di Enrico Campana
SIENA. Stop. La bella notizia che – rimandata a ottobre – l’Italia passerà (con altre 7 squadre) col voto di consiglio agli europei 2011 di Kaunas (quindi a 24 squadre come i mondiali), ha mandato all’aria un mio divertente progetto editoriale. Per cui è d’obbligo parlare dell’importante operazione di Dino Meneghin, che non riguarda l’ingresso (il 12 settembre) nella Hall of Fame europea, dove è entrato per primo Pierluigi Marzorati, l’ingegnere del basket che la Lombardia (la balena bianca del movimento con gli oltre 20 mila voti), vorrebbe tuttavia al posto di Superdino sulla poltrona di presidente o magari in futuro su quella del CONI che però dopo Londra ha una successione bloccatissima. Quella di Lello Pagnozzi attuale segretario di lungo corso nel segno della continuità della madre di tutte le Federazioni, benedetta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, la figura che ha sostenuto sempre Gianni Petrucci. Sia per stima reciproca, carattere e affinità vedono l’arte del comando, anche se i due Gianni vengono da culture profondamente diverse. Gianni Petrucci, nome che per i senesi ricorda la famosa tirannia nell' epoca fra il Buon Governo e la caduta della Repubblica (parliamo dell’anno domini 1533), viene dal sindacato CONI, Letta dal giornalismo, direttore del Tempo della famiglia Angiolillo col suo potente salotto.
Tornando a Superdino, doveva essere l’uomo della pallacanestro, del campo, un traslato del passaggio dal campo al front-office garantito ai grandi campioni slavi e americani più rappresentativi, si è visto che il monumento nazionale aveva invece una sorta di “doppio fondo”. Si era trasformato in un professionista del marketing grazie alla scuola milanese. Nella grande Milano, del resto, se sei qualcuno puoi continuare a esserlo solo se sai fare affari, e lui ha aperto da anni un’attività redditizia, colpa anche di un basket che non si era comportato benissimo, tanto da apparire sprecato nel ruolo di Team Manager, una sorta di uomo immagine. Ho sempre detto, ma a che serve Meneghin che agita l’asciugamani e incita i compagni? E il suo momento è venuto, anche se con passaggi delicatissimi, un commissariamento della Federbasket dal quale è diventato presidente. Battuto dagli spagnoli alla sua prima uscita ufficiale, la corsa al mondiale, ha fatto il suo primo colpo a Istanbul, da uomo di marketing. Si è mosso bene fra le lobbies di potere della Fiba grazie anche al credito che il basket “petrucciano” può contare nella compagine di Governo, da quando nel dopo-Maifredi l’advisor della Federazione è un noto manager del sistema bancario vicinissimo al premier Berlusconi.
Si sapeva, era nell’aria la possibilità di un allargamento degli europei da 16 a 24 squadre, c’è stata però una brusca accelerata. Sulle prime i giornali hanno scritto di un’azione congiunta Spagna-Italia facendo capire che Meneghin si stava muovendo bene, hanno paventato un no deciso della Lituana, il paese ospitante, a questa apertura e poi, oplà, è stata proprio la Lituania a farsi carico di questo passo E’ chiaro che il cambio di posizione netto di 180 gradi, può essere determinato, facciamo un’ipotesi, da un ricco contratto Tv o investimenti nella piccola nazione del basket, che in questo modo dovrà rinunciare magari alla sua splendida e invidiabile autarchia, vedi i successi e la produzione di giocatori e la bella immagine che offre di se il paese che ha dato a questo sport il principe Arvidas Sabonis, Marciulonis, Kurtinais e che l’anno prossimo avrà un n. 1 uno nei draft NBA, Jonas Valanciunas, MVP dell’oro europeo juniores.
Questo improvviso ritorno al futuro contiene tuttavia non pochi rischi, come quello, ad esempio, di togliere le castagne dal fuoco ai giocatori e allo staff, alleggerendoli troppo magari da una presa delle proprie responsabilità sulla mancata qualificazione, un bagno di umiltà salutare. Perché se sei terzo non sei primo, parafrasando Monsieur De Lapalisse, del quale si diceva che 5 minuti prima di morire era ancora vivo. Questo gruppo non deve dare niente di scontato, perché se l’operazione ha avuto un costo, poi in campo ci vanno i giocatori e il loro allenatore e tutto il management.
Avevo dunque progettato di raccogliere un materiale comprendente tutte le dichiarazioni di Simone Pianigiani rilasciate alla stampa (conferenze, intronazioni, comunicati stampa ufficiali, etc) dal giorno del suo incarico per uscire con un istant-book dal titolo “La solitudine dei terzi classificati”, parodiando ovviamente per via della classifica (bugiarda? reale? legata a certi fatti in Montenegro, come da accusa di Pianigiani nel comunicato stampa ufficiale) il risultato delle qualificazioni europee. Ovvero: la sua prima esperienza fuori da Porta Camollia. Mi pareva interessante comparare l’esperienza di Supersimo col protagonista del fortunato romanzo “La solitudine dei numeri primi” dal quale sta uscendo un film diretto da Costanzo junior che dicono sbancherà i botteghini, quando più dell’interessante pamphlet potè la ragion di Stato.
Per cui non posso che rinnovare i complimenti alla Federazione che dopo un anno orribile getta le premesse per rientrare nel giro, anche se era meglio rientrarci subito, sul campo, in quanto le operazioni di lobbies spesso hanno dei costi, o possibili "do ut des" dei quale peraltro non sono al corrente e francamente la cosa poco mi interessa. Sento dire in giro che la gestione del basket, letto anche un esposto, quindi una verifica da “buon cronista” del chiacchiericcio, sarebbe sotto la lente d’ingrandimento del Procuratore Capo della Corte dei Conti. Piano però, eventuali esposti non significano irregolarità o dossier aggi ma necessità richieste di chiarezza sulle prassi in merito all’aggiudicazione di servizi e consulenze, e possibili conflitti di interessi. Storie che sono all’ordine del giorno anche in politica. In ogni caso lo spazio a mia disposizione è stato già tutto speso e rimando l’analisi sulla gestione azzurra di Pianigiani che impone a lui, alla sua società e alla Federazione una profonda riflessione sulla strada da prendere. Perché il Pianigiani azzurro non è un perdente, ma nemmeno più un vincente, e la formula del part-time non è una scommessa vinta, e comporta vincoli al preferito di turno. Un anno è il giusto tempo per il part-time che significa doppio stipendio per noi come per la Spagna o la Russia, non un incarico di rappresentanza e prestigio come per gli americani. Due anni credo potrebbero essere troppi e creare equivoci e tensioni già latenti.
Potessi dare un consiglio a Pianigiani, gli consiglierei di chiudere con chiarezza con Siena fin d’ora ma rimanendo fino al termine della stagione e mettersi poi alla prova come coach a tempo pieno. Ne ha i titoli, le stimmate, adesso anche l’esperienza ma deve tagliare il cordone ombelicale. E del resto Siena ha già rinnovato il contratto a Luca Banchi per tre anni, e questa potrebbe essere forse una saggia indicazione da parte della società.
SIENA. Stop. La bella notizia che – rimandata a ottobre – l’Italia passerà (con altre 7 squadre) col voto di consiglio agli europei 2011 di Kaunas (quindi a 24 squadre come i mondiali), ha mandato all’aria un mio divertente progetto editoriale. Per cui è d’obbligo parlare dell’importante operazione di Dino Meneghin, che non riguarda l’ingresso (il 12 settembre) nella Hall of Fame europea, dove è entrato per primo Pierluigi Marzorati, l’ingegnere del basket che la Lombardia (la balena bianca del movimento con gli oltre 20 mila voti), vorrebbe tuttavia al posto di Superdino sulla poltrona di presidente o magari in futuro su quella del CONI che però dopo Londra ha una successione bloccatissima. Quella di Lello Pagnozzi attuale segretario di lungo corso nel segno della continuità della madre di tutte le Federazioni, benedetta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, la figura che ha sostenuto sempre Gianni Petrucci. Sia per stima reciproca, carattere e affinità vedono l’arte del comando, anche se i due Gianni vengono da culture profondamente diverse. Gianni Petrucci, nome che per i senesi ricorda la famosa tirannia nell' epoca fra il Buon Governo e la caduta della Repubblica (parliamo dell’anno domini 1533), viene dal sindacato CONI, Letta dal giornalismo, direttore del Tempo della famiglia Angiolillo col suo potente salotto.
Tornando a Superdino, doveva essere l’uomo della pallacanestro, del campo, un traslato del passaggio dal campo al front-office garantito ai grandi campioni slavi e americani più rappresentativi, si è visto che il monumento nazionale aveva invece una sorta di “doppio fondo”. Si era trasformato in un professionista del marketing grazie alla scuola milanese. Nella grande Milano, del resto, se sei qualcuno puoi continuare a esserlo solo se sai fare affari, e lui ha aperto da anni un’attività redditizia, colpa anche di un basket che non si era comportato benissimo, tanto da apparire sprecato nel ruolo di Team Manager, una sorta di uomo immagine. Ho sempre detto, ma a che serve Meneghin che agita l’asciugamani e incita i compagni? E il suo momento è venuto, anche se con passaggi delicatissimi, un commissariamento della Federbasket dal quale è diventato presidente. Battuto dagli spagnoli alla sua prima uscita ufficiale, la corsa al mondiale, ha fatto il suo primo colpo a Istanbul, da uomo di marketing. Si è mosso bene fra le lobbies di potere della Fiba grazie anche al credito che il basket “petrucciano” può contare nella compagine di Governo, da quando nel dopo-Maifredi l’advisor della Federazione è un noto manager del sistema bancario vicinissimo al premier Berlusconi.
Si sapeva, era nell’aria la possibilità di un allargamento degli europei da 16 a 24 squadre, c’è stata però una brusca accelerata. Sulle prime i giornali hanno scritto di un’azione congiunta Spagna-Italia facendo capire che Meneghin si stava muovendo bene, hanno paventato un no deciso della Lituana, il paese ospitante, a questa apertura e poi, oplà, è stata proprio la Lituania a farsi carico di questo passo E’ chiaro che il cambio di posizione netto di 180 gradi, può essere determinato, facciamo un’ipotesi, da un ricco contratto Tv o investimenti nella piccola nazione del basket, che in questo modo dovrà rinunciare magari alla sua splendida e invidiabile autarchia, vedi i successi e la produzione di giocatori e la bella immagine che offre di se il paese che ha dato a questo sport il principe Arvidas Sabonis, Marciulonis, Kurtinais e che l’anno prossimo avrà un n. 1 uno nei draft NBA, Jonas Valanciunas, MVP dell’oro europeo juniores.
Questo improvviso ritorno al futuro contiene tuttavia non pochi rischi, come quello, ad esempio, di togliere le castagne dal fuoco ai giocatori e allo staff, alleggerendoli troppo magari da una presa delle proprie responsabilità sulla mancata qualificazione, un bagno di umiltà salutare. Perché se sei terzo non sei primo, parafrasando Monsieur De Lapalisse, del quale si diceva che 5 minuti prima di morire era ancora vivo. Questo gruppo non deve dare niente di scontato, perché se l’operazione ha avuto un costo, poi in campo ci vanno i giocatori e il loro allenatore e tutto il management.
Avevo dunque progettato di raccogliere un materiale comprendente tutte le dichiarazioni di Simone Pianigiani rilasciate alla stampa (conferenze, intronazioni, comunicati stampa ufficiali, etc) dal giorno del suo incarico per uscire con un istant-book dal titolo “La solitudine dei terzi classificati”, parodiando ovviamente per via della classifica (bugiarda? reale? legata a certi fatti in Montenegro, come da accusa di Pianigiani nel comunicato stampa ufficiale) il risultato delle qualificazioni europee. Ovvero: la sua prima esperienza fuori da Porta Camollia. Mi pareva interessante comparare l’esperienza di Supersimo col protagonista del fortunato romanzo “La solitudine dei numeri primi” dal quale sta uscendo un film diretto da Costanzo junior che dicono sbancherà i botteghini, quando più dell’interessante pamphlet potè la ragion di Stato.
Per cui non posso che rinnovare i complimenti alla Federazione che dopo un anno orribile getta le premesse per rientrare nel giro, anche se era meglio rientrarci subito, sul campo, in quanto le operazioni di lobbies spesso hanno dei costi, o possibili "do ut des" dei quale peraltro non sono al corrente e francamente la cosa poco mi interessa. Sento dire in giro che la gestione del basket, letto anche un esposto, quindi una verifica da “buon cronista” del chiacchiericcio, sarebbe sotto la lente d’ingrandimento del Procuratore Capo della Corte dei Conti. Piano però, eventuali esposti non significano irregolarità o dossier aggi ma necessità richieste di chiarezza sulle prassi in merito all’aggiudicazione di servizi e consulenze, e possibili conflitti di interessi. Storie che sono all’ordine del giorno anche in politica. In ogni caso lo spazio a mia disposizione è stato già tutto speso e rimando l’analisi sulla gestione azzurra di Pianigiani che impone a lui, alla sua società e alla Federazione una profonda riflessione sulla strada da prendere. Perché il Pianigiani azzurro non è un perdente, ma nemmeno più un vincente, e la formula del part-time non è una scommessa vinta, e comporta vincoli al preferito di turno. Un anno è il giusto tempo per il part-time che significa doppio stipendio per noi come per la Spagna o la Russia, non un incarico di rappresentanza e prestigio come per gli americani. Due anni credo potrebbero essere troppi e creare equivoci e tensioni già latenti.
Potessi dare un consiglio a Pianigiani, gli consiglierei di chiudere con chiarezza con Siena fin d’ora ma rimanendo fino al termine della stagione e mettersi poi alla prova come coach a tempo pieno. Ne ha i titoli, le stimmate, adesso anche l’esperienza ma deve tagliare il cordone ombelicale. E del resto Siena ha già rinnovato il contratto a Luca Banchi per tre anni, e questa potrebbe essere forse una saggia indicazione da parte della società.