di Enrico Campana
SIENA. “Serve l’impresa” è un titolo facile, quasi scontato, per la lunga notte di Tel Aviv, il popolo delle contrade di Siena contro quello della nazione d’acciaio, che riconosce nel suo club di basket il simbolo sportivo del paese, il grimaldello di un’apertura verso l’Europa, ma anche di un sano coraggio sportivo.
Penso all’atmosfera unica che ho gustato molte volte sbarcando al Ben Gurion, all’ospitalità del club dell’avvocato Mizraki, il suo presidentissimo dallo sguardo tranciante, sempre sospettoso, gli stivaletti con le zeppe simili a quelli di Berlusconi per sembrare meno piccolo, rispetto ai suoi giganti coi quali divideva la panchina. Non so se oggi gli è ancora permesso dal regolamento, con la scusa della sicurezza, la panchina sembrava una squadra speciale pronta a saltare su ad ogni canestro. Il sesto uomo. E a proposito di cose speciali, ricordo anche quando prima della gara Moshe Dayan (che ho intervistato per la Gazzetta dello Sport quando lo sport era rigorosamente separato dalla politica e i direttori non concepivano un servizio di questo “taglio”), in tuta mimetica, l’occhio bendato, il famoso generale capo della difesa scendeva sul campo per stringere la mano ai propri giocatori.
Si giocava in un ambiente esplosivo, facile agli eroismi e – grazie al basket – Israele è riuscito a regalarsi spesso anche in periodi di conflitto una sera di sana tregua sportiva, uno sfogo popolare.
Nell’anello di Yad Elihau la gente trepida, esulta, capisce di basket. L’atmosfera è quella di una finale olimpica. Tu, tu giocatore devi rendere conto non all’agente, alla squadra, al coach, ma a un paese, mentre a chi frega del basket questo basket-spaghetti che ha pure avuto la disavventura di scoprire recentemente – ahi, che dolor… – che una parte dl sistema era marcio, con 41 avvisi di garanzia partiti dalla procura di Reggio Calabria fra cui pesa come un macigno l’accusa di associazione per delinquere, e vedere scoperchiato un pentolone di arbitraggi e commissari e designatori pilotati dai capi, di arbitri che “te li raccomando”, una cosa brutta, che resta lì sospesa e si è presa via tutti i sogni di quando credevamo che il basket fosse uno sport diverso, pulito, come ci aveva regalato – udite udite – persino un politico della Prima Repubblica, Gianni de Michelis, scendendo nell’agone e cercando di dare, senza prendere pretendere niente.
L’Eurolega è più bella del campionato, ma anche lei si basa su cifre, i soliti bizantinisimi, classifiche avulse, differenze canestri. Meglio sarebbe un bel girone unico di qualità e Final Four o – ancor meglio – la Estearn e Wester Division, 12 squadre per parte. Questi continui passaggi frenetici sono un crucifige, la stagione andrebbe più diluita, le prime 8 fanno i playoff spareggio secco, poi le Final Four o meglio andare avanti con 5 gare in semifinale e 7 in finale sul campo neutro.
Ma chi lo decide? Non l’Italia che ha perso prestigio, è considerata arrogante, conta poco, e la nuova razza padrona non è quella di un tempo quando si vinceva di più e non esistevano i dg e i ceo, che i giemme li hanno cancellati dal libro paga, ed è un calo di conoscenza surrogato con maggior spazio agli agenti.
La Mps può qualificarsi attraverso un avventuroso giro finale di roulette, se perde a Tel Aviv, non può arrivare a pari punti col Real con quale è -1 nella differenza canestri, deve ribaltare intanto quello col Maccabi, che parte da -4. Ma se la Mps ha vinto sul campo del Panathinaikos, campione d’Europa, può vincere dovunque, aveva il match ball a Madrid una settimana fa e l’ha sciupato quando sarebbe stato il 2-0 e il primo posto del girone. Questione di timing, di un pizzico di fortuna, di un calo di lucidità nel finale dopo le fatiche – semplicemente fisiche – della Coppa Italia, ma anche di scelte fatte a tavolino. La convinzione di poter vincere l’Eurolega contando sulle guardie migliori d’Europa – anche se il 50% dall’arco non assicura la vittoria – contando sui progressi di Eze e un discorso di integrazione-surrogazione con Denis Marconato, il jolly vincente dell’andata con il Real di Messina, che il campo l’ha visto per poco quando si giocava in Spagna, dove il pivot trevigiano ha giocato per anni e aveva esperienza specifica. Ma forse era l’arma tattica per Tel Aviv, così si spera.
Persa a Madrid una favolosa occasione per il 2-0 e il “Messina e c. tutti a casa”, la settimana scorsa la Mps è stata a lungo in vantaggio fino a un massimo di 9 punti, aveva visto passare davanti ai propri occhi la qualificazione prima di subire il Llull-show (17 punti in 11 minuti per il giovane e palluto Sergio, scelto dalla NBA e già capace a Siena di trascinare i suoi vecchioni fuori dalla palude di una pesante sconfitta). La Mps ha 0-2 in trasferta in questa serie, ha rischiato il naufragio a Istanbul ricucendo almeno lo strappo a soli 10 punti. Resta sempre lo scarto massimo – ma rimediabile – di questo girone con 4 squadre a pari punti, 2 vittorie e 2 sconfitte, un fattore campo che premierà la prima squadra capace di violarlo.
Siena ne ha tutte le possibilità, spara le sue cartucce decisive in quel di Tel Aviv, l’avversario più ostico secondo tradizione, anche se la squadra di Pini Gherson non è certo quella della bruciante rimonta di due anni fa, costata alla Mps la finalissima, quasi un pedaggio nell’anno di noviziato di Simone Pianigiani. Il quale ha tratto però esperienza, è in una botte di ferro (oggi è il CT azzurro designato, un fatto qualificante che porta maggior rispetto), ma deve far pesare anche il suo specifico compito, come ha fatto nella gara d’andata col Real, senza andare tuttavia fino in fondo nel ritorno, questione forse di magnetismo quando hai di fronte Ettore Messina. O semplicemente d’esperienza.
La gara di Siena ruota attorno alla condizione di Kristof Lavrinovic, la solita schiena fragile che torna a ridurre il suo potenziale, spesso determinante per compensare l’handicap nei lunghi, come era successo l’anno passato nelle gare decisive con il Panathinaikos. Gara da affrontare con coraggio, magari riuscendo a far fruttare il maggior peso ed esperienza sotto canestro, anche perché – se lo lasci fare – il Maccabi si esalta a Yad Eliau uno snodo eroico simile alle Termopili.
In sintesi, il rebus del Gruppo B può così essere sciolto: 1) a pari punteggio a fine delle Top 16 decide la classifica avulsa e poi il saldo, 2) Siena ad oggi ha il peggior saldo (-7) e affronta il Maccabi col miglior saldo (+5) in un contesto peraltro rimediabile (ballano 12 punti…, 3) Siena passa se vince anche di un punto a Tel Aviv, 4) Siena passa anche se perde fino a 3 punti, ma deve sperare che il Real perda a Istanbul, nel qual caso per conquistare il 2° posto dovrebbe fare bottino in casa con l’Efes, 5) Se vince il Real e perde con più di 4 punti col Maccabi è fuori, l’ultima gara è inutile, 6) Se nessuna squadra vince fuori casa: ammucchiata di 4 squadre a 6 punti, decide la differenza-canestri e quindi il discorso è aperto, 7) Siena ha la differenza canestri con segno meno con il Real dopo i 2 incontri, e -10 con l’Efes e +4 col Maccabi, 8) Segno + nella differenza canestri dopo 2 gare: + 3 Maccabi-Efes, + 1 Real-Siena
Situazione Girone B. Programma: 4 marzo: Efes-Real (Istanbul 20.15), Maccabi-Mps (Tel Aviv 21). Risultati – 1.a g.: Real Madrid-Efes 77-70, Mps-Maccabi 76-72. 2.a g: Efes Pilsen-Montepaschi 88-78, Maccabi Tel Aviv-Real Madrid 81-76. 3.a g.: Maccabi-Efes 72-62, Mps-Real Madrid 83-76. 4.a g: Efes-Maccabi 63-56, Real Madrid-Mps 77-69. Classifica: Maccabi saldo +5, Real Madrid +3 , Efes 0, Mps Siena -7 (2-2) p.4. Prossimo turno 11-3, ore 20.45: Mps-Efes (Siena), Real-Maccabi (Madrid).
SIENA. “Serve l’impresa” è un titolo facile, quasi scontato, per la lunga notte di Tel Aviv, il popolo delle contrade di Siena contro quello della nazione d’acciaio, che riconosce nel suo club di basket il simbolo sportivo del paese, il grimaldello di un’apertura verso l’Europa, ma anche di un sano coraggio sportivo.
Penso all’atmosfera unica che ho gustato molte volte sbarcando al Ben Gurion, all’ospitalità del club dell’avvocato Mizraki, il suo presidentissimo dallo sguardo tranciante, sempre sospettoso, gli stivaletti con le zeppe simili a quelli di Berlusconi per sembrare meno piccolo, rispetto ai suoi giganti coi quali divideva la panchina. Non so se oggi gli è ancora permesso dal regolamento, con la scusa della sicurezza, la panchina sembrava una squadra speciale pronta a saltare su ad ogni canestro. Il sesto uomo. E a proposito di cose speciali, ricordo anche quando prima della gara Moshe Dayan (che ho intervistato per la Gazzetta dello Sport quando lo sport era rigorosamente separato dalla politica e i direttori non concepivano un servizio di questo “taglio”), in tuta mimetica, l’occhio bendato, il famoso generale capo della difesa scendeva sul campo per stringere la mano ai propri giocatori.
Si giocava in un ambiente esplosivo, facile agli eroismi e – grazie al basket – Israele è riuscito a regalarsi spesso anche in periodi di conflitto una sera di sana tregua sportiva, uno sfogo popolare.
Nell’anello di Yad Elihau la gente trepida, esulta, capisce di basket. L’atmosfera è quella di una finale olimpica. Tu, tu giocatore devi rendere conto non all’agente, alla squadra, al coach, ma a un paese, mentre a chi frega del basket questo basket-spaghetti che ha pure avuto la disavventura di scoprire recentemente – ahi, che dolor… – che una parte dl sistema era marcio, con 41 avvisi di garanzia partiti dalla procura di Reggio Calabria fra cui pesa come un macigno l’accusa di associazione per delinquere, e vedere scoperchiato un pentolone di arbitraggi e commissari e designatori pilotati dai capi, di arbitri che “te li raccomando”, una cosa brutta, che resta lì sospesa e si è presa via tutti i sogni di quando credevamo che il basket fosse uno sport diverso, pulito, come ci aveva regalato – udite udite – persino un politico della Prima Repubblica, Gianni de Michelis, scendendo nell’agone e cercando di dare, senza prendere pretendere niente.
L’Eurolega è più bella del campionato, ma anche lei si basa su cifre, i soliti bizantinisimi, classifiche avulse, differenze canestri. Meglio sarebbe un bel girone unico di qualità e Final Four o – ancor meglio – la Estearn e Wester Division, 12 squadre per parte. Questi continui passaggi frenetici sono un crucifige, la stagione andrebbe più diluita, le prime 8 fanno i playoff spareggio secco, poi le Final Four o meglio andare avanti con 5 gare in semifinale e 7 in finale sul campo neutro.
Ma chi lo decide? Non l’Italia che ha perso prestigio, è considerata arrogante, conta poco, e la nuova razza padrona non è quella di un tempo quando si vinceva di più e non esistevano i dg e i ceo, che i giemme li hanno cancellati dal libro paga, ed è un calo di conoscenza surrogato con maggior spazio agli agenti.
La Mps può qualificarsi attraverso un avventuroso giro finale di roulette, se perde a Tel Aviv, non può arrivare a pari punti col Real con quale è -1 nella differenza canestri, deve ribaltare intanto quello col Maccabi, che parte da -4. Ma se la Mps ha vinto sul campo del Panathinaikos, campione d’Europa, può vincere dovunque, aveva il match ball a Madrid una settimana fa e l’ha sciupato quando sarebbe stato il 2-0 e il primo posto del girone. Questione di timing, di un pizzico di fortuna, di un calo di lucidità nel finale dopo le fatiche – semplicemente fisiche – della Coppa Italia, ma anche di scelte fatte a tavolino. La convinzione di poter vincere l’Eurolega contando sulle guardie migliori d’Europa – anche se il 50% dall’arco non assicura la vittoria – contando sui progressi di Eze e un discorso di integrazione-surrogazione con Denis Marconato, il jolly vincente dell’andata con il Real di Messina, che il campo l’ha visto per poco quando si giocava in Spagna, dove il pivot trevigiano ha giocato per anni e aveva esperienza specifica. Ma forse era l’arma tattica per Tel Aviv, così si spera.
Persa a Madrid una favolosa occasione per il 2-0 e il “Messina e c. tutti a casa”, la settimana scorsa la Mps è stata a lungo in vantaggio fino a un massimo di 9 punti, aveva visto passare davanti ai propri occhi la qualificazione prima di subire il Llull-show (17 punti in 11 minuti per il giovane e palluto Sergio, scelto dalla NBA e già capace a Siena di trascinare i suoi vecchioni fuori dalla palude di una pesante sconfitta). La Mps ha 0-2 in trasferta in questa serie, ha rischiato il naufragio a Istanbul ricucendo almeno lo strappo a soli 10 punti. Resta sempre lo scarto massimo – ma rimediabile – di questo girone con 4 squadre a pari punti, 2 vittorie e 2 sconfitte, un fattore campo che premierà la prima squadra capace di violarlo.
Siena ne ha tutte le possibilità, spara le sue cartucce decisive in quel di Tel Aviv, l’avversario più ostico secondo tradizione, anche se la squadra di Pini Gherson non è certo quella della bruciante rimonta di due anni fa, costata alla Mps la finalissima, quasi un pedaggio nell’anno di noviziato di Simone Pianigiani. Il quale ha tratto però esperienza, è in una botte di ferro (oggi è il CT azzurro designato, un fatto qualificante che porta maggior rispetto), ma deve far pesare anche il suo specifico compito, come ha fatto nella gara d’andata col Real, senza andare tuttavia fino in fondo nel ritorno, questione forse di magnetismo quando hai di fronte Ettore Messina. O semplicemente d’esperienza.
La gara di Siena ruota attorno alla condizione di Kristof Lavrinovic, la solita schiena fragile che torna a ridurre il suo potenziale, spesso determinante per compensare l’handicap nei lunghi, come era successo l’anno passato nelle gare decisive con il Panathinaikos. Gara da affrontare con coraggio, magari riuscendo a far fruttare il maggior peso ed esperienza sotto canestro, anche perché – se lo lasci fare – il Maccabi si esalta a Yad Eliau uno snodo eroico simile alle Termopili.
In sintesi, il rebus del Gruppo B può così essere sciolto: 1) a pari punteggio a fine delle Top 16 decide la classifica avulsa e poi il saldo, 2) Siena ad oggi ha il peggior saldo (-7) e affronta il Maccabi col miglior saldo (+5) in un contesto peraltro rimediabile (ballano 12 punti…, 3) Siena passa se vince anche di un punto a Tel Aviv, 4) Siena passa anche se perde fino a 3 punti, ma deve sperare che il Real perda a Istanbul, nel qual caso per conquistare il 2° posto dovrebbe fare bottino in casa con l’Efes, 5) Se vince il Real e perde con più di 4 punti col Maccabi è fuori, l’ultima gara è inutile, 6) Se nessuna squadra vince fuori casa: ammucchiata di 4 squadre a 6 punti, decide la differenza-canestri e quindi il discorso è aperto, 7) Siena ha la differenza canestri con segno meno con il Real dopo i 2 incontri, e -10 con l’Efes e +4 col Maccabi, 8) Segno + nella differenza canestri dopo 2 gare: + 3 Maccabi-Efes, + 1 Real-Siena
Situazione Girone B. Programma: 4 marzo: Efes-Real (Istanbul 20.15), Maccabi-Mps (Tel Aviv 21). Risultati – 1.a g.: Real Madrid-Efes 77-70, Mps-Maccabi 76-72. 2.a g: Efes Pilsen-Montepaschi 88-78, Maccabi Tel Aviv-Real Madrid 81-76. 3.a g.: Maccabi-Efes 72-62, Mps-Real Madrid 83-76. 4.a g: Efes-Maccabi 63-56, Real Madrid-Mps 77-69. Classifica: Maccabi saldo +5, Real Madrid +3 , Efes 0, Mps Siena -7 (2-2) p.4. Prossimo turno 11-3, ore 20.45: Mps-Efes (Siena), Real-Maccabi (Madrid).