di Enrico Campana
SIENA. Non sarà una fuga, una ritirata. Credo però che qualcosa sia nell’aria e anche nei fatti, se penso a piccoli segnali che ho colto viaggiando nell’ultima settimana in Veneto e a Roma nei “santuari” dell’economia e dello sport. E’ alle porte forse un riposizionamento strategico della banca per quanto riguarda gli investimenti nello sport che solamente per le due realtà professionistiche cittadine ammontano a ben 40 milioni di euro. Cifra fornita, precisiamo, dalla documentazione ufficiale fornita nell’ultima assemblea agli azionisti. Una cifra tonda, troppo spiccia quindi nella logica di una banca moderna e futurista che, ci ha spiegato l’anno scorso il suo moderno presidente, ha addirittura inventato “il numerificio”, ovvero l’officina dei conti dove tutto è registrato al centesimo, come dovere dei bilanci societari.
La crisi martella, picchia duro. All’inizio di settimana un nuovo crollo delle borse ha indebolito ancor più le economie. Qualche paese ipotizza la nazionalizzazione delle banche, non però il cavaliere e ripenso da “cestofilo” a quando, a metà degli anni settanta l’Innocenti Leyland acquistò l’Olimpia e da un giorno all’altro mise in liquidazione l’azienda e Adolfo Bogoncelli si trovò a vendere i pezzi migliori. Situazione che esaltò la grandezza della società pluritricolore e l’immensità di Dan Peterson e fu la piattaforma di altri successi. Voglio ricordare la frase di “Litte Dan” degna di un capitano Usa a Dunquerque (altro che l’aria fritta dei professori del teambuilding…) quando al suo presidente che gli telefonava di prima mattina comunicandogli la vendita di Renzo Vecchiato per poter disputare il campionato rispose stizzito: “presidente, lei mi sveglia alle 7 di mattina per dirmi questa cosa tanto poco importante” .
A Siena non se ne parla, fuori dicono che la banca fra uno o due anni chiuderà i rubinetti. E’ silenzio-stampa, forse è paura di creare altri circuiti nelle teste di chi ha già altri problemi, forse si deve scegliere il momento giusto per dire certe cose e questo non lo è, specie in una città piccola e ansiosa. E poi la squadra è incappata in un imprevisto vuoto d’aria, per 30-40 giorni dovrà rinunciare a Lavrinovic, il suo salvagente, l’utilità fatta persona e non solo perché lo dicono le statistiche. La stagione regolare è già in cassaforte come le Final Eight ma serve fiducia e serenità per tentare di portare a casa un altro scudetto e la Coppa dei Campioni.
La banca ha due strade possibili:
1) accentrare ancor più le risorse su un unico progetto, quello ritenuto più utile, e quindi mi sembra che la preferenza del sistema-siena vada smaccatamente alla Mens Sana, anche perché a Roma mi hanno detto che il calcio fa gola a un paio di imprenditori, l’ex proprietario del Parma, Baraldi, e all’ex presidente dell’Inter, il Pellegrini re delle mense che serviva anche la Fiat e sul quale Gianni Agnelli pronunciò la sua storica battuta da grande snob “adesso anche il nostro cuoco ha una squadra di calcio”
2) all’interno della galassia sportiva, tagliare in proporzione o spegnere i pianeti minori; e qualche segnale c’è già, ad esempio il torneo internazionale di tennis di Monteroni, classica estiva, che doveva raddoppiare il montepremi e diventare da torneo del granturco (come l’ho affettuosamente ribattezzato per la sua splendida genuinità) addirittura un “network social forum” planetario è tutto da inventare, mentre la banca non va più in buca nell’Italian open di golf (che vivaddio va in controtendenza ed è riuscito ad agganciare il maggior sponsor mondiale di questo sport da oltre 20 anni, la BMW), dopo aver staccato per due anni un maxiassegno di 233.000 euro, il premio più alto mai distribuito in Italia.
Ovviamente il basket significherebbe altri impegni futuri oltre il budget per la squadra, la costruzione del Palazzo dello Sport da 10 mila posti a spese della banca come annunciato ufficialmente settimane fa a una radio greca, gli investimenti pubblicitari (500 mila euro?) per la pubblicità nelle dirette Tv di tutta l’Eurolega, l’impegno come co-sponsor della Fondazione per i mondiali 2014 che verranno assegnati il 22 maggio e tante altre cosette in programma della galassia verde (da ultimo la bella idea di Basketball Generation e la web Tv). La quale però ha certezze invidiabili e sconosciute per tutte le altre città italiane, vedi i due palazzi dello sport, una società ultracentenaria con oltre 1000 tesserati, un vivaio che ha prodotto 10 anni di successi e deve ormai pensare a lanciare in prima squadra i suoi gioielli come faceva Cantù, meglio vincere di 1 o 2 punti con i ragazzi della propria scuola che di 20 o 30 con i professionisti che un giorno magari scorderemo.
Ci sarebbe anche una terza via, è vero. Quella del libero mercato. Lasciare il calcio e anche il basket scegliersi il proprio destino, e quindi rischiare in proprio e cercare le proprie risorse all’esterno.
Ferdyfurby sa il fatto suo, in Bologna ha avviato una società con la famiglia che dal nome è tutta un programma “Best Solutions” e potrebbe copiare il suo amico Claudio Sabatini, il quale per fare l’imprenditore di basket ha preso un mutuo dal Credito Sportivo, cosa che hanno fatto anche Avellino, Biella, i fratelli Toti e altri nel basket. La società ha un valore di mercato notevole, anche se non è facile trovare un investitore disposto a rischiare 17 milioni di euro contro 6 mila euro solo di utile (e 800-900 mila di incassi!). Ma credo che a Firenze gli aprirebbero le porte.
Questo è un discorso che non riguarda solo lo sport senese, ma quello italiano. E difatti tutte le forze politiche, senza distinzione di colore, sono stufe di dover pompare ogni anno 460 milioni di euro a fondo perduto al CONI, dover ripianare poi altre perdite con una decretazione straordinaria, in cambio di un pugno di medaglie che fra l’altro nella quasi totalità sono attribuibili ai corpi militari, come si è visto a Pechino. E che è?. Una greppia, mentre la vocazione per lo sport scema fra i giovani, come dicono le statistiche?
L’eccezione Siena insomma va vista in un contesto più ampio, e in tempi di vacche magre c’è bisogno di misure concrete, riflessioni e non di marketing, speriamo che lo capisca a Roma anche colui che si considera il padrone dello sport italiano, e che mandi un messaggio realistico e non buonistico per riconfermare se stesso quale presidente per la terza volta battendo anche i record di Andreotti. Guarda caso anche lui è uno del basket, una volta lo sport dei grandi e adesso delle manie di grandezza. Uno che, altra curiosità, porta il cognome dell’infausta famiglia dell’unica tirannia senese.
SIENA. Non sarà una fuga, una ritirata. Credo però che qualcosa sia nell’aria e anche nei fatti, se penso a piccoli segnali che ho colto viaggiando nell’ultima settimana in Veneto e a Roma nei “santuari” dell’economia e dello sport. E’ alle porte forse un riposizionamento strategico della banca per quanto riguarda gli investimenti nello sport che solamente per le due realtà professionistiche cittadine ammontano a ben 40 milioni di euro. Cifra fornita, precisiamo, dalla documentazione ufficiale fornita nell’ultima assemblea agli azionisti. Una cifra tonda, troppo spiccia quindi nella logica di una banca moderna e futurista che, ci ha spiegato l’anno scorso il suo moderno presidente, ha addirittura inventato “il numerificio”, ovvero l’officina dei conti dove tutto è registrato al centesimo, come dovere dei bilanci societari.
La crisi martella, picchia duro. All’inizio di settimana un nuovo crollo delle borse ha indebolito ancor più le economie. Qualche paese ipotizza la nazionalizzazione delle banche, non però il cavaliere e ripenso da “cestofilo” a quando, a metà degli anni settanta l’Innocenti Leyland acquistò l’Olimpia e da un giorno all’altro mise in liquidazione l’azienda e Adolfo Bogoncelli si trovò a vendere i pezzi migliori. Situazione che esaltò la grandezza della società pluritricolore e l’immensità di Dan Peterson e fu la piattaforma di altri successi. Voglio ricordare la frase di “Litte Dan” degna di un capitano Usa a Dunquerque (altro che l’aria fritta dei professori del teambuilding…) quando al suo presidente che gli telefonava di prima mattina comunicandogli la vendita di Renzo Vecchiato per poter disputare il campionato rispose stizzito: “presidente, lei mi sveglia alle 7 di mattina per dirmi questa cosa tanto poco importante” .
A Siena non se ne parla, fuori dicono che la banca fra uno o due anni chiuderà i rubinetti. E’ silenzio-stampa, forse è paura di creare altri circuiti nelle teste di chi ha già altri problemi, forse si deve scegliere il momento giusto per dire certe cose e questo non lo è, specie in una città piccola e ansiosa. E poi la squadra è incappata in un imprevisto vuoto d’aria, per 30-40 giorni dovrà rinunciare a Lavrinovic, il suo salvagente, l’utilità fatta persona e non solo perché lo dicono le statistiche. La stagione regolare è già in cassaforte come le Final Eight ma serve fiducia e serenità per tentare di portare a casa un altro scudetto e la Coppa dei Campioni.
La banca ha due strade possibili:
1) accentrare ancor più le risorse su un unico progetto, quello ritenuto più utile, e quindi mi sembra che la preferenza del sistema-siena vada smaccatamente alla Mens Sana, anche perché a Roma mi hanno detto che il calcio fa gola a un paio di imprenditori, l’ex proprietario del Parma, Baraldi, e all’ex presidente dell’Inter, il Pellegrini re delle mense che serviva anche la Fiat e sul quale Gianni Agnelli pronunciò la sua storica battuta da grande snob “adesso anche il nostro cuoco ha una squadra di calcio”
2) all’interno della galassia sportiva, tagliare in proporzione o spegnere i pianeti minori; e qualche segnale c’è già, ad esempio il torneo internazionale di tennis di Monteroni, classica estiva, che doveva raddoppiare il montepremi e diventare da torneo del granturco (come l’ho affettuosamente ribattezzato per la sua splendida genuinità) addirittura un “network social forum” planetario è tutto da inventare, mentre la banca non va più in buca nell’Italian open di golf (che vivaddio va in controtendenza ed è riuscito ad agganciare il maggior sponsor mondiale di questo sport da oltre 20 anni, la BMW), dopo aver staccato per due anni un maxiassegno di 233.000 euro, il premio più alto mai distribuito in Italia.
Ovviamente il basket significherebbe altri impegni futuri oltre il budget per la squadra, la costruzione del Palazzo dello Sport da 10 mila posti a spese della banca come annunciato ufficialmente settimane fa a una radio greca, gli investimenti pubblicitari (500 mila euro?) per la pubblicità nelle dirette Tv di tutta l’Eurolega, l’impegno come co-sponsor della Fondazione per i mondiali 2014 che verranno assegnati il 22 maggio e tante altre cosette in programma della galassia verde (da ultimo la bella idea di Basketball Generation e la web Tv). La quale però ha certezze invidiabili e sconosciute per tutte le altre città italiane, vedi i due palazzi dello sport, una società ultracentenaria con oltre 1000 tesserati, un vivaio che ha prodotto 10 anni di successi e deve ormai pensare a lanciare in prima squadra i suoi gioielli come faceva Cantù, meglio vincere di 1 o 2 punti con i ragazzi della propria scuola che di 20 o 30 con i professionisti che un giorno magari scorderemo.
Ci sarebbe anche una terza via, è vero. Quella del libero mercato. Lasciare il calcio e anche il basket scegliersi il proprio destino, e quindi rischiare in proprio e cercare le proprie risorse all’esterno.
Ferdyfurby sa il fatto suo, in Bologna ha avviato una società con la famiglia che dal nome è tutta un programma “Best Solutions” e potrebbe copiare il suo amico Claudio Sabatini, il quale per fare l’imprenditore di basket ha preso un mutuo dal Credito Sportivo, cosa che hanno fatto anche Avellino, Biella, i fratelli Toti e altri nel basket. La società ha un valore di mercato notevole, anche se non è facile trovare un investitore disposto a rischiare 17 milioni di euro contro 6 mila euro solo di utile (e 800-900 mila di incassi!). Ma credo che a Firenze gli aprirebbero le porte.
Questo è un discorso che non riguarda solo lo sport senese, ma quello italiano. E difatti tutte le forze politiche, senza distinzione di colore, sono stufe di dover pompare ogni anno 460 milioni di euro a fondo perduto al CONI, dover ripianare poi altre perdite con una decretazione straordinaria, in cambio di un pugno di medaglie che fra l’altro nella quasi totalità sono attribuibili ai corpi militari, come si è visto a Pechino. E che è?. Una greppia, mentre la vocazione per lo sport scema fra i giovani, come dicono le statistiche?
L’eccezione Siena insomma va vista in un contesto più ampio, e in tempi di vacche magre c’è bisogno di misure concrete, riflessioni e non di marketing, speriamo che lo capisca a Roma anche colui che si considera il padrone dello sport italiano, e che mandi un messaggio realistico e non buonistico per riconfermare se stesso quale presidente per la terza volta battendo anche i record di Andreotti. Guarda caso anche lui è uno del basket, una volta lo sport dei grandi e adesso delle manie di grandezza. Uno che, altra curiosità, porta il cognome dell’infausta famiglia dell’unica tirannia senese.