di Enrico Campana
SIENA. “Non avendo visto sul sito Sportevai il suo articolo sulla Nazionale italiana di basket, Le volevo chiedere per cortesia se per detto sito collabora ancora. Oppure dove posso leggerLa? Visto che l'unico parere competente e senza legami sul basket lo leggo sopratutto da Lei. Grazie. Mombrini Vincenzo Arcene BG”
Prendo lo spunto da un messaggio di posta elettronica per parlare di alcune cose connesse fra loro, e dimostrare quanto stia crescendo e sia importante – dal momento che Repubblica il foglio leader ha delocalizzato il basket nelle pagine provinciali limitandosi a volte a ricordare con una breve di 3 righe un match della finale scudetto – il flusso dei lettori sulla rete.
Il basket deve guardare di più alla Rete anche perché manca di ratings TV commerciali interessanti, come la chiusura del contratto multimediale di Legabasket inferiore al precedente e forse solo del 50 per cento di quello sperato. Sky più che altro voleva premiare non tanto il basket in se, quanto non disperdere la propria professionalità nel settore (riprese, commenti, informazioni) e soprattutto tenendo a garantirsi l’esclusiva per evitare una ricaduta d’immagine nel caso il pacchetto fosse andato a La7 e dover consegnare ai concorrenti un’area comunque strategica.
La Rete è un fenomeno di comunicazione-informazione-marketing-consenso nel quale mi sono buttato quando decisi di lasciare Superbasket. Una rivista rilanciata, in buona salute e d’opinione marcata se Alfredo Cazzola trovò subito un editore interessato ad acquistare l’area-basket. Desideravo fare nuove esperienze specifiche, come il tennis. Per 3 anni e mezzo sono stato il responsabile della comunicazione e stampa della Federtennis e l’assistente del presidente Francesco Ricci Bitti fino a quando non si è trasferito a Londra. Ritenevo superata la carta stampata e inconcepibile che si dovesse aspettare il martedì (quando andava bene) per leggere del campionato della domenica.
Guai infatti a non credere a questo strumento di progresso, anche se a volte crudele, al punto che quando mi invitano per delle conferenze sostengo che la fortuna di Dante è stato di aver scritto la Divina Commedia nel Duecento mentre oggi sarebbe finito nel tritatutto di Internet e il suo editore avrebbe dovuto spendere cifre colossali per far conoscere l’immortalità dell’opera e del suo autore.
Guai a voler stare nel cerchio chiuso delle proprie convinzioni, lo sa bene Adriano Panatta una delle figure al quale resto affezionato pur avendo convinzioni manichee che ritrovo nella “moderna” (?) gens cestofila. Ogni tanto ritrovo infatti il progetto-pilota studiato assieme all’editoriale di Repubblica del quale Adriano fu oppositore, idem il canale Tv del tennis che avevo suggerito al mio presidente e che è stato realizzato più tardi. Arriva un nuovo presidente, lo mette alla porta e realizza in toto quei progetti.
Adesso siamo già oltre, alla Tv di strada, alla Web Tv, e questo la Mens Sana l’ha capito per la circolazione dei propri messaggi in una direzione ben filtrata, filtrata rispettando la “logica commerciale”.
Naturalmente il pericolo è che la Rete diventi un raid di volgarità, offese, invece di uno speaking-corner universale. Alcuni giorni fa, ad esempio, il sito di Legabasket riportava la notizia che il proprietario della Virtus Basket aveva querelato per 2 milioni di euro a tal “Albertone”, nome in codice, sentendosi offeso attraverso un fotomontaggio commentato su un sito locale. Oggi è possibile monitorare in tempo reale se ti citano sulla rete, appena scrivo di Sophie Sandolo, la sexy-golfista, un cicalino l’avverte e lei mi chiama. Nel jumbo-staff della Mens Sana c’è un responsabile ad hoc per questo – come dire? – “controllo qualità”, certi miei articoli di questa rubrica a volte non sono piaciuti e mi sono state contestate alcune affermazioni attraverso uno studio legale. Cosa che mi addolora profondamente perché non c’è offesa, la satira e l’ironia (e la professionalità, se mi si permette…) servono anche come valore aggiunto al personaggio. Ma forse con una querela ci si sente più importanti, e si intimidisce certa critica. La cosa mi ha coinvolto e sconcertato però anche come “piccolo azionista” della banca, per cui la mia banca e la Fondazione di riferimento dovrebbero essere più attente e rispettose nel rapporto col proprio azionista e cliente per le iniziative del soggetto sponsorizzato. Io azionista potrei mai portare nocumento con un mio scritto e concorrere a un depauperamento del valore del bond?. Sarebbe autolesionistico, però al tempo stesso per onestà intellettuale un giornalista deve rispondere a un codice deontologico, deve salvaguardare i lettori e la libera circolazione delle idee. In ogni caso, siccome in Italia il reato d’opinione nella mia categoria sembra peggiore del falso in bilancio, ed esula persino dall’indulto e dal tipico buonismo nazionale, devono far monitorare tutti i miei articoli da un legale ad hoc di Milano specializzato in diritto editoriale, onde evitare grane. Perché adesso i notai, beata Rete, hanno trovato un nuovo filone: le querele per diffamazione su Internet. Tu vai da un notaio, lui scarica l’articolo sul sito incriminato, e hai voglia poi a cancellare. Cosa dirà, ad esempio, il presidente mensanino che si ritrova spesso sui blog?. Faccio un caso: “Tendo al manicheismo ma rispetto tutti gli avversari ad eccezione di Ferdinando Minucci..”, scrive tal Delonte molto informato sul basket teramano…Non credo proprio sia un’offesa, magari non gli è simpatico perché Siena vince troppo, ma potrebbe essere anche un’insinuazione, un’istigazione… La nostra legislatura è molto elastica, e inoltre come diceva Tommaso Campanella, l’acuto filosofo “la legge per gli amici si interpreta, per gli altri si applica”.
La Rete è comunque un argomento caro e prezioso (quanto a sensibilità e attenzione) nel basket solo a due figure che ne raccolgono i frutti: Giorgio Buzzavo e Ferdinando Minucci. Altri non li cito perchè i mezzi magari li hanno ma li usano impropriamente, e certe esternazioni stucchevoli a parte invertite avrebbero avuto uno strascico legale invece del milanesissimo “ciapà su e porta a caaa…”.
Cito in ordine alfabetico questi due dirigenti per storia professionale cestistica e numero titoli. Ne ha vinti oltre 60, roba da Guiness, il presidente trevigiano, ex pilastro Virtus che salvò le V nere bolognesi nei famosi spareggi salvezza segnando canestri decisivi. Si tratta dell’ad di Verdersport la divisione sportiva della multinazionale Benetton (bilancio certificato di decine e decine di milioni riguardante le squadre sportive, gli impianti del campus e l’oasi impegnativa del Golf di Asolo con i suoi 220 ettari) che ha creato una laurea in management dello Sport a Ca Foscari, costruisce annualmente un evento di golf con i maggiori imprenditori italiani, e adesso è impegnato nel progetto dei campi sportivi urbani. E da ultimo sta svezzando il rampollo di casa Benetton promosso suo vice. E che nel basket ha virato con una politica di 180 gradi rispetto agli anni di Kucoc, Del Negro, Obradovic e Messina perché quelli erano anni incoraggianti, e mai si sarebbe immaginato al ritorno allo status quo ante.
Non vorrei sbagliarmi, questi due personaggi forse agli antipodi rappresentano oggi i due poli-leader gestionali che fanno tendenza e hanno in comune – a parte lo scopo principale: il successo del team sportivo quale fatto territoriale –sociale – la sensibilità per l’enorme patrimonio della Rete.
Giorgio Buzzavo è stato il primo dirigente sportivo a capire già dai primi anni Novanta l’importanza di Internet, forse non lo capivano i suoi capi che in editoria hanno fatto scelte ad personam (Oliviero Toscani, Montanelli) e trasversali, mai di parte quindi per la loro specifica di famiglia e azienda che si rivolge alla famiglia. Da parte sua il presidente senese ha il merito di aver portato il basket nella sfera delle attività istituzionali della grande banca, certamente favorito dallo stretto rapporto – esclusivamente senese! – fra Mens Sana e territorio da più di 120 anni. Non era facile chiudere a cerniera le maggiori istituzioni con lo sport e diventare un veicolo di comunicazione ufficiale di un territorio attraverso l’organismo finanziario proposto allo sviluppo. Specie in questo basket, in questo momento economico che a settembre ci dicono sarà anche peggiore. Anche questo è dunque un primato degno del Guinness.
SIENA. “Non avendo visto sul sito Sportevai il suo articolo sulla Nazionale italiana di basket, Le volevo chiedere per cortesia se per detto sito collabora ancora. Oppure dove posso leggerLa? Visto che l'unico parere competente e senza legami sul basket lo leggo sopratutto da Lei. Grazie. Mombrini Vincenzo Arcene BG”
Prendo lo spunto da un messaggio di posta elettronica per parlare di alcune cose connesse fra loro, e dimostrare quanto stia crescendo e sia importante – dal momento che Repubblica il foglio leader ha delocalizzato il basket nelle pagine provinciali limitandosi a volte a ricordare con una breve di 3 righe un match della finale scudetto – il flusso dei lettori sulla rete.
Il basket deve guardare di più alla Rete anche perché manca di ratings TV commerciali interessanti, come la chiusura del contratto multimediale di Legabasket inferiore al precedente e forse solo del 50 per cento di quello sperato. Sky più che altro voleva premiare non tanto il basket in se, quanto non disperdere la propria professionalità nel settore (riprese, commenti, informazioni) e soprattutto tenendo a garantirsi l’esclusiva per evitare una ricaduta d’immagine nel caso il pacchetto fosse andato a La7 e dover consegnare ai concorrenti un’area comunque strategica.
La Rete è un fenomeno di comunicazione-informazione-marketing-consenso nel quale mi sono buttato quando decisi di lasciare Superbasket. Una rivista rilanciata, in buona salute e d’opinione marcata se Alfredo Cazzola trovò subito un editore interessato ad acquistare l’area-basket. Desideravo fare nuove esperienze specifiche, come il tennis. Per 3 anni e mezzo sono stato il responsabile della comunicazione e stampa della Federtennis e l’assistente del presidente Francesco Ricci Bitti fino a quando non si è trasferito a Londra. Ritenevo superata la carta stampata e inconcepibile che si dovesse aspettare il martedì (quando andava bene) per leggere del campionato della domenica.
Guai infatti a non credere a questo strumento di progresso, anche se a volte crudele, al punto che quando mi invitano per delle conferenze sostengo che la fortuna di Dante è stato di aver scritto la Divina Commedia nel Duecento mentre oggi sarebbe finito nel tritatutto di Internet e il suo editore avrebbe dovuto spendere cifre colossali per far conoscere l’immortalità dell’opera e del suo autore.
Guai a voler stare nel cerchio chiuso delle proprie convinzioni, lo sa bene Adriano Panatta una delle figure al quale resto affezionato pur avendo convinzioni manichee che ritrovo nella “moderna” (?) gens cestofila. Ogni tanto ritrovo infatti il progetto-pilota studiato assieme all’editoriale di Repubblica del quale Adriano fu oppositore, idem il canale Tv del tennis che avevo suggerito al mio presidente e che è stato realizzato più tardi. Arriva un nuovo presidente, lo mette alla porta e realizza in toto quei progetti.
Adesso siamo già oltre, alla Tv di strada, alla Web Tv, e questo la Mens Sana l’ha capito per la circolazione dei propri messaggi in una direzione ben filtrata, filtrata rispettando la “logica commerciale”.
Naturalmente il pericolo è che la Rete diventi un raid di volgarità, offese, invece di uno speaking-corner universale. Alcuni giorni fa, ad esempio, il sito di Legabasket riportava la notizia che il proprietario della Virtus Basket aveva querelato per 2 milioni di euro a tal “Albertone”, nome in codice, sentendosi offeso attraverso un fotomontaggio commentato su un sito locale. Oggi è possibile monitorare in tempo reale se ti citano sulla rete, appena scrivo di Sophie Sandolo, la sexy-golfista, un cicalino l’avverte e lei mi chiama. Nel jumbo-staff della Mens Sana c’è un responsabile ad hoc per questo – come dire? – “controllo qualità”, certi miei articoli di questa rubrica a volte non sono piaciuti e mi sono state contestate alcune affermazioni attraverso uno studio legale. Cosa che mi addolora profondamente perché non c’è offesa, la satira e l’ironia (e la professionalità, se mi si permette…) servono anche come valore aggiunto al personaggio. Ma forse con una querela ci si sente più importanti, e si intimidisce certa critica. La cosa mi ha coinvolto e sconcertato però anche come “piccolo azionista” della banca, per cui la mia banca e la Fondazione di riferimento dovrebbero essere più attente e rispettose nel rapporto col proprio azionista e cliente per le iniziative del soggetto sponsorizzato. Io azionista potrei mai portare nocumento con un mio scritto e concorrere a un depauperamento del valore del bond?. Sarebbe autolesionistico, però al tempo stesso per onestà intellettuale un giornalista deve rispondere a un codice deontologico, deve salvaguardare i lettori e la libera circolazione delle idee. In ogni caso, siccome in Italia il reato d’opinione nella mia categoria sembra peggiore del falso in bilancio, ed esula persino dall’indulto e dal tipico buonismo nazionale, devono far monitorare tutti i miei articoli da un legale ad hoc di Milano specializzato in diritto editoriale, onde evitare grane. Perché adesso i notai, beata Rete, hanno trovato un nuovo filone: le querele per diffamazione su Internet. Tu vai da un notaio, lui scarica l’articolo sul sito incriminato, e hai voglia poi a cancellare. Cosa dirà, ad esempio, il presidente mensanino che si ritrova spesso sui blog?. Faccio un caso: “Tendo al manicheismo ma rispetto tutti gli avversari ad eccezione di Ferdinando Minucci..”, scrive tal Delonte molto informato sul basket teramano…Non credo proprio sia un’offesa, magari non gli è simpatico perché Siena vince troppo, ma potrebbe essere anche un’insinuazione, un’istigazione… La nostra legislatura è molto elastica, e inoltre come diceva Tommaso Campanella, l’acuto filosofo “la legge per gli amici si interpreta, per gli altri si applica”.
La Rete è comunque un argomento caro e prezioso (quanto a sensibilità e attenzione) nel basket solo a due figure che ne raccolgono i frutti: Giorgio Buzzavo e Ferdinando Minucci. Altri non li cito perchè i mezzi magari li hanno ma li usano impropriamente, e certe esternazioni stucchevoli a parte invertite avrebbero avuto uno strascico legale invece del milanesissimo “ciapà su e porta a caaa…”.
Cito in ordine alfabetico questi due dirigenti per storia professionale cestistica e numero titoli. Ne ha vinti oltre 60, roba da Guiness, il presidente trevigiano, ex pilastro Virtus che salvò le V nere bolognesi nei famosi spareggi salvezza segnando canestri decisivi. Si tratta dell’ad di Verdersport la divisione sportiva della multinazionale Benetton (bilancio certificato di decine e decine di milioni riguardante le squadre sportive, gli impianti del campus e l’oasi impegnativa del Golf di Asolo con i suoi 220 ettari) che ha creato una laurea in management dello Sport a Ca Foscari, costruisce annualmente un evento di golf con i maggiori imprenditori italiani, e adesso è impegnato nel progetto dei campi sportivi urbani. E da ultimo sta svezzando il rampollo di casa Benetton promosso suo vice. E che nel basket ha virato con una politica di 180 gradi rispetto agli anni di Kucoc, Del Negro, Obradovic e Messina perché quelli erano anni incoraggianti, e mai si sarebbe immaginato al ritorno allo status quo ante.
Non vorrei sbagliarmi, questi due personaggi forse agli antipodi rappresentano oggi i due poli-leader gestionali che fanno tendenza e hanno in comune – a parte lo scopo principale: il successo del team sportivo quale fatto territoriale –sociale – la sensibilità per l’enorme patrimonio della Rete.
Giorgio Buzzavo è stato il primo dirigente sportivo a capire già dai primi anni Novanta l’importanza di Internet, forse non lo capivano i suoi capi che in editoria hanno fatto scelte ad personam (Oliviero Toscani, Montanelli) e trasversali, mai di parte quindi per la loro specifica di famiglia e azienda che si rivolge alla famiglia. Da parte sua il presidente senese ha il merito di aver portato il basket nella sfera delle attività istituzionali della grande banca, certamente favorito dallo stretto rapporto – esclusivamente senese! – fra Mens Sana e territorio da più di 120 anni. Non era facile chiudere a cerniera le maggiori istituzioni con lo sport e diventare un veicolo di comunicazione ufficiale di un territorio attraverso l’organismo finanziario proposto allo sviluppo. Specie in questo basket, in questo momento economico che a settembre ci dicono sarà anche peggiore. Anche questo è dunque un primato degno del Guinness.