I fisici di Siena studiano la prevenzione grazie allo studio dei fenomeni tettonici e deformativi in atto
SIENA. Nuove metodologie di indagine, proposte dai ricercatori dell’Università di Siena, si stanno dimostrando efficaci nell’individuare le zone a più alto rischio sismico in Italia.
Negli studi effettuati negli ultimi anni dal dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’ambiente, e in una recentissima pubblicazione dello scorso mese di giugno, la fascia sismica che si sviluppa dall’Appennino centrale all’Appennino romagnolo viene indicata come la zona a più alto rischio nella catena appenninica, verso la quale indirizzare prioritariamente interventi di prevenzione e messa in sicurezza.
“La scossa di Amatrice è avvenuta all’interno della zona prioritaria individuata dai nostri studi, e questo ci incoraggia a pensare che la metodologia da noi proposta sia da considerare con grande attenzione” dice il professor Enzo Mantovani, responsabile del gruppo di ricerca.
Si tratta – secondo i ricercatori – di abbandonare le metodologie di previsione di tipo statistico, cioè basate sull’assunzione che i terremoti siano eventi casuali e indipendenti, e che la sismicità futura avrà le stesse caratteristiche di quella che risulta dalla breve storia sismica conosciuta, per concentrarsi sullo studio di parametri fisici, reali e osservabili: i processi tettonici e deformativi in atto, e la loro connessione con la distribuzione dei terremoti nello spazio e nel tempo.
“I terremoti sono un fenomeno naturale legato a cause fisiche ben conosciute, come la deformazione che le rocce gradualmente accumulano sotto la sollecitazione delle forze tettoniche – spiega Mantovani – per cui il metodo più efficace di previsione è basato sull’utilizzazione di modelli fisici, seppur molto complessi e interconnessi tra loro. Per questo stiamo attualmente estendendo il campo dei parametri considerati, per rendere sempre più preciso il riconoscimento delle zone sismiche più esposte alle prossime scosse forti.
Al momento, le evidenze disponibili ci indicano che le condizioni più favorevoli per l’attivazione di faglie esistono nella zona la fascia sismica che si sviluppa dall’Appennino centrale fino all’area di Forlì. Questa informazione potrebbe essere utilizzata per concentrare le risorse disponibili per interventi di prevenzione in zone limitate del territorio italiano.
Non possiamo certo dire quando avverranno le prossime scosse di terremoto, ma possiamo indicare alle istituzioni competenti le zone prioritarie su cui si potrebbero indirizzare i primi interventi di messa in sicurezza degli edifici e delle infrastrutture, in modo da ridurre in modo consistente il grado di rischio per le popolazioni, anche potendo solo contare sulle limitate risorse disponibili nel breve termine.”
Per chi è interessato a conoscere i vari aspetti della metodologia proposta dai ricercatori dell’Università di Siena e i risultati ottenuti, sotto forma di identificazione di zone sismiche prioritarie in Italia, è possibile consultare liberamente on line la pubblicazione intitolata “Tentativo di identificazione delle zone sismiche italiane più esposte ai prossimi terremoti forti”, di
Enzo Mantovani e altri, pubblicata nel 2016, scaricabile a questo indirizzo: http://www.dsfta.unisi.it/sites/st01/files/allegatiparagrafo/05-07-2016/tentativo_di_identificazione.pdf .