SIENA. Il Maligno s’è infilato anche nel basket? Messe nere, puntaspilli, incenso nello spogliatoio prima della gara? Beh, non facciamo ridere, un mio collega – che ritengo preparato come pochi e ineccepibile dal punto di vista professionale e dei rapporti – mi rimprovera spesso senza… malignità di aver sempre coltivato amicizie sbagliate nel basket, con tanto di effetto-boomerang. E mi fa anche nomi e cognomi. Alla fine avverto lo stesso disagio di colui che dall’amico viene a sapere della moglie fedifraga. Ci rimango male, sono disorientato, alla fine seguo il mio karma che si è ripresentato un anno fa quando un grandissimo personaggio quale il professor Franco Chimenti mi chiese di essere al suo fianco, professionalmente, per la corsa al CONI. “Lei è uno che non le manda a dire a nessuno, l’ho sentito dire anche ai piani alti del Corriere della Sera”, questa la sua premessa. Aveva bisogno di un contrappeso alle sue tesi, e naturalmente un esperto di politica sportiva e comunicazione, una figura libera e trasparente. Gianni Petrucci non l’ha presa bene questa mia collaborazione, ho perso (spero di no) un vecchio amico, ma posso certificare che il professor Chimenti non ha mai corso sotto traccia, inficiato il principio di lealtà: niente giochi e giochini, solo un’aperta volontà di tentare di cambiare metodo, come spiegato al diretto interessato.
Petrucci è solo il lucchetto di potere blindato; ho scritto mille volte che avrebbero dovuto creare un Ministero dello Sport e nominarlo ministro, così avrebbe avuto “de jure” i finanziamenti necessari senza dover fare ogni volta il giro delle Sette Chiese. come si dice a Roma. Disprezzassi Petrucci avrei scritto cose turpi, non credete? E non avrei mai avuto una chiamata tecnica per una legittima e degna corsa al CONI da parte di un preside della Sapienza e uno dei massimi esperti di chimica farmaceutica. E un ottimo dirigente sportivo, vedi i risultati del golf. Corsa che, in ogni caso, è finita con 24 voti contrari. E’ stata la prima vera opposizione “saecola secolorum“ del Tempio dello Sport, fortunatamente non materializzatasi. Certe opposizioni fintamente oltranziste, si sa, non piacciono nemmeno agli adepti…
Tornando al mio amico, se faccio una classifica con 10 possibili nipotini di Bruto, riconosco che il boomerang mi è sempre tornato sul capo, e magari con qualche impiccio che posso solo definire sconcertante, fondato su teoremi proprio risibili che irriterebbero una qualsiasi corte britannica.
Ho giustificato persino Ettore Messina che voleva avere soddisfazione in aula invece che sul parquet. Sapevo che lui e Scariolo andavano in giro a dire che bisognava liberarsi di un gruppo di giornalisti ingombranti, reclutavano adepti fra i giovani colleghi (miei e loro..) per una rivolta generazionale i cui risultati sono lì da vedere. Gli ho detto, Ettore ti rispetto perché hai bisogno, per dimostrare di essere il numero uno, di spazzare via la critica, buona fortuna. Ahi! ahi! la sindrome di Stoccolma… Dopo qualche tempo un alto dirigente dell’ABI mi aveva chiesto di segnalargli un coach per una consulenza di marketing, gli segnalai Ettore, poi non se ne fece nulla. Non mi sono mai dato del cretino.
Una mia collega mi ripete spesso che per ogni favore devi aspettarti una mancata riconoscenza moltiplicata per 10, l’ingratitudine fa parte del gioco della vita, non sono contento, ma dovrei fare il balilla? A me piace la storia, ma ancor più il futuro e quando parlo di storia, da appassionato studioso, dico che è tutta un’ipocrisia. Vedi come i piemontardi hanno trattato il mio amato Garibaldi, e – permettetemi l’inciso – vogliamo parlare della stessa Sinalunga, centro nevralgico della Toscana delle società operaie di cui il generale era il presidente?
La cittadina di Rosy Bindi permise che il generale venisse arrestato quando l’indomani doveva raggiungere Orvieto dove aveva ammassato le truppe per prendere Roma (“O Roma o morte!”). Da due giorni c’erano agenti del governo con tanto di mantella, vuoi che li avessero notati in un borgo di 2800 anime? Nessuno lo avvertì del pericolo e, dopo un cenone grottesco in suo onore (ostile alla sua proverbiale morigeratezza in quanto da vero cenobita non beveva alcool), alle 5 di mattina i carabinieri fecero irruzione nell’abitazione della famiglia che lo ospitava. La storia, signori, viene scritta dai vincitori, anche nel basket. C’est la vie…
Se mi lamentassi di questa condizione di voce fuori dal coro (non voce nel deserto, gli Evangelisti si occupavano di cose più serie), mi darei la patente dello sfigato. Non ho piantato l’albero delle mie convinzioni, e non ne godo i frutti, ho studiato e conosciuto e forse ne so molto di più – e soprattutto ho interessi diversi! – di quanti sbandierano ricette alchemiche. Le stesse che hanno prodotto un basket non felice e perdente e vogliono Dino Meneghin come uomo-marketing.
Alla fine, devo però pensare che il mio amico potrebbe avere ragione su questa storia del Maligno, come mi è capitato di leggere casualmente a pagina 84 “Il libro d’oro della fortuna”(erditore Il Mulino, Novara), acquistato per un amico che ama la cabala.
“Conosciamo persone – così inizia il capitolo intitolato “La Bellezza del Diavolo”, pag. 84 – che si comportano in modo da ispirare fiducia, se non simpatia. Queste persone si interessano a noi, ci cercano con assiduità, fino a convincerci che si tratti di una personalità forte che dobbiamo ringraziare per il piacere che ci dona il frequentarla. Tuttavia attraverso minime, talvolta impercettibili, avvisaglie avvertiamo come piccoli lampi un senso di pericolo. Ma siamo sempre affascinati da costoro, fino al giorno in cui apparirà in tutta la sua brutale evidenza l’errore di valutazione da noi commesso”.
“In realtà – sospetta l’autore – costoro si servono di noi, ci sfruttano con il sorriso sulle labbra, dimostrano un disprezzo tale che si manifesta nella loro certezza che quello che a noi è apparso come un sopruso verrà cancellato dalla loro volontà. Ne sono certi e la loro azione è ripetitiva: si comporteranno in questo modo con chiunque. Tutto quanto ci capiterà nel periodo della loro frequentazione non si risolverà in alcunché, ogni nostra iniziativa verrà soffocata inspiegabilmente ed essi tenteranno di convincerci che quel poco che riusciamo a fare lo dobbiamo a loro e che senza di loro possiamo ben poco. Imbattersi in individui di tal fatta può quindi considerarsi una bella sfortuna a tutti gli effetti”.
"Molte persone – questa la sorte della vittima del Maligno – hanno vissuto all’ombra di personalità forti che diabolicamente hanno annullato quella del loro adepto, che inconsapevole ha vissuto una vita mediocre senza mai un colpo di fortuna, perché questa è stata vampirizzata dall’altro. Se vi trovate in una circostanza analoga scappate il più lontano possibile da questo genere di individuo. Non dategli spiegazioni perché potrebbe essere capace di ribaltare la situazione e di farvi ripiombare nel grigiore. Se all’inizio vi ha lusingati, ha posto in atto quello che potrebbe definirsi la “bellezza del diavolo”. Si tratta di una fascinazione eseguita con modalità confortanti, un ignobile trucco per fermare o impossessarsi della vostra fortuna, se non di peggio”.
Siccome questa rubrica non sarebbe sapida senza l’ironia abbinata ai fatti, devo dare atto alla Mps-Mens Sana che nei quattro anni consecutivi di scudetto la media dei punti degli italiani è cresciuta: andando a ritroso il 10,1, 8,8, 6,0, 4,94 per cento. Idem come minuti giocati 14,9, 13, 9,13 e 6,4, medie che però si abbassano paurosamente se pensiamo agli under 21. Lasciamo perdere le cifre, ma ci sono anche quelle, roba da far felice Re Erode. Il caso emblematico è del giovane talentuoso play D’Ercole, 12 punti e 57’ quest’anno contro 20 e ’49 di due anni prima. Ma come, dice uno, a 3 anni di distanza e in una squadra che può vincere anche con una mano legata, per come viene reclamizzato, è ancora al punto di partenza? Mi viene in mente, poveretto, quell’implume che dopo aver vinto alcuni titoli prestato a una società, ha avuto un -3 finale nella valutazione. Taccio il nome per rispetto della persona, per non creargli altri traumi, e perché ci sono tante altre società, forse tutte le stesse 16 di A, che danno questa valenza ai giovani, per cui questa mia nota è oggettiva e non soggettiva… Nulla di personale.
E inoltre…Siccome la mia Amata Siena vince con uno scarto medio di 20 punti su 89,8 di media segnati per gara (il top di sempre nella sua storia), si presume che quei 10,1 punti segnati dagli italiani (Carraretto, Resso, Tombolato, D’Ercole) non siano influenti. Ma questa non è una tesi, offenderei i giocatori italiani che stimo a prescindere, non parliamo di Carraretto chiamato a 33 anni in nazionale, Ress e soprattutto Marconato. Queste non sono malignità, sono dati di fatto. Del resto, questo mercato fa felice Re Erode, il Sol dell’Avvenire sono gli ultratrentenni. I grandi colpi italiani sono rispettivamente: Denis Marconato (35 anni, due anni di contratto a Cantù), Bulleri (33 anni, da Milano al ritorno come capitano della Benetton), Andrea Michelori (32 anni, da Caserta a Siena), Valerio Amoroso (30 anni, da Teramo a Bologna).
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