I due azzurri fra i soli 3 europei nei primi 30,
di Enrico Campana
SIENA. Sono passati solo 20 giorni dal ritorno in campo della Nba dalla serrata dei proprietari contro giganti dallo stipendio medio attorno ai 5 milioni di dollari, e il maxi-turno (11 gare) della seconda settimana del 2012 ha cominciato a limare i pronostici. Nell’Atlantic Division sembra non esserci la squadra da titolo, anche se silenziosamente Philadelphia 76ers è andata 9/3. mentre le rivali sono sempre ferme allo stop (0/4 per Boston e Toronto, 0/2 e 6/6 per i Knicks orfani di Melo Anthony e col giovane Shumpert altalenante). Il derby fra due squadre in pieno tour de force (5 gare in 6 giorni), approfittando dello stiramento al polpaccio sinistro di Andrea Bargnani – che coach Dwane Casey ha preferito non rischiare per la seconda volta – è stato vinto da Chicago di Derrick Rose. Primo club a tagliare il traguardo delle 12 vittorie (2 sole sconfitte), senza un pivot di stazza e d’esperienza (comunque ammirevole il francese Joaquin Noah, il figlio dell’ex leggenda del tennis francese) ma col vanto della miglior difesa della Lega.
L’attenzione si concentrava sul superderby losangelino. Se mai c’erano dubbi, si è capito che l’acquisto di Chris Paul, il play nel progetto di mercato dei cugini assieme al centro Howard, ha sancito il sorpasso (6/3) sui Lakers (9/5), nonostante un Kobe Bryant immarcabile, visto con la grinta di Leonida alle Termopili. Gli occhi spiritati, i pugni e denti serrati, ha offerto un altro supershow, superando per la quarta serata consecutiva i 40 punti. Questo significa ben 172 totali, 48 con Phoenix, 40 a Utah, 42 con Cleveland, 42 sul campo dei Clippers, poco sotto i livelli-record del 2007, ma tirando nel derby “solo” 28 tiri contro i 31 delle altre gare, con 12/14 liberi (quasi quelli della sua squadra… 19 su 25) 7 rimbalzi, 4 assist, 2 recuperi. E un 3° tempo mostruoso (21 punti) dopo i 2 soli canestri del 2° quarto. E’ stato qui che i Clippers hanno catturato l’attimo fuggente, allungando con la” trottola magica” Chris Paul (33 punti), l’emergente Blake Griffin (22 e 14 rimbalzi), fisicamente una forza della natura, e la mano calda di Billups (19 punti, 4 su 6 da 3). Paul ha dovuto fare gli straordinari, non avendo coach Vinnie Del Negro,l’ex star della Benetton, un cambio all’altezza dell’infortunato Mo Williams (guardia da10,4 punti per gara). I Lakers hanno sempre inseguito, nonostante che Bryant riuscisse a segnare in tutte le maniere, dal lay up rovesciato all’entrata e dunk o con la mano dell’avversario in faccia. Hanno fatto anche stavolta la loro parte i due centri Pau Gasol (10 rimbalzi e 14 punti) e Andrew Bynum (14 rimbalzi e 12 punti) e sembrava di buon auspicio il canestro segnato a due mani a 3 quarti di campo dalla matricola Darius Morris alla sirena del 1° quarto.
Chicago ha collezionato il 12° successo (9/1 nelle ultime 10 gare, 7/0 in casa, 5/2 fuori), grazie alla poremiata ditta “Rose (18 punti, 11 assist) & Boozer (17 e 13)” in una gara per niente facile, nonostante che il quintetto di Toronto pagasse la scelta del coach di non rischiare il Mago, vedi i soli 19 punti totali (Butler 0, 2 E.DEavis, 6 A.Johnson, 2 Calderon, 15 DeRozan). Decisiva è stata la pressione difensiva dell’ultimo quarto e l’uscita nei Raptors, privi anche di Bayless (caviglia) per una storta del piede di James Johnson, il quale con 6 su 11 aveva portato sotto la propria squadra nella ripresa. Chicago ha trovato inoltre punti decisivi nel 4° tempo da Taj Gibson (11 punti, 12 rimbalzi) e John Lucas III, tanto da provocare questa bella dichiarazione di Derrick Rose: “La forza della nostra squadra è che non sai mai chi sarà decisivo”.
Continua anche la striscia negativa di New Orleans, che non poteva fare di più contro Oklahoma al suo 6° successi consecutivo, totale 11/2 grazie al solito jolly James Harden nell’occasione più determinante con 24 punti in 26’ minuti, di Kevin Durant che pure non ha sbagliato, 28 punti e 10/13. Mancando gli Hornets sempre di Eric Gordon, il suo top scorer alle prese con guai seri al ginocchio, che Marco Belinelli in questa occasione non ha saputo far dimenticare, con 10 punti, 3 perse, 2/4, 2/3 dall’arco, 1 rimbalzo. Ma la vera delusione è stato De Juan Summers, il protagonista della fuga da Siena dopo 3 gare. Schierato per la seconda volta nel 5°, ha ripagato il suo coach con 1 punto, 0/5 al tiro, 2 rimbalzi, 1 assist, 2 perse, 5 falli (11 nelle ultime due gare). Sempre lo stesso, per cui si merita il soprannome di “disastro dei due mondi”.
Nella borsa della NBA sono scese le quotazioni di Miami dopo 3 sconfitte e New York orfana di “Melo”, scendono anche Boston (0/4), Portland (0/3), risalgono Oklahoma (6 su 6), Dallas (8/5), (Orlando 3/0) da tenere d’occhio Indiana (3/0), mentre vola Chicago di coach Thibodeau, il quale porta avanti le due idee-vintage: giocare senza pivot, difesa, poche rotazioni.
Per quanto riguarda il turno di sabato questi i n.1: marcatori: Kobe Bryant (Lakers, 42 punti, 32 di media, unico sopra i 30) , rimbalzi JaVale McGree (18, Washington), assist: Ricky Rubio (12, Minnesota), recuperi: Jason Kidd (6, Dallas), tiri da 3 Nicholas Batum (6, Portland).
Gli errori della spedizione azzurra in Lituania, che dovranno far riflettere la Federazione Italiana sulla gestione dei giocatori NBA, vengono al pettine in questo inizio di stagione, perché non può passare inosservato un risultato significativo: i progressi di Denver, una franchigia ruggente, sono legati alla fiducia accordatagli da George Karl, Mentre Bargnani si è fatto sentire nella crescita tecnica di Toronto in crisi di risultati ma capace di vincere al Madison. Il Mago è fra i Top Ten dei marcatori (anche se è passato dal 7° al 9° posto, 22,3 superato da LaMarcus Aldridge), Gallinari è 26° (16,9) e si sono ampiamente meritati l’ingresso nella votazione fra i candidati dell’All Star Game. E se votete votarli, il Cittadinoonline.it segnala di clikkare nba.com.
Sono quindi due azzurri gli unici fra i 3 europei dei primi 30, il 3° è il tedesco Nowitkzy, MVP della finale dello scorso anno (18 di media, largamente meno di Bargnani). La coppia azzurra, insomma, come cifre non è inferiore a quelle dei paesi europei, compresa quella dei magnifici fratelli Gasol (ieri Marc è andato in doppia cifra con 20 punti e 11 rimbalzi, il suo high). Rilevante però il 4° posto assoluto di Josè Calderon negli assist (9 di media), mentre in questa classifica è sorprendentemente salito al 8° posto Ricky Rubio (che fa meglio di un certo Irving…). E questo fa capire anche un lato semioscuro della forza della Spagna di Sergio Scariolo, quello di avere un doppio play di grande qualità, mentre l’Italia ha portato agli europei l’oriundo Maestranzi, che rimarrà negli annali del basket italiano per aver giocato (parola grossa..) un intero torneo senza segnare 1 solo punto, primato che si è valso la qualifica di italiano (e un maggior valore del cartellino). Una regola, tipicamente “italiota”, discutibile, che la Federazione farà bene ad abolire magari già nel prossimo Consiglio federale, e magari questo avverrà retroattivamente nel caso di una sentenza del tribunale europeo. Inutile ricordare che la nostra nazionale ha scoperto le qualità di Hackett strada facendo, lasciando a casa Giuseppe Poeta il quale, a sua volta, questa stagione è tornato ad essere – come rendimento – il miglior play del campionato.
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