Allo studio, pubblicato su Science, hanno partecipato Mauro Coltorti e Pierluigi Pieruccini dell’Università di Siena
SIENA. E’ di un uomo tra i trenta e i cinquant’anni il più antico genoma completamente sequenziato di un individuo del continente africano, estratto dal DNA di uno scheletro di 4500 anni fa, rinvenuto nel 2012 sull’altipiano del Gamo, nel sud dell’Etiopia, all’interno di una grotta chiamata nella lingua locale “Mota”. Allo studio, appena pubblicato sulla rivista Science, hanno partecipato Mauro Coltorti e Pierluigi Pieruccini del dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’ambiente dell’Università di Siena, che sono stati tra i protagonisti della scoperta e dello scavo dei resti.
“Bayira” o “il primo nato” – il nome nella lingua locale con cui è stato chiamato lo scheletro -è stato trovato in una sepoltura costituita da un piccolo tumulo di rocce basaltiche, unica nel suo genere risalente a questo periodo nell’Etiopia sud-occidentale. La sepoltura si trovava a circa 60 cm di profondità all’interno di una sequenza di strati di cenere. Il corpo, in posizione fetale, era stato orientato nord-sud, con la testa posta su un cuscino costituito da una pietra , rivolta verso occidente, le mani incrociate sotto il volto. Nella sepoltura erano state depositate anche un geode e oltre due dozzine di strumenti di ossidiana, selce e basalto tipici del tardo Neolitico.
Oltre a essere il primo genoma antico completamente sequenziato proveniente dall’Africa, Bayira, risulta antecedente alla migrazione dall’Eurasia verso il Corno d’Africa, avvenuta circa 3000 anni fa. La sequenza genetica di Bayira non contiene infatti alcun gene di quella provenienza, a conferma della tesi che i geni euroasiatici presenti nelle moderne popolazioni africane derivano da migrazioni più recenti. Attraverso il genoma sequenziato si otterranno quindi elementi per comprendere l’espansione fuori dall’Africa dell’Homo sapiens e dei successivi spostamenti tra Africa ed Europa.
Il DNA di Bayira fornisce anche informazioni specifiche sulla vita in epoca preistorica sugli altopiani etiopici. Il sequenziamento ha evidenziato infatti tre varianti genetiche, comuni tra i moderni uomini di quelle aree, che indicano adattamenti alle condizioni di scarsità di ossigeno in alta quota.
Le informazioni ottenuto tramite il sequenziamento permetteranno anche di formulare ipotesi sulla storia della popolazione del sud-ovest dell’Etiopia, in quanto il DNA risulta geneticamente più vicino al gruppo etnico degli Ari, un gruppo di lingua omotica che abita oggi in quell’area. Finora il DNA di nessun individuo di etnia Gamo è stato sequenziato per un confronto e sarà quindi necessario proseguire nello studio per comprendere appieno la relazione genetica tra Bayira e la popolazione attuale.
La Ricerca, finanziata dal National Science Foundation (USA) in collaborazione con l’Autorità per la Ricerca e la Conservazione del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura dell’Etiopia e il Museo Nazionale dell’Etiopia, è coordinata dal 2005 da Kathryn Arthur e John Arthur (University of South Florida St. Petersburg) e da Matthew Curtis (Ventura College and UCLA Extension). Il team internazionale di scienziati include anche Jay Stock (University of Cambridge) che ha condotto le analisi morfologiche dello scheletro di Bayira e Andrea Manica (University of Cambridge) e Ron Pinhasi (Trinity College, Dublin), che hanno guidato il gruppo responsabile dell’analisi e del sequenziamento del DNA.