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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Per chi suona la Campana. Le grandi carriere del basket in tempi di crisi

di Enrico Campana
SIENA. Mi è stato segnalato che – a sole 24 dalla supersfida di Milano fra i Knicks e l’Armani con ben 12 mila spettator – il sito di Legabasket non riportava nemmeno l’avvenimento. Sono andato a controllare, era vero. Lo sconcerto per l’imperdonabile dimenticanza, essendo una pre-season di tal portata qualificante per tutto il Basket-Spaghetti, è stato compensato da un paio di notizie bene in evidenza riguardanti i successi oratori dei due sommi aedi (i cantori epici dei greci) del nostro movimento. In un mondo dove una laurea non serve più a nulla, queste due lezioni aprivano squarci di speranza a molti giovani in cerca di lavoro.
Come fare  una grande carriera? L’ha spiegato il presidente della Mens Sana Basket Ferdinando Minucci al “Career Day” dell’università della Tuscia di Viterbo. Vero che l’uditorio non era quello della Bocconi o la Sapienza, atenei  nazionali del valore accademico – mutatis mutandis – di Princetown o Eaton, diamogli  tuttavia ancora un po’ di tempo. In  fondo, meno di 20 anni e 5 scudetti fa il “nostro” vendeva ancora pacchetti pubblicitari per il  palazzo della Mens Sana, che oggi è diventato il suo trono. Lo stupefacente Ferdy in fatto di carriere non ha rivali, almeno nel basket. Vero è che il suo grande amico della Virtus Bologna si è comperato tutto il complesso dell’Arcoveggio più una delle migliori squadre d’Italia e una delle più belle Arene sportive, quella di Casalecchio – un Futurshow evidentemente molto  più produttivo dell’omonimo salone di cui era organizzatore e presto accantonato – come è vero che un anno fa  ha dichiarato di aver acceso un mutuo di ben 20  milioni di euro (sembra col Credito Sportivo).
Il basket-spaghetti sarà pure al punto più basso della sua storia, ma certe carriere sono inversamente proporzionali ai verdetti del campo. Il presidente di Lega, che a volta appare come un’entità invisibile, a parte qualche lenzuolata che vorrebbe essere un progetto di riforma (tecnica, non strutturale) del basket suggerito dai dirigenti di Siena e Bologna, guadagna infatti ben 350 mila euro all’anno, quanto il manager di  un’azienda pubblica con rischi e oneri  ben più alti.
Tornando invece all’irresistibile ascesa del manager che nel ’95 ha saldato (vero, confermo, anche se dentro la Polisportiva ci furono grandi contrasti e conseguenti “purghe”) il basket ai destini di Siena fino al 2050,  gestisce o è socio di un’azienda cestistica multiforme, che spazia in ogni campo, possiede una Tv propria, un’agenzia di comunicazione, una rete che si chiama Basketball Generation, ramifica ormai su tutto il territorio italiano che, leggo, avrebbe già associato 75 club cestistici, organizzando corsi estivi con migliaia di ragazzini, e altre partnership.
Anche mitici tycoon pervasi dal virus del basket, Giovanni Borghi, Edoardo Bulgheroni e poi il figlio Antonio, Adolfo Bogoncelli, Raul Gardini e Carlo Sama e i vari Benetton, Scavolini e altri grandi imprenditori, Alfredo Cazzola, Angelo Rovati  fra cui, da ultimo, anche Re Giorgio (alias di Giorgio Armani), sfigurano al  confronto di questo personaggio  giovanilista, sempre inappuntabile, body guard e auto di rappresentanza con tanto di autista. Non c’è battaglia che non voglia vincere magari con le regole delle sfide medievali, per cui lo sconfitto deve essere esiliato e la sua torre (anche metaforicamente) abbattuta. Una specie di Stranamore,  per certi atteggiamenti, come quando sfidò a muso duro l’arbitro Brazauskas, che difatti ai mondiali non ha diretto le gare decisive. Spero che come il  protagonista del film di Kubrik per vincere la sua guerra personale non faccia crollare il mondo attorno a sé… In ogni caso, viene invitato per gli speeching quale personificazione vivente di come si possa fare imprenditoria vincente nello sport,  un campo rischioso dove persino negli Stati Uniti molti ci hanno lasciato le penne. E ancor più esaltante, questo successo, soprattutto perché ottenuto a Siena, città accademica, di servizi, capitale bancaria della ricerca ma non certo a vocazione industriale. E anche complessa nel rapporto fra politica, finanza e potere.
Mi ero scordato di precisare che i grandi colleghi presidenti o imprenditori precedentemente citati  mettevano (e alcuni di loro ancora mettono magari borbottando come Benetton e Armani…) di tasca propria  milioni di euro  (o miliardi di lire). Differente è il caso dell’ineffabile manager-schiacciasassi al quale ha dato i natali  Chiusdino, piccolo borgo di minatori e carbonai come il padre, considerato una leggenda. Tirava, mi raccontano, le fila della Casa del Popolo, e girava per il paesino tagliato fuori dalla rete viaria per Grosseto, col suo cappellone bianco a larghe tese. Una sorta di temuto “podestà rosso” di cui in un’intervista su Sportweek il figlio ha parlato con grande ammirazione.
Bene, siccome buon sangue non mente, il  Monte dei Paschi e la Fises (la Finanziaria di Sviluppo dell’Economia senese, un colosso accontentatosi di una partecipazione di minoranza quando potrebbe scalare diverse multinazionali e acquistare persino i Lakers di Los Angeles o i Knicks di New York), hanno messo l’ultima stagione ben 17 milioni di euro. Il più alto budget nella storia dei canestri, peraltro via via cresciuto negli anni, anche se fino ad ora questo investimento non è servito per conquistare la Coppa dei Campioni. Anzi, nel periodo del massimo splendore del club i fatti dicono che in 6 edizioni solo una volta è arrivata alle Final Four e addirittura l’anno passato la “sua” squadra non è riuscita a superare le Top 16.  Per un club di basket italiano si tratta di cifre da capogiro, specie con una città di 60 mila abitanti: Ma andiamoci piano. I bilanci sono sempre in ordine e gli ultimi esercizi l’utile è oscillato fra i 6 e 3 mila euro. Una cifra con la quale (forse ) si coprono però solo le utenze telefoniche, con la quale non è possibile fare investimenti. Questa è la vera bravura, anche se quest’anno ha dichiarato la dismissione del vivaio, salvo un reclutamento su scala territoriale. E nessuno ha detto beh…
Per anni il Grande Gatsby (riferimento al personaggio di Steinbeck) si è lamentato che gli altri club europei potevano spendere di più del suo. Forse è vero, ma probabilmente le condizioni e il sistema fiscale degli altri paesi sono differenti, magari sfavorevoli. Bisogna credergli, e io lo fo. Secondo il vaglio di analisti di bilancio, ecco un’ipotesi, la voce dei diritti d’immagine per gli stranieri potrebbe essere una caratteristica italiana. Registro con beneficio d’inventario. In ogni caso il costo della Sutor Montegranaro, un’agguerrita formazione espressione di un borgo marchigiano di appena 16 mila abitanti, distintasi nei playoff e nella Coppa Italia, è minore del 10 per cento del budget della favolosa Mps, precisamente 1 milione e mezzo, secondo quanto dichiarato in proposito dal general manager Vacirca. E a sua volta Teramo, perla del poco abbiente sport abruzzese, sembra non arrivi ai 2 milioni di euro.
Queste  due riconosciute capacità  ho segnalato del resto al mio amico Carlo Montanaro, il direttore di Style, magazine di successo di Rizzoli Pubshing, proponendogli di dedicargli un articolo nella galleria dei  manager rampanti. Non è vero che si tratta di una razza rara, di questo passo magari Minucci arriverà  prossimamente fino a Nobel economico. O quando il  board dei proprietari della NBA deciderà di mandare in pensione David Stern, da 25 anni il Commissioner del campionato professionistico, non potrà ignorare in un mondo globale dove i manager italiani sono ormai qualcuno (vedi la carriera di Lucio Stanca alla IBM o quella folgorante di Marchionne), questo autorevole candidato alla poltrona più ambita del basket planetario. Il quale guadagna7 milioni di dollari…
Credo proprio che gli studenti dell’università della Tuscia, laddove si rifugiò il papato dopo Avignone, grazie a questa “magistrale lezione” – peraltro il seguito del seminario organizzato negli ex Tenimenti dei Chigi , la grande tenuta nel Chianti della Fondazione Mps, dove addirittura questa estate  ha sdottorato su come si crea un allenatore di successo –  abbiano  finalmente davanti l’esempio vivente (e lampante ) di come sia possibile  una carriera favolosa ai tempi della “grande crisi”.
Da questo istante  tutti cercheranno di imitarlo, perché  sanno bene come sia  possibile in 25 anni, dentro un perimetro ristretto di Siena, senza sfide global o internazionali,  una volta presa una laurea all’università trovare un posto in banca (credo si trattasse dell’Agenzia 13, numero fortunato perché crede nella superstizione, del Monte dei Paschi in via De Rossi, laddove sulla strada per la basilica della Madonna di Provenzano). E  passare  quindi –  bruscamente – a esperienze televisive-editoriali, mettere il piede in un palasport per vendere pubblicità  e diventare, pur a digiuno di fondamentali e schemi, direttore sportivo. E poi via via più su: general manager, executive, presidente sia della squadra che della SpA Mens Sana basket.Il  club del’èlite, del fior fiore della società senese.
Altro manager che rapidamente e sorprendentemente sta salendo la scala del successo, pronto a far arrossire addirittura un altro ex giocatore, Angelo Rovati, il primo consigliere di Romano Prodi, ex presidente di Lega (e nientepopodimeno attuale presidente di Mittel Generali!) è Meneghin. Tutti si aspettavano che, sfilati i pantaloncini, Superdino si limitasse al ruolo di monumento nazionale, invece non c’è settimana che non firmi un successo, non tagli un nastro, non sia il protagonista di spot televisivi, non inventi una cosa nuova, come la A-3. Finora non è stato fortunato – come uomo di campo – con  tutte le squadre  nazionali, la Federazione ha inoltre molti problemi, ma come manager ormai  la carriera volge al successo.   Da ultimo la battaglia vinta per entrare agli europei (seppur dalla porta di servizio) all’accordo col prestigioso Gruppo Rcs. Chi avrebbe immaginato una tale disinvoltura in chi, anche se usava i gomiti, era considerato il guerriero?
Ospite del Masters della Benetton che ha creato in Treviso un corso di laurea breve annuale per manager di sport, ha dettato la sua ricetta. “Con i 3 giocatori italiani nel mondo stellare dell’ Nba la considerazione internazionale è aumentata, ma c’è ancora molto da fare. E’ necessario  quindi trovare nuovi investitori, mantenere i rapporti con le televisioni e con i media, con gli sponsor, avere in poche parole un approccio orientato al marketing” .
Una metamorfosi sorprendente, speriamo che riesca anche a trovare il tempo per occuparsi di come riuscire a rilanciare una scuola italiana che ha prospettive di anni bui, vedi i risultati delle giovanili. Tutti si auspicano che  affronti il problema in profondità, cominciando dal gioco, la selezione, gli  istruttori, gli incentivi per i club, la riforma strutturale, il metodo. A meno di credere che i giocatori siano frutto del marketing, e confidi in questo suo sconosciuto bernoccolo per gli affari.
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