di Enrico Campana
SIENA. A leggere le dichiarazioni, il chiodo fisso di Siena è ormai l’Eurolega. Che – posso chiosare? – presenta una duplice giustificazione: sportiva e d’interesse territoriale. Scriverò la prossima settimana di questo secondo aspetto, essendo la liason istituzioni- Mens Sana ormai un’osmosi sulla quale Gilberto Benetton con le sue dichiarazioni ha invitato a riflettere.
Riguardo al “primo goal”, Siena cerca di esaltare il principio dello sport (e della vita): tendere cioè sempre al meglio, superare se stessi per poter superare gli altri (nel gioco e sportivamente) e anche nell’organizzazione, la selezione e composizione del team vincente (il cosiddetto mercato), la fenomenologia (il marketing), la fidelizzazione (fenomeno localistico e non nazionale come il calcio, più facile da realizzare in micro-realtà geografiche, e oltre ai risultati riempendo il palazzo Siena ha messo un altro tassello al suo disegno).
Non parliamo della cosiddetta “sudditanza psicologica” – che nel basket ha raggiunto punte preoccupanti, e non per colpa di Siena e del suo modus operandi improntato al pragmatismo. Siamo di fronte a un appecoramento generale tanto estesa è ormai l’area della rassegnazione. La dialettica è totalmente scomparsa: chi tenta di aprire un dibattito è un nemico o peggio un matto o, magari, ha interessi personali (sic!). C’è un arruolamento volontario al ruolo di valvassini e valvassori come nelle peggiori civiltà feudali. E come nemmeno si verificava ai tempi in cui il Simmenthal era il tiranno d’epoca, venendo identificato come icona del “fenomeno basket” con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma con un’attenuante: il panorama di allora vantava mezzi finanziari e organizzativi inferiori a quelli di oggi. La scossa la diede, a partire dalla metà degli Anni Sessanta la sfida di Varese (e cioè di Giovanni Borghi, di cui la famiglia Bulgheroni ha raccolto l’eredità) provocò un fiorire di nuove realtà, la più bella delle quali fu il modello di Cantù, e il basket divenne un fenomeno nazionale, provinciale e metropolitano (Torino, Cagliari, Firenze, Trieste, Napoli, Genova, capoluoghi di Regione erano in serie A, oggi figurano nella sempre più lunga lista “delle sorelle estinte”), che sfondò nel nord, ma anche al centro (Pesaro) e al sud (la Fides Napoli e lo scudetto di Caserta) toccando la punta dello Stivale (Reggio Calabria) e poi creò roccaforti a Bologna e Treviso. E offrendo a Milano, col passaggio da Bogoncelli alla famiglia Gabetti, sempre la sua giusta ribalta.
L’anno scorso prima del campionato tutti a fare l’eco di Ettore Messina sul refrain “Siena è forte, ma troverà maggiori difficoltà”. Se lo dice “don Ettore”… Io vado invece controcorrente, con due convinzioni che alla fine mi daranno ragione. Evito di aggiungere “purtroppo” per evitare accuse di parte. Anzi, rispetto più il “sistema senese” di quello che pretende di batterlo col mormorio, con le finte alleanze e i finti sorrisini. Ho sostenuto in numerosi articoli per tutta la stagione che Siena avrebbe invece vinto con maggior facilità il campionato ma avuto in difficoltà nell’Eurolega..
Siena è stata a un passo dal mettere fuori il Panathinaikos, stagione più che positiva, però niente “Grande Slam”, alla fine sono i risultati che contano. Sapevo invece che il campionato avrebbe esaltato il gioco “alla Pianigiani”, un sincretismo frutto di tante esperienze, e di giocatori ad hoc. La nostre squadre per credo messiniano (plausibile, il fine giustifica i mezzi) per anni hanno vinto giocando male. Il gioco di Pianigiani è quanto di più motivazionale e propedeutico al piacere dei giocatori e dallo spettacolo. I critici sostengono che “Siena le squadre le fa a tavolino, senza bisogno di frequentare le Summer League, che ha tanti soldi da spendere”. Certo, ma ha radunato elementi di qualità umane e motivazionali unici, anche se privi di quel carisma internazionale che forse adesso può andare finalmente allo sconto, vedi i riconoscimenti per Terrell McIntyre, Sato, Stonerook, Lavrinovic, etc,. Dal punto strutturale non ho invece nascosto le mie perplessità legate a Benjamin Eze, atleticamente un pivot da NBA, certamente in progresso, ma per vincere l’Eurolega sarebbe più utile un pivot meno emotivo. Il surrogato – visto che è italiano per passaporto e non lo si puà regalare ai concorrenti – potrebbe essere un back-centre, un cambio, basterebbe un Chiagic o un Marconato.
Il problema rimane a mio avviso ancora aperto in questa stagione, nonostante la scelta di Nikos Zisis e David Hawkins sia fondamentalmente giusta, a parte tamponare il vuoto lasciato da Kaukenas, quella di puntare su giocatori esperti di basket europeo (e vincenti in quello italiano). Ma questa scelta riflette anche una tendenza di mercato dei club maggiori, i signori dell’Eurolega, al quale l’arrivo di Messina al Real Madrid ha dato una spinta marcata. Il motto sembra “esperienza omnia vincit…”. Lo dimostrano l’età dei neo-galacticos: 32 anni per l’ex senese Kaukanes, 31 per Trevis Hansens (ex Atlanta, Unicaja Malaga e Dinamo Mosca), 30 anni per Darius Lavrinovic (gemello di Kristof, grande stoppatore, nazionale lituano) e la conferma del belga Van den Spiegel con i suoi 30 anni. Anche se, poi, Messina sembra però voler copiare quest’anno anche il suo grande rivale Obradovic, il quale da parte sua ha firmato sì Sarunas Siskaukas, il giocatore tattico più pagato d’Europa (3 milioni di dollari), ma sta già lavorando fin dall’anno scorso al ricambio e, dopo aver portato ad Atene il serbo Pekovic, 22 anni, 2,10 e il georgiano Giorgi Sermantini, 20 anni, m. 2.16, quest’anno mette in campo uno un campione consacrato come Milenko Tepic (22 anni, forse la miglior ala europea) preso dal Partizan, ha firmato con il greco-americano Nick Calathos, 20 anni, m.1.98, chiamato alle scelte NBA per l’Università di Florida. E proprio nei giorni scorsi è riuscito a strappare alla concorrenza Giorgos Bogris, gioiello ateniese dell’Ilissiakos.
A Madrid Messina invece è riuscito a “fechar” (firmare) due new-star continentali: il serbo Novica Velickovic (11,5 punti e 5,1 rimbalzi, come Tepic elemento fondamentale nella bella stagione del Partizan Belgrado di Dule Vujosevic) e il 21enne spagnolo Sergio Lull, prima scelta NBA, mentre sta trattando Ricky Rubio, n.5 del draft, primo europeo, il 20enne play che l’anno scorso alle Olimpiadi ha fatto tremare il Dream Team e che non vuole accettare l’idea di giocare a Minnesota, formazione che non riflette i suoi sogni.
Siena perde dunque Kaukenas che rafforza la concorrenza, e gira alla Virtus Bologna Davis Moss, già contrattualizzato per 3 stagioni, non ritenendolo ancora pronto per questa eurolega-vintage. Dopo il triennale di McIntyre (32 anni) dell’anno scorso quest’anno ha blindato con contratti triennali onerosissimi anche Lavrinovic (30 anni) e capitan Stonerook (32 anni). In questa Eurolega, scorrendo la lista degli affari, Siena un primato l’ha già stabilito: quella dei contratti triennali "vintage". Questo significa però far parte di un progetto importante, ha precisato Lavrinovic al momento del rinnovo. Ponti d’oro dunque agli uomini dello “zoccolo duro”, mentre invece contratti annuali più l’opzione per il secondo anno per gli altri. Teoricamente contratti più leggeri economicamente per le due nuove pedine esperte di Coppa e campionato italiano, ma ancora freschi e non arrivati ancora al loro potenziale: il play greco Nikos Zisis (arrivato da Mosca con un’Eurolega vinta più una finale e vinto giovanissimo uno scudetto con Treviso), e l’ala bassa americana Davis Hawkins. Ormai considerato, quest’ultimo, una vera star europea che poteva magari passare alla concorrenza, errore commesso dalla Virtus con Keith Langford. Il passaggio del “falco nero” da Roma a Milano ha spostato la lotta per lo scudetto, e dunque il colpo vale il doppio. Ragioniamoci su. La sua partenza non ha forse indebolito Roma, non può succedere adesso anche per l’Armani e quindi non è forse già in cassaforte il 4° scudetto consecutivo?
Dodici mesi dopo vedendo le operazioni di questo euromercato destinate a dare al Real Madrid il ruolo che ha avuto dagli anni 60-90, e vedendo oggettivamente le difficoltà dei nostri club – sì, anche della stessa Siena montepaschina – sono qui purtroppo a prendere atto di uno scadimento del campionato talmente tanto visibile nei valori che offende più di tutte proprio Siena. Non è colpa sua se vince a mani basse. Domanda: le si può rimproverare forse di voler alzare il livello dentro un’area di rassegnazione ormai senza nemmeno più un orizzonte di riferimento?
Il problema è strutturale, di tutto il basket. Innanzitutto il declassamento della Lega, vedi il contratto Tv al ribasso, le minori sponsorizzazioni, il fallimento di altri club importanti per cui, dopo aver perso l’anno scorso Napoli e la Sicilia, quest’anno è andata ancora peggio con la Fortitudo, oltre alla defezione di 3 mila abbonati virtussini nei playoff. E poi: il muro contro muro con Meneghin e la Federazione, la voglia di compiacere la lobby del potente di turno, e non guardare a un nuovo piano strutturale da realizzare urgentemente, chiedendo a tutti dei sacrifici, magari con un blitz.
Vedremo se Meneghin, sotto scacco in questi giorni, per aver dato un incarico al suo socio (ben venga se c’è professionalità), quando ci sono questioni formali per più gravi nel basket, avrà la forza di fare le mossa del cavallo. E cioè l’ astuzia scacchistica diventata metafora della possibilità di un brusco ribaltamento strategico di una partita noiosa, bloccata e di nessuna utilità per tutti.
SIENA. A leggere le dichiarazioni, il chiodo fisso di Siena è ormai l’Eurolega. Che – posso chiosare? – presenta una duplice giustificazione: sportiva e d’interesse territoriale. Scriverò la prossima settimana di questo secondo aspetto, essendo la liason istituzioni- Mens Sana ormai un’osmosi sulla quale Gilberto Benetton con le sue dichiarazioni ha invitato a riflettere.
Riguardo al “primo goal”, Siena cerca di esaltare il principio dello sport (e della vita): tendere cioè sempre al meglio, superare se stessi per poter superare gli altri (nel gioco e sportivamente) e anche nell’organizzazione, la selezione e composizione del team vincente (il cosiddetto mercato), la fenomenologia (il marketing), la fidelizzazione (fenomeno localistico e non nazionale come il calcio, più facile da realizzare in micro-realtà geografiche, e oltre ai risultati riempendo il palazzo Siena ha messo un altro tassello al suo disegno).
Non parliamo della cosiddetta “sudditanza psicologica” – che nel basket ha raggiunto punte preoccupanti, e non per colpa di Siena e del suo modus operandi improntato al pragmatismo. Siamo di fronte a un appecoramento generale tanto estesa è ormai l’area della rassegnazione. La dialettica è totalmente scomparsa: chi tenta di aprire un dibattito è un nemico o peggio un matto o, magari, ha interessi personali (sic!). C’è un arruolamento volontario al ruolo di valvassini e valvassori come nelle peggiori civiltà feudali. E come nemmeno si verificava ai tempi in cui il Simmenthal era il tiranno d’epoca, venendo identificato come icona del “fenomeno basket” con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma con un’attenuante: il panorama di allora vantava mezzi finanziari e organizzativi inferiori a quelli di oggi. La scossa la diede, a partire dalla metà degli Anni Sessanta la sfida di Varese (e cioè di Giovanni Borghi, di cui la famiglia Bulgheroni ha raccolto l’eredità) provocò un fiorire di nuove realtà, la più bella delle quali fu il modello di Cantù, e il basket divenne un fenomeno nazionale, provinciale e metropolitano (Torino, Cagliari, Firenze, Trieste, Napoli, Genova, capoluoghi di Regione erano in serie A, oggi figurano nella sempre più lunga lista “delle sorelle estinte”), che sfondò nel nord, ma anche al centro (Pesaro) e al sud (la Fides Napoli e lo scudetto di Caserta) toccando la punta dello Stivale (Reggio Calabria) e poi creò roccaforti a Bologna e Treviso. E offrendo a Milano, col passaggio da Bogoncelli alla famiglia Gabetti, sempre la sua giusta ribalta.
L’anno scorso prima del campionato tutti a fare l’eco di Ettore Messina sul refrain “Siena è forte, ma troverà maggiori difficoltà”. Se lo dice “don Ettore”… Io vado invece controcorrente, con due convinzioni che alla fine mi daranno ragione. Evito di aggiungere “purtroppo” per evitare accuse di parte. Anzi, rispetto più il “sistema senese” di quello che pretende di batterlo col mormorio, con le finte alleanze e i finti sorrisini. Ho sostenuto in numerosi articoli per tutta la stagione che Siena avrebbe invece vinto con maggior facilità il campionato ma avuto in difficoltà nell’Eurolega..
Siena è stata a un passo dal mettere fuori il Panathinaikos, stagione più che positiva, però niente “Grande Slam”, alla fine sono i risultati che contano. Sapevo invece che il campionato avrebbe esaltato il gioco “alla Pianigiani”, un sincretismo frutto di tante esperienze, e di giocatori ad hoc. La nostre squadre per credo messiniano (plausibile, il fine giustifica i mezzi) per anni hanno vinto giocando male. Il gioco di Pianigiani è quanto di più motivazionale e propedeutico al piacere dei giocatori e dallo spettacolo. I critici sostengono che “Siena le squadre le fa a tavolino, senza bisogno di frequentare le Summer League, che ha tanti soldi da spendere”. Certo, ma ha radunato elementi di qualità umane e motivazionali unici, anche se privi di quel carisma internazionale che forse adesso può andare finalmente allo sconto, vedi i riconoscimenti per Terrell McIntyre, Sato, Stonerook, Lavrinovic, etc,. Dal punto strutturale non ho invece nascosto le mie perplessità legate a Benjamin Eze, atleticamente un pivot da NBA, certamente in progresso, ma per vincere l’Eurolega sarebbe più utile un pivot meno emotivo. Il surrogato – visto che è italiano per passaporto e non lo si puà regalare ai concorrenti – potrebbe essere un back-centre, un cambio, basterebbe un Chiagic o un Marconato.
Il problema rimane a mio avviso ancora aperto in questa stagione, nonostante la scelta di Nikos Zisis e David Hawkins sia fondamentalmente giusta, a parte tamponare il vuoto lasciato da Kaukenas, quella di puntare su giocatori esperti di basket europeo (e vincenti in quello italiano). Ma questa scelta riflette anche una tendenza di mercato dei club maggiori, i signori dell’Eurolega, al quale l’arrivo di Messina al Real Madrid ha dato una spinta marcata. Il motto sembra “esperienza omnia vincit…”. Lo dimostrano l’età dei neo-galacticos: 32 anni per l’ex senese Kaukanes, 31 per Trevis Hansens (ex Atlanta, Unicaja Malaga e Dinamo Mosca), 30 anni per Darius Lavrinovic (gemello di Kristof, grande stoppatore, nazionale lituano) e la conferma del belga Van den Spiegel con i suoi 30 anni. Anche se, poi, Messina sembra però voler copiare quest’anno anche il suo grande rivale Obradovic, il quale da parte sua ha firmato sì Sarunas Siskaukas, il giocatore tattico più pagato d’Europa (3 milioni di dollari), ma sta già lavorando fin dall’anno scorso al ricambio e, dopo aver portato ad Atene il serbo Pekovic, 22 anni, 2,10 e il georgiano Giorgi Sermantini, 20 anni, m. 2.16, quest’anno mette in campo uno un campione consacrato come Milenko Tepic (22 anni, forse la miglior ala europea) preso dal Partizan, ha firmato con il greco-americano Nick Calathos, 20 anni, m.1.98, chiamato alle scelte NBA per l’Università di Florida. E proprio nei giorni scorsi è riuscito a strappare alla concorrenza Giorgos Bogris, gioiello ateniese dell’Ilissiakos.
A Madrid Messina invece è riuscito a “fechar” (firmare) due new-star continentali: il serbo Novica Velickovic (11,5 punti e 5,1 rimbalzi, come Tepic elemento fondamentale nella bella stagione del Partizan Belgrado di Dule Vujosevic) e il 21enne spagnolo Sergio Lull, prima scelta NBA, mentre sta trattando Ricky Rubio, n.5 del draft, primo europeo, il 20enne play che l’anno scorso alle Olimpiadi ha fatto tremare il Dream Team e che non vuole accettare l’idea di giocare a Minnesota, formazione che non riflette i suoi sogni.
Siena perde dunque Kaukenas che rafforza la concorrenza, e gira alla Virtus Bologna Davis Moss, già contrattualizzato per 3 stagioni, non ritenendolo ancora pronto per questa eurolega-vintage. Dopo il triennale di McIntyre (32 anni) dell’anno scorso quest’anno ha blindato con contratti triennali onerosissimi anche Lavrinovic (30 anni) e capitan Stonerook (32 anni). In questa Eurolega, scorrendo la lista degli affari, Siena un primato l’ha già stabilito: quella dei contratti triennali "vintage". Questo significa però far parte di un progetto importante, ha precisato Lavrinovic al momento del rinnovo. Ponti d’oro dunque agli uomini dello “zoccolo duro”, mentre invece contratti annuali più l’opzione per il secondo anno per gli altri. Teoricamente contratti più leggeri economicamente per le due nuove pedine esperte di Coppa e campionato italiano, ma ancora freschi e non arrivati ancora al loro potenziale: il play greco Nikos Zisis (arrivato da Mosca con un’Eurolega vinta più una finale e vinto giovanissimo uno scudetto con Treviso), e l’ala bassa americana Davis Hawkins. Ormai considerato, quest’ultimo, una vera star europea che poteva magari passare alla concorrenza, errore commesso dalla Virtus con Keith Langford. Il passaggio del “falco nero” da Roma a Milano ha spostato la lotta per lo scudetto, e dunque il colpo vale il doppio. Ragioniamoci su. La sua partenza non ha forse indebolito Roma, non può succedere adesso anche per l’Armani e quindi non è forse già in cassaforte il 4° scudetto consecutivo?
Dodici mesi dopo vedendo le operazioni di questo euromercato destinate a dare al Real Madrid il ruolo che ha avuto dagli anni 60-90, e vedendo oggettivamente le difficoltà dei nostri club – sì, anche della stessa Siena montepaschina – sono qui purtroppo a prendere atto di uno scadimento del campionato talmente tanto visibile nei valori che offende più di tutte proprio Siena. Non è colpa sua se vince a mani basse. Domanda: le si può rimproverare forse di voler alzare il livello dentro un’area di rassegnazione ormai senza nemmeno più un orizzonte di riferimento?
Il problema è strutturale, di tutto il basket. Innanzitutto il declassamento della Lega, vedi il contratto Tv al ribasso, le minori sponsorizzazioni, il fallimento di altri club importanti per cui, dopo aver perso l’anno scorso Napoli e la Sicilia, quest’anno è andata ancora peggio con la Fortitudo, oltre alla defezione di 3 mila abbonati virtussini nei playoff. E poi: il muro contro muro con Meneghin e la Federazione, la voglia di compiacere la lobby del potente di turno, e non guardare a un nuovo piano strutturale da realizzare urgentemente, chiedendo a tutti dei sacrifici, magari con un blitz.
Vedremo se Meneghin, sotto scacco in questi giorni, per aver dato un incarico al suo socio (ben venga se c’è professionalità), quando ci sono questioni formali per più gravi nel basket, avrà la forza di fare le mossa del cavallo. E cioè l’ astuzia scacchistica diventata metafora della possibilità di un brusco ribaltamento strategico di una partita noiosa, bloccata e di nessuna utilità per tutti.