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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Per chi suona la Campana. La guerra fredda Siena-Milano

di Enrico Campana
SIENA. Non si tratta di uno scherzo, se qualcuno non ci crede, mi sottoporrò volentieri alla macchina della verità. Ho iniziato a scrivere la prima parte di questa puntata della rubrica già la domenica mattina, causa il preambolo di  un sabato spettrale.
Sarà colpa del convegno del mattino sulle energie rinnovabili di Sinalunga, con l’urlo terrificante di dolore del senese professor Bacci, che di nome fa Eros, umanista-pensatore-fustigatore dell’ateneo senese, che non ci abbandona un istante: “sopra di noi un oceano di milioni di tonnellate di fumi e veleni ci sta uccidendo!”.
O sarà stata la stucchevole – oltre che triste – videoconferenza a reti unificate delle 19.14 del presidente della camera Fini per illustrare urbi et orbi, come per i messaggi papali (ben 8 otto ore dentro uno studio Tv per partorire un’autodifesa di 9 minuti), quelli che sono in fondo solo soltanto i problemi della sua… cameretta privata, dei sui parenti (c’è di mezzo anche una cucina Scavolini, che cito per stima del patron del basket pesarese). Quanto tutti, dal potenziale statista, si aspettavano una mossa politica, diciamo un manifesto sulla legalità, la questione morale o ancor meglio di taglio sociale, e magari la sua ricetta pratica per rilanciare il lavoro e l’economia. E nella sua carica istituzionale cercare, sul piano brevissimo, di riportare fiducia in un paese che vive un triste contrappasso, essendo diventato, l’Italia, un paese povero e deluso, pur “vantando” quale premier l’italiano più ricco ed ottimista che arriva al punto da preferire quale allenatore del suo Milan uno che si chiama Allegri…
 Sarà stato anche la visione de “Gli scheletri dell’Armadio” usciti dalla lettura notturna del sequel romanzato della Casta Senese di Raffaele Ascheri  che mi dicono abbia riscontri interessanti nelle librerie, spaziando oltre la colonna di Montarrenti. Fatto sta che un sabato notte agitatissimo è terminato con un sogno molto strano e dal finale per certi versi sorprendente.
Cosa è successo in questo transfert onirico? Incredibile, ma vero. Il bel  Giuseppe Mussari con la sua faccia da eterno golden-boy, ancora nelle sue funzioni di presidente della Mps mi viene incontro desideroso di scusarsi con me. Arriva addirittura  a invitarmi sulla sua auto blu, circondato da collaboratori ammiccanti (fra i quali non c’è Ferdy Minucci, speriamo non si offenda per questa diminutio). Alla fine mi fa dono della sciarpa della Mens Sana 76-77.
Che significa – mi sono chiesto – questo sogno? Ragion di Stato a parte,  credo  che Mussari mi veda con simpatia (se non altro come micro-azionista della sua banca?), ma che significa questa offerta? Più che una “doverosa” riabilitazione, fatto che non sussiste poiché – se angheria c’è stata – quella non è venuta da Rocca Salimbeni, la sciarpa indica forse una data miliare. E’ forse quella l’inizio della mia storia senese, che ha preso successivamente altre strade, perché il giornalismo – anche se scrivi di sport – cammina su binari professionali paralleli a quelli della politica, dell’economia, della salute, dell’ambiente. E’ un precetto professionale ed etico, per cui – alla fine – ti tocca magari fare il cane da guardia nel tuo contesto, quasi un servizio civile. Certe storie sui padroni del vapore del Bel Paese che hanno tenute e magioni nel senese non avrebbero infatti mai suscitato l’interesse delle procure di tutta Italia e la “cricca” avrebbe continuato a godere delle sue sinecure e impunità (così come le denunce di Saviano hanno certamente  fornito un elemento di informazione e comunicazione utile per i fortunati blitz del  Ministero dell’Interno nel Regno di Camorra), senza uno scavo di lavoro giornalistico.
Ah, bei tempi in cui l’opinione libera sembrava cerchiata dalla O di Giotto…Grazie al buon giornalismo per l’Inghilterra il reato d’opinione più grave è infatti quello di… non avere  opinioni, mentre in Italia il reato è interpretato secondo il vecchio costume… inglese, quello di ”lesa maestà”, a meno di rientrare nella corrente ufficiale dei due poli politici, dove l’insulto è musica (per le proprie orecchie) e comunque la realtà – capirete – finisce per essere sdoppiata.
Tornando allo specifico del mio sogno, devo prenderlo seriamente in considerazione, se non altro perché un esperto mi spiega  che, quando materializzano dei numeri, i sogni sono rivelatori. Cosa c’entra  il 76 e 77? Si tratta forse quella di una fortunata  e pionieristica stagione sportiva pionieristica che schizza fuori dal subconscio come un evento che ha inciso nel mio rapporto con la Mens Sana?.
Ho un problema con le date (non col Mps…), forse quella fu la stagione in cui varcai per la prima volta il santuario del basket senese per assistere a una storica sfida fra Mens Sana-Stella Azzurra, valevole per la salita in A. L’impianto si chiamava il Dodecaedro. Ricordo che l’impianto, davvero insolito, con dodici facce, il doppio di quelle di un dado, non piaceva ai tifosi che ne parlavano con sarcasmo. Per loro era “il monumento della stupidità”. Pur essendo degno di miglior collocazione, un dehor architettonico che poteva stare al Louvre, effettivamente non aveva la struttura ideale per  un Palasport, che sarebbe sorto poco dopo col presidente Bruttini senior;  purtroppo anche quello non circolare, come le belle strutture dell’architetto Nervi  di Roma e Bologna, i due godibilissimi Madison italiani.
La struttura, molto particolare, in fondo riflette anche il carattere dei senesi. Gente  spesso con molti angoli e troppi spigoli, “tara” che tuttavia alla fine loro riescono a elevare – se non a virtù – almeno a elemento di fascino e curiosità. Comunque, a parte gli spigoli, il  basket allora era una  sana casta sportiva, forse oggi è una casta in senso sociale, ma in fondo tutti ne parlano. Persino  il suo lessico tecnico è entrato nel linguaggio comune e persino in quello dotto e me l’ha confermato Alessandro Vannini, il moderatore al convegno sulle Energie Rinnovabili (luci od ombre?), presentando i cinque relatori al pari di “un vero quintetto ideale”.
Lambiccandomi il cervello, devo cercare di  tirare le somme del mio sogno cestistico. Forse  mi suggerisce di rimanere ancorato alla dimensione di quegli anni della “scapigliatura” senese, dove il basket era già allora “res publica” senza poter godere la pari dignità di quello odierno da parte della Grande Banca e delle istituzioni di altre attività sociali, vedi l’occupazione, il volontariato, le arti. I tempi cambiano le cose, le prospettive, una volta il basket senese cominciava dal basso, oggi dall’alto. E' quindi multietnico, senza giocatori-bandiera né propria identità. Non è detto che sia un male, ma nemmeno un bene. Vedremo. Noi giornalisti, spesso, siamo costretti a trattare la cronaca come si scrivesse la storia. E la storia, purtroppo, viene sempre scritta dai vincitori, mai dai perdenti. Per questo spesso è bugiarda, e ha sempre una faccia oscura.
A proposito di cronaca, mi pare intrigante il canovaccio della nuova stagione, e ne ho un’avvisaglia attraverso l'email del lettore che mi segnala il passo di uno scritto edito in Siena, senza però citare l’autore né la fonte. Prendo perciò il contenuto con beneficio d’inventario, confermandomi in maniera lampante che la sfida per il  prossimo scudetto è già iniziata su un fondale da “guerra fredda” fra Siena e Milano. Una querelle inevitabile, anche perché gli italiani si stufano presto di tutto, amano essere protagonisti in prima persona, e vogliono vincere – specie a Siena contraria alle tirannie, chiedere  ai Petrucci…- con un possibile senso eroico e non perché è già scritto o hai più soldi  degli altri da mettere in campo.
Del resto, la “stanca” dello stesso pubblico senese nella scorsa finale-scudetto, è stata dimostrata dalla diserzione di 1800 unità, perciò questa “guerra fredda” viene soprattutto utile per scuotere la strisciante apatia del  popolo senese. Naturalmente, un doppio 4-0 e un 10-0 totale nelle ultime tre stagioni coi milanesi già di per sé sarebbero ragioni eloquenti, ma la scintilla è divampata con i colpi di mercato di Milano, soprattutto per il ritorno in maglia Armani di Davids Hawkins. Nell’articolo di cui mi è stato fatto dono, si afferma che l’anno scorso la Mps avrebbe vinto di 30 punti anche con Hawkins in panca, che l’Armani non andrà mai lontano col l’attuale coach a meno di prendere Pianigiani, che  Morris Finley  non sarebbe altro che uno scarto orribile di Siena e che per toglierle lo scudetto i “milaness” avrebbero dovuto ingaggiare McIntyre ed Eze.
Opinioni che in alcuni casi posso anche condividere, messaggi cifrati (l’invito a Supersimo a spiccare il volo, perché Luca Banchi è il nuovo dieu-donnè della panchina), che avvalorano questa “guerra fredda” cestistica, che almeno è un fatto nuovo, dopo un appiattimento generale di tutto il basket, e che prevede  anche arruolamenti di riservisti, valvassori e valvassini, agit-prop. Milano, da quel che so, schiererebbe il suo cenacolo di ex-yuppies della penna da sempre orfani dello scudetto, un gruppetto che alligna dentro la carta stampata e dentro Sky. Guarda caso  – scrive una notizia di Tuttosport –  Siena non considererebbe più proprio la Tv di  Murdoch l’unico speaker ufficiale del basket, come dimostra la  posizione più pluralistica e aperta a un ritorno in Rai di Siena, espressa però con poco tatto perché il contratto scade fra un anno e Sky potrebbe far circolare il report sugli ascolti, dove squadre leader farebbero 70-80 mila contatti…
Per concludere questo affaire, tutto sommato positivo per  dare più pepe a una stagione che nasce fiacca, voglio ricordare che il dado l’ha tratto Marco Mordente, con la  sua famosa intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport durante le partite delle nazionali. Secondo il capitano della nazionale e dell’Armani, gli scudetti di Siena darebbero  minor lustro al basket di quelli di Milano. Ah, non male… Sarà un caso, ma quell’uscita da “capitano coraggioso” gli è valsa l’immancabile  fatwa senese riservata a coloro che escono dal coro, senza nessuna attenuante per l’onestà intellettuale. Virtù propria di Mordente, ma non solo. Sarà un caso che da quel momento, credo si fosse alla vigilia della gara con Israele, il fighter ha perso il posto della nazionale diretta dal coach cresciuto all’ombra del Mangia. Anzi, pensandoci bene, adesso sarà bene fare uno studio statistico sui minuti di utilizzo prima e dopo questa intervista controccorrente.
Insomma, la guerra fredda avrebbe già fatta la prima vittima, adesso si devono solo definire meglio gli schieramenti, compresi quelli della stampa, chi è contro e chi è favorevole e per quali motivi. Aspettiamoci magari – per analogia a quanto succede – anche qualche dossier.
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