L'ha messo a punto il Fraunhofer Institute di Stoccarda
di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. Un gruppo di scienziati del Fraunhofer Institute dell’università di Stoccarda ha messo a punto un microprocessore che può sostenere temperature fino a 300 gradi Celsius (pari a circa 570 °F) senza perdere affidabilità, che potrà essere usato anche per le ricerche geotermiche. Infatti i processori semiconduttori (CMOS) finora utilizzati, pur non presentando particolari problemi di tolleranza alle alte temperature, perdono affidabilità quando è richiesto di sopportare temperature elevate, come avviene, ad esempio, nelle trivellazioni per la ricerca di fonti geotermiche. Il microprocessore potrà essere utilizzato per raccogliere informazioni. Geotermia News, in un articolo del 4 aprile scorso, mette in rilievo che le temperature che si raggiungono alle profondità tra i quattro e i sei chilometri, in cui si trovano in genere le sorgenti geotermiche ad alta entalpia, possono superare anche i 200°C; gli attuali processori specializzati in grado di sostenere alte temperature sono realizzati con un processo a 1 micrometro, mentre i ricercatori tedeschi hanno usato un nuovo tipo di processo ad alta temperatura che consente un chip più compatto di quelli attuali, con un processo a 350 nanometri. La tecnica usata – chiamata SOI (silicon on insulator) – prevede uno strato isolante tra i singoli transistor, che impedisce la dispersione di corrente, fenomeno che potrebbe compromettere il corretto funzionamento del processore. Oltre al processo SOI, i ricercatori hanno applicato la metallizzazione al tungsteno, anziché quella usata più di frequente ad alluminio, in modo da ridurre la sensibilità alla temperatura e incrementare l’aspettativa di vita del chip.
“La produzione di energia geotermica e l’estrazione di gas naturali o petrolio non sono le uniche aree di applicazione” sottolineano i ricercatori del Fraunhofer Institute. “Questo microprocessore – aggiungono – potrebbe essere utile anche nel settore dell’aviazione, ad esempio per inserire sensori il più vicino possibile ai motori (turbine) in modo da conoscerne lo stato operativo e consentire quindi di operare con maggiore affidabilità ed efficienza, garantendo un risparmio di carburante”. I primi test del chip hanno dato risultati positivi: l’intenzione è quella di rendere disponibile, nel corso dell’anno, il processo di fabbricazione alle aziende interessate.
AMIATA. Un gruppo di scienziati del Fraunhofer Institute dell’università di Stoccarda ha messo a punto un microprocessore che può sostenere temperature fino a 300 gradi Celsius (pari a circa 570 °F) senza perdere affidabilità, che potrà essere usato anche per le ricerche geotermiche. Infatti i processori semiconduttori (CMOS) finora utilizzati, pur non presentando particolari problemi di tolleranza alle alte temperature, perdono affidabilità quando è richiesto di sopportare temperature elevate, come avviene, ad esempio, nelle trivellazioni per la ricerca di fonti geotermiche. Il microprocessore potrà essere utilizzato per raccogliere informazioni. Geotermia News, in un articolo del 4 aprile scorso, mette in rilievo che le temperature che si raggiungono alle profondità tra i quattro e i sei chilometri, in cui si trovano in genere le sorgenti geotermiche ad alta entalpia, possono superare anche i 200°C; gli attuali processori specializzati in grado di sostenere alte temperature sono realizzati con un processo a 1 micrometro, mentre i ricercatori tedeschi hanno usato un nuovo tipo di processo ad alta temperatura che consente un chip più compatto di quelli attuali, con un processo a 350 nanometri. La tecnica usata – chiamata SOI (silicon on insulator) – prevede uno strato isolante tra i singoli transistor, che impedisce la dispersione di corrente, fenomeno che potrebbe compromettere il corretto funzionamento del processore. Oltre al processo SOI, i ricercatori hanno applicato la metallizzazione al tungsteno, anziché quella usata più di frequente ad alluminio, in modo da ridurre la sensibilità alla temperatura e incrementare l’aspettativa di vita del chip.
“La produzione di energia geotermica e l’estrazione di gas naturali o petrolio non sono le uniche aree di applicazione” sottolineano i ricercatori del Fraunhofer Institute. “Questo microprocessore – aggiungono – potrebbe essere utile anche nel settore dell’aviazione, ad esempio per inserire sensori il più vicino possibile ai motori (turbine) in modo da conoscerne lo stato operativo e consentire quindi di operare con maggiore affidabilità ed efficienza, garantendo un risparmio di carburante”. I primi test del chip hanno dato risultati positivi: l’intenzione è quella di rendere disponibile, nel corso dell’anno, il processo di fabbricazione alle aziende interessate.