libero pensiero, e spinte imprenditoriali propedeutiche al livellamento generale.
Voglio intanto archiviare subito, in poche righe, con imbarazzo il paradosso grottesco per cui il presidente di Lega a pochi mesi dal suo incarico da 350 mila euro per stagione (e per 3 anni), quasi il doppio del collega del potente calcio Maurizio Beretta viene “impallinato” in un’intervista da colui che l’ha scelto.
Preferisco dedicare invece questa puntata della rubrica ad esempi positivi che possono offrire luce al movimento più di tanti successi.
Per pura coincidenza, pur conoscendo bene da 20 anni quale sia il principio ispiratore del progetto che Gilberto Benetton e la sua famiglia patriarcale stanno realizzando e che hanno affidato in buone mani (Giorgio Buzzavo è uno dei pochi “ad” venuti dal parquet e ha vinto ben 62 titoli tricolori per Verde Sport), non posso non soffermarmi su quello che è successo negli ultimi giorni a Treviso.
Non voglio parlare del pubblico riconoscimento da parte del sottosegretario allo sport Rocco Crimi (in un ottica probabile di candidatura olimpica del Veneto), nella sua visita al campus della Ghirada per tenere una lezione ai 35 futuri manager del Master di Sport promosso da Benetton con Ca' Foscari. Parto invece da due fatti spiccioli e un terzo di grandissima portata per il futuro dello sport italiano, obbligato a uscire dallo schema della “questua” cronica e da un pericoloso e inveterato “do ut des”: caro Governo, tu mi ripiani 500 milioni di debiti all’anno, io ti porto medaglie sportive, nel più sfacciato “panem et circenses” di stampo romano di… basso impero.
Primo fatto. Daniel Hackett domenica ha iniziato malissimo a Cremona una gara importante per la crescita della squadra. Coach Vitucci l’ha messo in panchina. A ragione. La scelta di affidare la regia di una squadra titolata a un ragazzo poco più che ventenne venuto dal college americano è stata più che coraggiosa. Il giovane moro possiede potenziale, difesa, tiro, penetrazione ma non un vero talento per la regia. E manca del giusto carisma che si acquista con l’esempio. Tutti s’aspettavano che avrebbe messo il cilicio sotto i pantaloncini, mancando anche il vice-play, la zecca atomica Andrea De Nicolao (basilare per i cambi di ritmo, e la difese speciali sul play e per dare fiato al titolare). Invece di scusarsi per la brutta gara, a fine gara Daniel è andato in sala stampa a raccontare che avrebbe chiesto un chiarimento al suo coach per la panchina. Vitucci ha agito per il bene della squadra e Hackett ha dovuto chiedere scusa (tardivamente) alla società ai compagni e ai tifosi, oltre (credo) a pagare una multa salata. “Il mio – questa la sintesi del suo comunicato di pentimento che spero autentico, altrimenti Daniel sarebbe destinato a una carriera da Globetrotter e non da regista di un grande team e magari della nazionale – è stato un comportamento immaturo e non professionale. Mi sento di promettere che episodi come questo non succederanno più e spero che tutti accettino le mie scuse e che mi aiuteranno a migliorare e a maturare in questo senso. Mi reputo fortunato e orgoglioso di vestire una maglia come quella della Benetton e di avere questa grande opportunità”.
Secondo fatto. Treviso ha riaperto la “Scuola di Tifo – I Draghi”, prima scuola di tifo creativo e corretto in Italia e in Europa nata al Palaverde nel 2001 e sviluppata negli anni dalla Provincia di Treviso, in collaborazione con le squadre leader dello sport trevigiano (il calcio è declassato), Benetton Basket, Sisley Volley, Benetton Rugby, l'Asd Treviso e con la Cooperativa Comunica. Quest'anno la Scuola – che secondo il presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro è stata presa d’esempio anche in Europa – affronta anche l’aspetto ai dialoghi con i genitori. I quali, chiaramente, possono conoscere oltre al progetto, quali siano le compagnie frequentate dai loro figli.
Terzo fatto. Il puzzle trevigiano si chiude con la Benetton protagonista dell’avvio di un dialogo in grande stile fra sport e impresa per andare oltre le sponsorizzazioni, necessarie ma forse superate. Lo sport nel contesto di una crisi economica, oltre a produrre più atleti di livello in proprio e in un processo di integrazione che non è il “passaportisimo” di cui il basket fa sfoggio in Europa, per cui con 80 mila dollari si diventa bulgari ipso facto (Jaaber, Rowland, il prossimo sarà Moss), ha anche bisogno di un modello di autogestione che porti magari anche al salary cap. Unico modo per rendere omogenei i campionati professionistici per cui, se tutti partono alla pari, si può rinunciare alle retrocessioni. E il risultato sportivo in sé e per sé aleatorio, specie quando le sacche di improvvisazione e avventurismo e disparità sono tanto frequenti come in Italia, gode di un paracadute. A Milano venerdì 20 novembre il gruppo di Ponzano è riuscito a mettere attorno a un tavolo, con Enrico Mentana moderatore, esponenti prestigiosi delle maggiori parti in commedia per creare un ponte sul futuro. E cioè: i rappresentanti del Governo, il ministro del welfare Sacconi (sue le considerazioni finali) e l’autorità vigilante dello sport Rocco Crimi, Gianni Petrucci, presidente di lungo corso del CONI da poco rieletto per la terza volta e massima autorità sportiva del movimento (al quale, fra l’altro, compete la scelta della candidatura olimpica italiana del 2020 che sembra abbia molte probabilità di passare). E infine una larga rappresentanza dell’impresa italiana, con l’intervento diretto di Gilberto Benetton, del Ceo delle Generali, oltre a esperti e studiosi del problema anche in chiave sociale e amministrativa.
In verità, ci sarebbe anche una quarta cosetta, e non di poco conto, e riguarda la promozione dello sport fra i giovanissimi e il senso sociale e civico dello sport come aspetto ludico e di aggregazione. E qui la Benetton ha calato l’asso nella manica. presentando l’innovativo progetto “Parco Giochi Primo Sport 0-2-4-6” a La Ghirada. Il compito è toccato a Federico Fantini, direttore del Master SBS, e a Guido Fumagalli, preside della Facoltà di Scienze Motorie dell'Università di Verona. Naturalmente anche Siena fa delle belle e positive cose da alcuni anni come ho scritto più volte, ma è bello constatare che un club-multinazionale ha preferito ridurre i budget ritenendo la squadra importante, sì, ma investendo risorse nelle dinamiche generali dello sport.
SIENA. Agata Christie sosteneva che tre indizi fanno una prova, ma qui non si tratta di gialli, niente delitti. Si tratta invece di meriti, di tre prove acclarate, “probanti”, che testimoniano il potenziale del basket. Un potenziale enorme, inespresso, che darebbe frutti ben maggiori se solo il movimento venisse meglio gestito con una regia “super partes”, come è stata l’ultima volta con l’avvocato Gianluigi Porelli o quando Gianni Petrucci era presidente e anche Gianni de Michelis portava il suo grande contributo. Ma per colmare questo deficit ci vorrebbe anche più conoscenza, più umiltà, rispetto per le persone, la loro storia, il libero pensiero, e spinte imprenditoriali propedeutiche al livellamento generale.
Voglio intanto archiviare subito, in poche righe, con imbarazzo il paradosso grottesco per cui il presidente di Lega a pochi mesi dal suo incarico da 350 mila euro per stagione (e per 3 anni), quasi il doppio del collega del potente calcio Maurizio Beretta viene “impallinato” in un’intervista da colui che l’ha scelto.
Preferisco dedicare invece questa puntata della rubrica ad esempi positivi che possono offrire luce al movimento più di tanti successi.
Per pura coincidenza, pur conoscendo bene da 20 anni quale sia il principio ispiratore del progetto che Gilberto Benetton e la sua famiglia patriarcale stanno realizzando e che hanno affidato in buone mani (Giorgio Buzzavo è uno dei pochi “ad” venuti dal parquet e ha vinto ben 62 titoli tricolori per Verde Sport), non posso non soffermarmi su quello che è successo negli ultimi giorni a Treviso.
Non voglio parlare del pubblico riconoscimento da parte del sottosegretario allo sport Rocco Crimi (in un ottica probabile di candidatura olimpica del Veneto), nella sua visita al campus della Ghirada per tenere una lezione ai 35 futuri manager del Master di Sport promosso da Benetton con Ca' Foscari. Parto invece da due fatti spiccioli e un terzo di grandissima portata per il futuro dello sport italiano, obbligato a uscire dallo schema della “questua” cronica e da un pericoloso e inveterato “do ut des”: caro Governo, tu mi ripiani 500 milioni di debiti all’anno, io ti porto medaglie sportive, nel più sfacciato “panem et circenses” di stampo romano di… basso impero.
Primo fatto. Daniel Hackett domenica ha iniziato malissimo a Cremona una gara importante per la crescita della squadra. Coach Vitucci l’ha messo in panchina. A ragione. La scelta di affidare la regia di una squadra titolata a un ragazzo poco più che ventenne venuto dal college americano è stata più che coraggiosa. Il giovane moro possiede potenziale, difesa, tiro, penetrazione ma non un vero talento per la regia. E manca del giusto carisma che si acquista con l’esempio. Tutti s’aspettavano che avrebbe messo il cilicio sotto i pantaloncini, mancando anche il vice-play, la zecca atomica Andrea De Nicolao (basilare per i cambi di ritmo, e la difese speciali sul play e per dare fiato al titolare). Invece di scusarsi per la brutta gara, a fine gara Daniel è andato in sala stampa a raccontare che avrebbe chiesto un chiarimento al suo coach per la panchina. Vitucci ha agito per il bene della squadra e Hackett ha dovuto chiedere scusa (tardivamente) alla società ai compagni e ai tifosi, oltre (credo) a pagare una multa salata. “Il mio – questa la sintesi del suo comunicato di pentimento che spero autentico, altrimenti Daniel sarebbe destinato a una carriera da Globetrotter e non da regista di un grande team e magari della nazionale – è stato un comportamento immaturo e non professionale. Mi sento di promettere che episodi come questo non succederanno più e spero che tutti accettino le mie scuse e che mi aiuteranno a migliorare e a maturare in questo senso. Mi reputo fortunato e orgoglioso di vestire una maglia come quella della Benetton e di avere questa grande opportunità”.
Secondo fatto. Treviso ha riaperto la “Scuola di Tifo – I Draghi”, prima scuola di tifo creativo e corretto in Italia e in Europa nata al Palaverde nel 2001 e sviluppata negli anni dalla Provincia di Treviso, in collaborazione con le squadre leader dello sport trevigiano (il calcio è declassato), Benetton Basket, Sisley Volley, Benetton Rugby, l'Asd Treviso e con la Cooperativa Comunica. Quest'anno la Scuola – che secondo il presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro è stata presa d’esempio anche in Europa – affronta anche l’aspetto ai dialoghi con i genitori. I quali, chiaramente, possono conoscere oltre al progetto, quali siano le compagnie frequentate dai loro figli.
Terzo fatto. Il puzzle trevigiano si chiude con la Benetton protagonista dell’avvio di un dialogo in grande stile fra sport e impresa per andare oltre le sponsorizzazioni, necessarie ma forse superate. Lo sport nel contesto di una crisi economica, oltre a produrre più atleti di livello in proprio e in un processo di integrazione che non è il “passaportisimo” di cui il basket fa sfoggio in Europa, per cui con 80 mila dollari si diventa bulgari ipso facto (Jaaber, Rowland, il prossimo sarà Moss), ha anche bisogno di un modello di autogestione che porti magari anche al salary cap. Unico modo per rendere omogenei i campionati professionistici per cui, se tutti partono alla pari, si può rinunciare alle retrocessioni. E il risultato sportivo in sé e per sé aleatorio, specie quando le sacche di improvvisazione e avventurismo e disparità sono tanto frequenti come in Italia, gode di un paracadute. A Milano venerdì 20 novembre il gruppo di Ponzano è riuscito a mettere attorno a un tavolo, con Enrico Mentana moderatore, esponenti prestigiosi delle maggiori parti in commedia per creare un ponte sul futuro. E cioè: i rappresentanti del Governo, il ministro del welfare Sacconi (sue le considerazioni finali) e l’autorità vigilante dello sport Rocco Crimi, Gianni Petrucci, presidente di lungo corso del CONI da poco rieletto per la terza volta e massima autorità sportiva del movimento (al quale, fra l’altro, compete la scelta della candidatura olimpica italiana del 2020 che sembra abbia molte probabilità di passare). E infine una larga rappresentanza dell’impresa italiana, con l’intervento diretto di Gilberto Benetton, del Ceo delle Generali, oltre a esperti e studiosi del problema anche in chiave sociale e amministrativa.
In verità, ci sarebbe anche una quarta cosetta, e non di poco conto, e riguarda la promozione dello sport fra i giovanissimi e il senso sociale e civico dello sport come aspetto ludico e di aggregazione. E qui la Benetton ha calato l’asso nella manica. presentando l’innovativo progetto “Parco Giochi Primo Sport 0-2-4-6” a La Ghirada. Il compito è toccato a Federico Fantini, direttore del Master SBS, e a Guido Fumagalli, preside della Facoltà di Scienze Motorie dell'Università di Verona. Naturalmente anche Siena fa delle belle e positive cose da alcuni anni come ho scritto più volte, ma è bello constatare che un club-multinazionale ha preferito ridurre i budget ritenendo la squadra importante, sì, ma investendo risorse nelle dinamiche generali dello sport.