di Enrico Campana
SIENA. Nel basket-caos ci vorrebbe forse un grande arbitro, come Francesco Grotti. Cerchiamo dunque il fischietto protagonista assieme a Zeppilli della “famosa” gara fra Livorno e Milano, quella del canestro annullato da Forti, un fischio da antologia della coppia abruzzese come dimostrarono i filmati, fondamentale per spegnere le furiose polemiche suscitate da quel risultato.
Per molti – con questo Meneghin pieno di entusiasmo e buona volontà ma inesperto per gestire di punto in bianco la complessa macchina burocratica della Fip – sarebbe l’uomo giusto per tenere il timone, ridare priorità alla gestione federale che i club di A tenterebbero nuovamente di inghiottire (e si riparla di una trasmigrazione dell’attuale presidente di Lega).
Il curriculum di Grotti è di spessore. Fra i molti incarichi di questo giovanilissimo manager di 66 anni, spiccano quelli in Autostrade e nella Torino-Savona, rappresentante del sindacato settore autostrade, consulente Commissione Lavori Pubbici e comunicazioni del Senato, cavaliere della Repubblica e onorificenza al merito sportivo e, oltre a 250 gare di Serie A, è consigliere dell’Associazione Arbitri, membro della Procura Federale della Fip e sostituto procuratore. Inoltre dal 2001 al 2009 componente della Corte Federale. Conosce quindi il basket, i regolamenti, le dinamiche sportive e sociali, le persone.
L’abbiamo rintracciato a Roma, in una pausa della sua consulenza per il Semato, per fare una chiacchierata partendo dal “caso” del giorno del campionato gestito, per quanto riguarda gli arbitri, ancora da un commissario (Vittorio Smiroldo), a conferma che continua la stagione dei veleni per la riottosità di alcuni fischietti di punta e relativi apparati i gestione, riguardanti la Serie A.
Il caso in questione riguarda la riunione tenutasi in occasione della Supercoppa il 10 ottobre a Siena, nel corso della quale – smessi i rispettivi ruoli tecnici di arbitri e commissari – un gruppetto di figure di spicco integrato da un paio di consiglieri, protagonisti nella mozione di sfiducia all’ex presidente CIA (Luciano Tola), avrebbe deciso di appoggiare per la presidenza Tiziano Zancanella, ex arbitro, presente alla riunione avvenuta in un ristorante senese. Per questo l’abbiamo chiamato “il patto del picio”, tipico piatto locale. Morale della favola, a fine ottobre il commissario deve indire le elezioni per il presidente del CIA e, quale arbitro, si metterebbe contro i capi della propria Associazione (Aiap), ormai ipersindacalizzata, il potente designatore di Legabasket, confermato per altri due anni, e il commissario con maggiori poteri di giudizio, a meno di avere la carriera stroncata? E si tratta di un blocco di potere, pesante, che avrebbe ricadute di ogni genere, complesse, anche sul gioco e sul verdetto delle gare mentre – non dimentichiamolo – si sta già aspettando da un anno e mezzo l’inizio del Processo di Arbitropoli con ben 41 rinvii a giudizio con pesanti imputazioni.
Grotti, cosa pensa del “patto del picio”?
“Se s’intende l’autoconvocazione in occasione della Supercoppa fra Mps-Virtus con Sabetta, Paternicò, Colucci, Zancanella ed un ex consigliere del CIA “golpista” per trovare un accordo sul futuro presidente del CIA, a caldo rispondo che: punto primo, gli arbitri sono liberi di incontrarsi dove e quando vogliono, ovviamente escluso in assoluto i luoghi e i momenti dove dovrebbero svolgere le loro prestazioni arbitrali; punto secondo, se Zancanella era presente, come risulta, ha perso una buona occasione per starsene a casa”.
Possiamo approfondire?
“Punto primo: la scelta di discutere questo argomento è stata infelice, e il luogo non strategico. Punto secondo: non vi è chi non veda bene che, con la sua presenza a Siena, Zancanella ha accettato di essere ostaggio di quelli che l’hanno convocato e proposto”.
Infatti è tutto molto strano, sa di cosa fatta in famiglia: Zancanella è solo uno dei nomi iscritti nella lista dei candidati alla presidenza del Comitato Italiano Arbitri.
“Fosse vero, tutto ciò sarebbe molto offensivo nei confronti di tutta la categoria arbitrale, che non comprende solo gli arbitri di A, e si troverebbe di fronte a una elezione forzosa. L’argomento va sviluppato però nella sua genesi”.
Ovvero come si è arrivati a questa designazione della terna o magari addirittura all’autodesignazione…
“La domanda che mi pongo è questa: la designazione dei tre arbitri della gara è stata decisiva per mettere in piedi questa riunione? Se è sì, sarebbe gravissimo, conoscendo l’onestà intellettuale dei designatori, Colucci e Paronelli”.
Un patto extrasportivo del genere nel calcio porterebbe all’immediato deferimento e a un’inchiesta.
“Amici cari, questo è un problema della Federazione se pensa di essere ostaggio degli arbitri, non certamente mio”.
Si potrà sempre dire che sono stati designati gli arbitri migliori…
“In effetti parlando con Rino Colucci di una questione arbitrale nella sua ampiezza che necessita di un cambiamento di metodo per favorire l’ingresso degli arbitri giovani in A con la collaborazione degli arbitri anziani, i tutor, come si è sempre fatto, il designatore della A-1 mi ha detto che Sabetta e Partenicò sono fra i primi 5 arbitri italiani, da qui la designazione per la Supercoppa. Questo rispondendo a una mia precisa osservazione sull’inopportunità di questa designazione. Un arbitro deve andare in campo con la testa libera; riunitevi ma almeno in un altro posto”.
Vale a dire?
“Io non li avrei mai designati, alcune rinunce di gara sono in un certo senso obbligate, soprattutto per quanto riguarda dirigenti sindacali. Nella fattispecie, la scelta è caduta sul presidente e un consigliere dell’associazione degli arbitri…”.
Magnifica occasione persa dunque per inserire arbitri in crescita, no?
“Sì, ho aggiunto che ragionando così, quelli che in graduatoria non sono fra i primi 5 mai vi potranno entrare, invece bisogna garantire l’opportunità a chi merita e poi fare le comparazione”.
Esiste una casta con arbitri intoccabili?
“Se esiste, va aperta in funzione di mettere tutti in competizione”.
Come se ne esce?
“La Federazione deve abolire la data delle elezioni (prevista entro il 31 ottobre, nda) e andare avanti col Commissario. Questo per riscrivere le regole nell’interesse di tutti, della Federazione, delle società, degli arbitri, non di pochi. Evitando così che si possa arbitrare fino a 60 anni, per tornare ai 50 come età pensionabile. Nell’ambito delle nuove regole il limite d’età è in funzione di consentire a tutti gli arbitri italiani di diventare arbitri internazionali”.
Altrimenti?
“Altrimenti da qui a breve, massimo 4 anni, l’Italia non avrà più arbitri internazionali. Riscritta la regola, dunque a chi tocca non s’ingrugna…”.
Forse è questione di soldi, il gettone per la A-1 è di 1000 euro, quello per le coppe di 1500 euro, e poi l’indotto, diventi un personaggio, esci dalla piccola anonima borghesia, vai in Tv, il nome sui giornali, godi del privilegio del doppio stipendio, e il secondo magari è più allettante e sicuro del primo. Non è così?
“Oggi purtroppo l’avidità regna sovrana. A 1000 euro nessuno rinuncia. Questo il punto dolente. Penso a quando il Sindacato, quello con la esse maiuscola, scambiava il salario con l’orario di lavoro, con conseguenza di salari alti e nessuna assunzione. Qui succede è la stessa cosa”.
Ma l’Aiap, come dice la sua stessa etichetta, dovrebbe essere solo un’associazione e non un sindacato.
“Il 2 febbraio del ’74 il Consiglio Federale riconobbe, con la delibera 212, l’Associazione Arbitri Italiani, non credo abbia mai riconosciuto un sindacato che rivendica concertazione e cogestione. E’ un’offesa per chi fondò la Fondazione con criteri neutrali, penso a Vitolo, Martolini, Ardito e a tutti quelli che teorizzavano una gestione migliore degli arbitri, però a favore di tutti. Si trattava di interessi e aspirazioni comuni, di pari dignità, non come oggi per cui l’atteggiamento è “O fai così, o facciamo sciopero”.
Non ha paura di farsi dei nemici fra gli ex-colleghi, fra coloro che hanno eletto Luciano Tola e l’hanno subito sfiduciato come presidente perché osò fermare per un turno quegli arbitri di A pizzicati dalla Procura di Reggio Calabria a raccomandare dei colleghi?
“Il basket è lo sport più bello del mondo, gestito da persone intelligenti. Gli arbitri sono un gradino sopra, gli si chiede di essere tali. Sono certo che la maggioranza la pensa come me. Anche quelli che per la carta d’identità dovranno rinunciare ai 1000 euro del gettone. Cosa vi dico?.Amici, c’è polpa per tutti. Se restate nel movimento potete fare gli istruttori”.
Tempo fa si fece il suo nome quale commissario degli arbitri, ancor prima che la scelta cadesse su Vittorio Smiroldo lei dichiarò: “no, grazie, semmai commissario della Fip!…”. Un siluro per Meneghin? Poi si è saputo che vi siete incontrati e chiariti, è così?
“Sì, con l’intervento di Gianni Petrucci ci siamo incontrati a carattere personale, due ore e mezzo di colloquio su tutte le questioni. Noi due soli e nessun altro, una cosa positiva. Fra i vari argomenti, mi sono sentito di dare tre consigli: 1) l’istituzione di un gruppo di lavoro, di un controllo su tutti i centri di costo, anche per realizzare economie di scala e fare in modo che molte risorse non vadano disperse, 2) il problema arbitrale, come affrontato ampiamente in questa intervista sul Cittadinoonline.it, 3) La modalità della compilazione delle Liste Arbitrali del campionato di questa stagione, ovvero quel che mi sembra la concezione distorta della democrazia. Come i tra cannibali che mangiano un bianco a vanto della democrazia…”
Meneghin sembra Gulliver incatenato dai lillipuziani, deve inghiottire rospi amari . L’ultimo la rinuncia all’organizzazione degli europei 2013, è così?
“Ho trovato l’uomo preoccupato, l’impegno di gestire una Federazione è gravoso e non solo, non è facile far funzionare i Comitati Regionali. Ma Dino a mio avviso è un uomo positivo che deve essere aiutato affinchè riesca negli obiettivi. E non è escluso che, nell’intento di dargli mille e una mano, si possa pensare a porre il problema convocando gli Stati Generali del basket”.
SIENA. Nel basket-caos ci vorrebbe forse un grande arbitro, come Francesco Grotti. Cerchiamo dunque il fischietto protagonista assieme a Zeppilli della “famosa” gara fra Livorno e Milano, quella del canestro annullato da Forti, un fischio da antologia della coppia abruzzese come dimostrarono i filmati, fondamentale per spegnere le furiose polemiche suscitate da quel risultato.
Per molti – con questo Meneghin pieno di entusiasmo e buona volontà ma inesperto per gestire di punto in bianco la complessa macchina burocratica della Fip – sarebbe l’uomo giusto per tenere il timone, ridare priorità alla gestione federale che i club di A tenterebbero nuovamente di inghiottire (e si riparla di una trasmigrazione dell’attuale presidente di Lega).
Il curriculum di Grotti è di spessore. Fra i molti incarichi di questo giovanilissimo manager di 66 anni, spiccano quelli in Autostrade e nella Torino-Savona, rappresentante del sindacato settore autostrade, consulente Commissione Lavori Pubbici e comunicazioni del Senato, cavaliere della Repubblica e onorificenza al merito sportivo e, oltre a 250 gare di Serie A, è consigliere dell’Associazione Arbitri, membro della Procura Federale della Fip e sostituto procuratore. Inoltre dal 2001 al 2009 componente della Corte Federale. Conosce quindi il basket, i regolamenti, le dinamiche sportive e sociali, le persone.
L’abbiamo rintracciato a Roma, in una pausa della sua consulenza per il Semato, per fare una chiacchierata partendo dal “caso” del giorno del campionato gestito, per quanto riguarda gli arbitri, ancora da un commissario (Vittorio Smiroldo), a conferma che continua la stagione dei veleni per la riottosità di alcuni fischietti di punta e relativi apparati i gestione, riguardanti la Serie A.
Il caso in questione riguarda la riunione tenutasi in occasione della Supercoppa il 10 ottobre a Siena, nel corso della quale – smessi i rispettivi ruoli tecnici di arbitri e commissari – un gruppetto di figure di spicco integrato da un paio di consiglieri, protagonisti nella mozione di sfiducia all’ex presidente CIA (Luciano Tola), avrebbe deciso di appoggiare per la presidenza Tiziano Zancanella, ex arbitro, presente alla riunione avvenuta in un ristorante senese. Per questo l’abbiamo chiamato “il patto del picio”, tipico piatto locale. Morale della favola, a fine ottobre il commissario deve indire le elezioni per il presidente del CIA e, quale arbitro, si metterebbe contro i capi della propria Associazione (Aiap), ormai ipersindacalizzata, il potente designatore di Legabasket, confermato per altri due anni, e il commissario con maggiori poteri di giudizio, a meno di avere la carriera stroncata? E si tratta di un blocco di potere, pesante, che avrebbe ricadute di ogni genere, complesse, anche sul gioco e sul verdetto delle gare mentre – non dimentichiamolo – si sta già aspettando da un anno e mezzo l’inizio del Processo di Arbitropoli con ben 41 rinvii a giudizio con pesanti imputazioni.
Grotti, cosa pensa del “patto del picio”?
“Se s’intende l’autoconvocazione in occasione della Supercoppa fra Mps-Virtus con Sabetta, Paternicò, Colucci, Zancanella ed un ex consigliere del CIA “golpista” per trovare un accordo sul futuro presidente del CIA, a caldo rispondo che: punto primo, gli arbitri sono liberi di incontrarsi dove e quando vogliono, ovviamente escluso in assoluto i luoghi e i momenti dove dovrebbero svolgere le loro prestazioni arbitrali; punto secondo, se Zancanella era presente, come risulta, ha perso una buona occasione per starsene a casa”.
Possiamo approfondire?
“Punto primo: la scelta di discutere questo argomento è stata infelice, e il luogo non strategico. Punto secondo: non vi è chi non veda bene che, con la sua presenza a Siena, Zancanella ha accettato di essere ostaggio di quelli che l’hanno convocato e proposto”.
Infatti è tutto molto strano, sa di cosa fatta in famiglia: Zancanella è solo uno dei nomi iscritti nella lista dei candidati alla presidenza del Comitato Italiano Arbitri.
“Fosse vero, tutto ciò sarebbe molto offensivo nei confronti di tutta la categoria arbitrale, che non comprende solo gli arbitri di A, e si troverebbe di fronte a una elezione forzosa. L’argomento va sviluppato però nella sua genesi”.
Ovvero come si è arrivati a questa designazione della terna o magari addirittura all’autodesignazione…
“La domanda che mi pongo è questa: la designazione dei tre arbitri della gara è stata decisiva per mettere in piedi questa riunione? Se è sì, sarebbe gravissimo, conoscendo l’onestà intellettuale dei designatori, Colucci e Paronelli”.
Un patto extrasportivo del genere nel calcio porterebbe all’immediato deferimento e a un’inchiesta.
“Amici cari, questo è un problema della Federazione se pensa di essere ostaggio degli arbitri, non certamente mio”.
Si potrà sempre dire che sono stati designati gli arbitri migliori…
“In effetti parlando con Rino Colucci di una questione arbitrale nella sua ampiezza che necessita di un cambiamento di metodo per favorire l’ingresso degli arbitri giovani in A con la collaborazione degli arbitri anziani, i tutor, come si è sempre fatto, il designatore della A-1 mi ha detto che Sabetta e Partenicò sono fra i primi 5 arbitri italiani, da qui la designazione per la Supercoppa. Questo rispondendo a una mia precisa osservazione sull’inopportunità di questa designazione. Un arbitro deve andare in campo con la testa libera; riunitevi ma almeno in un altro posto”.
Vale a dire?
“Io non li avrei mai designati, alcune rinunce di gara sono in un certo senso obbligate, soprattutto per quanto riguarda dirigenti sindacali. Nella fattispecie, la scelta è caduta sul presidente e un consigliere dell’associazione degli arbitri…”.
Magnifica occasione persa dunque per inserire arbitri in crescita, no?
“Sì, ho aggiunto che ragionando così, quelli che in graduatoria non sono fra i primi 5 mai vi potranno entrare, invece bisogna garantire l’opportunità a chi merita e poi fare le comparazione”.
Esiste una casta con arbitri intoccabili?
“Se esiste, va aperta in funzione di mettere tutti in competizione”.
Come se ne esce?
“La Federazione deve abolire la data delle elezioni (prevista entro il 31 ottobre, nda) e andare avanti col Commissario. Questo per riscrivere le regole nell’interesse di tutti, della Federazione, delle società, degli arbitri, non di pochi. Evitando così che si possa arbitrare fino a 60 anni, per tornare ai 50 come età pensionabile. Nell’ambito delle nuove regole il limite d’età è in funzione di consentire a tutti gli arbitri italiani di diventare arbitri internazionali”.
Altrimenti?
“Altrimenti da qui a breve, massimo 4 anni, l’Italia non avrà più arbitri internazionali. Riscritta la regola, dunque a chi tocca non s’ingrugna…”.
Forse è questione di soldi, il gettone per la A-1 è di 1000 euro, quello per le coppe di 1500 euro, e poi l’indotto, diventi un personaggio, esci dalla piccola anonima borghesia, vai in Tv, il nome sui giornali, godi del privilegio del doppio stipendio, e il secondo magari è più allettante e sicuro del primo. Non è così?
“Oggi purtroppo l’avidità regna sovrana. A 1000 euro nessuno rinuncia. Questo il punto dolente. Penso a quando il Sindacato, quello con la esse maiuscola, scambiava il salario con l’orario di lavoro, con conseguenza di salari alti e nessuna assunzione. Qui succede è la stessa cosa”.
Ma l’Aiap, come dice la sua stessa etichetta, dovrebbe essere solo un’associazione e non un sindacato.
“Il 2 febbraio del ’74 il Consiglio Federale riconobbe, con la delibera 212, l’Associazione Arbitri Italiani, non credo abbia mai riconosciuto un sindacato che rivendica concertazione e cogestione. E’ un’offesa per chi fondò la Fondazione con criteri neutrali, penso a Vitolo, Martolini, Ardito e a tutti quelli che teorizzavano una gestione migliore degli arbitri, però a favore di tutti. Si trattava di interessi e aspirazioni comuni, di pari dignità, non come oggi per cui l’atteggiamento è “O fai così, o facciamo sciopero”.
Non ha paura di farsi dei nemici fra gli ex-colleghi, fra coloro che hanno eletto Luciano Tola e l’hanno subito sfiduciato come presidente perché osò fermare per un turno quegli arbitri di A pizzicati dalla Procura di Reggio Calabria a raccomandare dei colleghi?
“Il basket è lo sport più bello del mondo, gestito da persone intelligenti. Gli arbitri sono un gradino sopra, gli si chiede di essere tali. Sono certo che la maggioranza la pensa come me. Anche quelli che per la carta d’identità dovranno rinunciare ai 1000 euro del gettone. Cosa vi dico?.Amici, c’è polpa per tutti. Se restate nel movimento potete fare gli istruttori”.
Tempo fa si fece il suo nome quale commissario degli arbitri, ancor prima che la scelta cadesse su Vittorio Smiroldo lei dichiarò: “no, grazie, semmai commissario della Fip!…”. Un siluro per Meneghin? Poi si è saputo che vi siete incontrati e chiariti, è così?
“Sì, con l’intervento di Gianni Petrucci ci siamo incontrati a carattere personale, due ore e mezzo di colloquio su tutte le questioni. Noi due soli e nessun altro, una cosa positiva. Fra i vari argomenti, mi sono sentito di dare tre consigli: 1) l’istituzione di un gruppo di lavoro, di un controllo su tutti i centri di costo, anche per realizzare economie di scala e fare in modo che molte risorse non vadano disperse, 2) il problema arbitrale, come affrontato ampiamente in questa intervista sul Cittadinoonline.it, 3) La modalità della compilazione delle Liste Arbitrali del campionato di questa stagione, ovvero quel che mi sembra la concezione distorta della democrazia. Come i tra cannibali che mangiano un bianco a vanto della democrazia…”
Meneghin sembra Gulliver incatenato dai lillipuziani, deve inghiottire rospi amari . L’ultimo la rinuncia all’organizzazione degli europei 2013, è così?
“Ho trovato l’uomo preoccupato, l’impegno di gestire una Federazione è gravoso e non solo, non è facile far funzionare i Comitati Regionali. Ma Dino a mio avviso è un uomo positivo che deve essere aiutato affinchè riesca negli obiettivi. E non è escluso che, nell’intento di dargli mille e una mano, si possa pensare a porre il problema convocando gli Stati Generali del basket”.