"Ero entrato come ragazzo di bottega e ne sono uscito alla fine come vice coach in EuroLeague"
di Umberto De Santis
SIENA. Al secondo anno alla guida della Germani Brescia, Alessandro Magro stava vivendo un momento delicato, martellato dalle critiche dei tifosi – qualcuno aveva chiesto anche la sua sostituzione, ma patron Ferrari è stato a tempo debito inflessibile nel difenderlo da chiunque – per arrivare alla Coppa Italia assieme ai suoi ragazzi da perfetti underdog, se non addirittura rassegnati per l’opinione pubblica a risalire sul pullman del ritorno a casa con la coda tra le gambe dopo il quarto di finale impossibile contro la Milano dai 17 giocatori del roster e dal budget sontuoso.
Il ruolino di marcia degli ultimi tempi, con sei sconfitte consecutive in campionato e con una barra raddrizzata in EuroCup, che non faceva però presagire niente di buono, la scimmia sulla spalla per l’ ultima convitata ai riflettori della Coppa Italia. E invece coach Magro e i suoi uomini hanno capovolto il mondo e le previsioni, con tre vittorie sulla prima, seconda e quarta della classifica di serie A. Le parole dell’allenatore al Corriere dello Sport.
Si può non perdere la testa ora. “Si deve! Siamo consapevoli ora di aver fatto un percorso di alta qualità per il basket espresso, soprattutto dal punto di vista difensivo. Perché non potevo pensare di vincere contro tre allenatori con molta più esperienza di me senza la difesa. Ho avuto la fortuna di lavorare in passato come assistente in un gruppo di lavoro come quello di Siena che mi ha insegnato tutto. Ero abituato a calcare tanti palcoscenici e disputare gare anche di EuroLeague, però è ovvio che da capo allenatore cambia ogni cosa. Questo successo arriva da un livello di consapevolezza che, attenzione, non è arroganza. Ma certezza che, nonostante tutto, prima di Torino eravamo stati in grado di competere con tutti. Questo successo per me è importantissimo personalmente: stiamo parlando di qualcosa che è frutto del lavoro, e su questo dobbiamo costruire il nostro futuro. In ogni caso, da questi tre coach (Messina, Repesa, Scariolo) posso solo imparare. Ed ispirarmi. Avvicinarmi a loro mai.”
La scuola a Siena. “Arrivai nel gennaio 2006 ma non facevo parte della prima squadra, dove sono entrato nel 2006/2007 con Pianigiani, rimanendo fino al nefasto 2014: sei stagioni con Piangiani, una con Banchi e una con Crespi. Ero entrato come ragazzo di bottega e ne sono uscito alla fine come vice coach in EuroLeague. Sono stati anni fondamentali per la mia crescita, durante i quali ho cercato di imparare da grandi tecnici. L’insegnamento più importante? Nel metodo Siena si imparava la capacità di pensare pallacanestro ogni giorno e di alzare quotidianamente l’asticella per fare sempre meglio. E ad organizzare il lavoro. Ecco, ho imparato a dare qualità al nostro lavoro. E’ quello che sto cercando di trasferire al gruppo di Brescia per diventare la migliori versione di noi stessi.”
Foto di Savino Paolella