Impiantati elettrodi direzionali e “sensibili” nel cervello per la stimolazione cerebrale profonda
SIENA. Effettuato a Siena, all’Aou Senese, per la prima volta in Toscana, un innovativo intervento neurochirurgico per la neuromodulazione terapeutica della malattia di Parkinson, un’alternativa “elettrica” alla terapia farmacologia.
«Si tratta di un’importante innovazione – spiega il professor Alessandro Rossi, direttore Dipartimento di Scienze Neurologiche e Motorie – e un’opportunità terapeutica rilevante per quei pazienti che, pur rispondendo alla terapia farmacologia, hanno uno stadio così avanzato della malattia che la loro qualità di vita non è più soddisfacente a causa di sintomi motori fortemente invalidanti tra cui tremori a riposo, rigidità e lentezza nei movimenti». La malattia di Parkinson è di tipo neurodegenerativo e fa parte delle patologie appartenenti ai disordini del movimento, con un’età media di esordio intorno ai 60 anni, e si manifesta quando la produzione di dopamina cala nel cervello, a causa della degenerazione di specifici neuroni.
«Gli interventi di stimolazione cerebrale profonda vengono effettuati a Siena sin dal 2004, con il posizionamento di piccoli elettrodi intracerebrali connessi ad un neurostimolatore elettrico – spiega il professor Simone Rossi, neurologo dell’UOC Neurologia e Neurofisiologia Clinica diretta dal professor Alessandro Rossi – L’innovatività consiste nel tipo di elettrodi impiantati all’interno del cervello: fino ad oggi sono stati utilizzati elettrodi tradizionali, provvisti ognuno di quattro contatti millimetrici per la stimolazione. Nell’ultimo intervento, sono stati usati elettrodi “direzionali”, cioè ogni contatto stimolante è suddiviso in tre parti, consentendo quindi una migliore personalizzazione della stimolazione e una maggiore possibilità di controllo di potenziali effetti collaterali. Inoltre, questi elettrodi sono anche in grado di registrare l’attività dei neuroni vicini, così che il neurologo può rendersi conto delle anomalie “elettriche” e correggerle al meglio, variando i parametri di stimolazione. Il neurostimolatore è un dispositivo di piccole dimensioni, simile a un pacemaker, che invia all’area del cervello malfunzionante a causa del Parkinson dei segnali elettrici attraverso fili estremamente sottili collegati agli elettrocateteri impiantati. Tale terapia risulta efficace, oltre che per il Parkinson, anche per il controllo del tremore essenziale e delle distonie gravi, nei pazienti che non possono essere controllati in maniera adeguata tramite terapia farmacologica. Il dispositivo impiantato – conclude Simone Rossi – offre quindi due innovazioni importanti: la capacità di direzionare gli impulsi elettrici con molta precisione e la capacità di modulare la stimolazione sulla base del bisogno, grazie al sensing, ovvero il monitoraggio dell’attività cerebrale, consentendo quindi una terapia personalizzata per il paziente. L’intervento si è svolto senza complicanze ed il paziente gode di ottima salute ed è già a casa».
«Attraverso la segmentazione dell’elettrodo – aggiunge il neurochirurgo Francesco Cacciola che ha effettuato l’intervento – riusciamo a migliorare il campo elettrico che viene generato. Questa nuova tecnologia permette quindi di orientare il campo elettrico per stimolare solo l’area che ci interessa, potenziando ulteriormente la precisione con la quale andiamo a stimolare un’area millimetrica all’interno del cervello per migliorare i sintomi del Parkinson o dei tremori essenziali».
Il team di professionisti coinvolto è formato dal neurochirurgo Francesco Cacciola, l’operatore che oltre ad effettuare l’intervento lo pianifica per trovare le traiettorie migliori per gli impianti, il professor Simone Rossi, con la collaborazione delle unità operative di Anestesia e Rianimazione Neurochirurgica, con ff Cesare Vittori, Neuroimmagini, Neurochirurgia, diretta da Giuseppe Oliveri, tutto il personale di sala operatoria, all’interno del Dipartimento di Scienze Neurologiche e Motorie, diretto da Alessandro Rossi.