SIENA. Fulvio Biagioli pensò a uno scherzo, architettato da un buontempone, quando Sara, una ragazza catalana si presentò al Campo dell’Acquacalda per chiedergli di potersi allenarsi con i suoi giocatori. Invece era vero. Sara Alconchel Romero, studentessa di Archeologia in quota Erasmus presso l’Università di Siena è una vera giocatrice di rugby. E’ una prestante – e bella – seconda linea. Biagioli, probabilmente, era sorpreso anche per la provenienza di Sara: il rugby in Spagna è una disciplina poco praticata: solo in Catalogna e nei Paesi Baschi – da sempre le regioni più aperte culturalmente – vanta un radicamento degno di attenzione. Il livello tecnico è non è molto elevato: tanto per capirsi, l’ultima volta che le due nazionali si sono affrontate, nel 2002 per le qualificazioni ai Mondiali d’Australia, gli azzurri giocando neanche tanto bene, si imposero per 51-3.
Come hai scoperto il rugby?
“Ammetto che non lo conoscevo per niente, sapevo solo che era uno sport di contatto. L’ho scoperto all’Università di Saragozza, mi sono appassionata e ho iniziato a giocare. Purtroppo in Spagna il rugby è sempre e solo legato al mondo universitario”.
Ammetterai che, almeno a prima vista, non è uno sport propriamente adatto alle donne, o meglio, per essere più precisi, di uno sport che esalta le caratteristiche fisiche del corpo femminile.
“Può essere anche vero. Ma a me piace andare oltre, misurarmi con le difficoltà”.
Qual è la realtà del rugby spagnolo universitario?
“C’è solo un campionato seven, la versione ‘ridotta’ con tempi di 10’, che si disputa ogni anno in un paio di giorni”.
E a Siena?
“Quando l’Erasmus mi assegnò a Siena mi informai subito se c’era una squadra. Quando mi presentai al Campo Biagioli pensò davvero che si trattasse di uno scherzo”.
Invece era vero. Ci sono state difficoltà?
“Beh, all’inizio, un po’ si. Poi pian piano tutto è andato a posto. Mi alleno con la seconda squadra, il Siena Rugby Club 2000, dove i contatti di gioco sono un po’ più lievi, e siamo diventati tutti amici. E ho anche trovato una squadra nella quale giocare, le Rhinogirls di Sesto Fiorentino, che milita nella serie A2 femminile di rugby”.
Ambizioni?
“Vorrei organizzare un match tra la rappresentativa maschile dell’Universitad de Zaragoza e il Cus Siena. Sarebbe una bella occasione per far crescere l’amicizia tra giovani”.
Come hai scoperto il rugby?
“Ammetto che non lo conoscevo per niente, sapevo solo che era uno sport di contatto. L’ho scoperto all’Università di Saragozza, mi sono appassionata e ho iniziato a giocare. Purtroppo in Spagna il rugby è sempre e solo legato al mondo universitario”.
Ammetterai che, almeno a prima vista, non è uno sport propriamente adatto alle donne, o meglio, per essere più precisi, di uno sport che esalta le caratteristiche fisiche del corpo femminile.
“Può essere anche vero. Ma a me piace andare oltre, misurarmi con le difficoltà”.
Qual è la realtà del rugby spagnolo universitario?
“C’è solo un campionato seven, la versione ‘ridotta’ con tempi di 10’, che si disputa ogni anno in un paio di giorni”.
E a Siena?
“Quando l’Erasmus mi assegnò a Siena mi informai subito se c’era una squadra. Quando mi presentai al Campo Biagioli pensò davvero che si trattasse di uno scherzo”.
Invece era vero. Ci sono state difficoltà?
“Beh, all’inizio, un po’ si. Poi pian piano tutto è andato a posto. Mi alleno con la seconda squadra, il Siena Rugby Club 2000, dove i contatti di gioco sono un po’ più lievi, e siamo diventati tutti amici. E ho anche trovato una squadra nella quale giocare, le Rhinogirls di Sesto Fiorentino, che milita nella serie A2 femminile di rugby”.
Ambizioni?
“Vorrei organizzare un match tra la rappresentativa maschile dell’Universitad de Zaragoza e il Cus Siena. Sarebbe una bella occasione per far crescere l’amicizia tra giovani”.