SIENA. Si è ufficialmente concluso ieri (6 settembre), con una partita disputata a piedi nudi (come vuole la tradizione neozelandese), il Diego Dominguez Rugby Camp, che ha visto venerdì pomeriggio l’evento di massima esposizione mediatica con il Rugby Day in piazza del Duomo. All’happening, durato l’intero pomeriggio, hanno partecipato molte centinaia di persone. Tra queste una rappresentanza de I Cavalieri Prato, prossimi al debutto in Superdieci, e Paul Derbyshire, terza linea che – a dispetto del nome britannico (il padre è londinese) è nato a Cecina ed è un prodotto del vivaio locale – ha esordito in Nazionale A in giugno contro l’Australia.
Nel corso del pomeriggio l'ex-mediano di mischia ha commentato la sua “settimana senese”.
“Sono rimasto soddisfatto e felice per l’accoglienza della città, di questa magnifica città, che del resto conosco ormai abbastanza bene. Certo eventi come questi hanno bisogno di rodaggio, ma la gioia dei ragazzi che hanno partecipato al camp e l’entusiasmo degli appassionati senesi ripagano di tutti gli sforzi”.
Sei venuto in contatto con il mondo, non più piccolo, non ancora grande, del rugby senese, che impressione ti ha fatto?
“Per crescere è necessaria l’identità della società. E nel rugby l’identità viene dalle maglie, dalla tradizione e dal campo di gioco che ha sempre annessa la sede sociale. Mi sono allenato con i giocatori del Cus Siena nella scorsa primavera, e ho potuto constatare che il terreno di gioco non è assolutamente idoneo. Questo è il problema più assillante. Mi rendo conto che la questione non è semplice, che non si può solo chiedere agli enti locali di provvedere, oltretutto in tempi di crisi; ognuno deve fare la sua parte, società, privati (se ci sono) e appunto enti locali. Ho osservato con piacere la sincera disponibilità dell’assessore Massimo Bianchi. Sono assolutamente certo che a Siena, dove ho riscontrato un grande entusiasmo e una passione vera, autentica, da parte di atleti, dirigenti e appassionati la pallovale potrà fare un grande balzo in avanti non appena potrà disporre di un vero campo in erba”.
Nel corso del pomeriggio l'ex-mediano di mischia ha commentato la sua “settimana senese”.
“Sono rimasto soddisfatto e felice per l’accoglienza della città, di questa magnifica città, che del resto conosco ormai abbastanza bene. Certo eventi come questi hanno bisogno di rodaggio, ma la gioia dei ragazzi che hanno partecipato al camp e l’entusiasmo degli appassionati senesi ripagano di tutti gli sforzi”.
Sei venuto in contatto con il mondo, non più piccolo, non ancora grande, del rugby senese, che impressione ti ha fatto?
“Per crescere è necessaria l’identità della società. E nel rugby l’identità viene dalle maglie, dalla tradizione e dal campo di gioco che ha sempre annessa la sede sociale. Mi sono allenato con i giocatori del Cus Siena nella scorsa primavera, e ho potuto constatare che il terreno di gioco non è assolutamente idoneo. Questo è il problema più assillante. Mi rendo conto che la questione non è semplice, che non si può solo chiedere agli enti locali di provvedere, oltretutto in tempi di crisi; ognuno deve fare la sua parte, società, privati (se ci sono) e appunto enti locali. Ho osservato con piacere la sincera disponibilità dell’assessore Massimo Bianchi. Sono assolutamente certo che a Siena, dove ho riscontrato un grande entusiasmo e una passione vera, autentica, da parte di atleti, dirigenti e appassionati la pallovale potrà fare un grande balzo in avanti non appena potrà disporre di un vero campo in erba”.