Possiamo ancora fidarci dei commenti che leggiamo?
di Michele Pinassi*
“Questa è la regola negli affari:
fatela agli altri, perché loro la farebbero a voi” (Charles Dickens)
SIENA. Un gruppo di ricercatori di sicurezza informatica ha scoperto un database ElasticSearch non protetto contenente oltre 13 milioni di record e 7GB di dati relativi a una organizzazione che gestiva un sistema di recensioni fasulle su Amazon, presumibilmente con sede in Cina.
Il database sembrerebbe contenere i dati personali, account PayPal, profilo Amazon di circa 200-250.000 utenti coinvolti, a vario titolo, nel sistema. Che funziona, più o meno, così: si viene contattati via mail (a “strascico”), offrendo un oggetto (o un elenco di oggetti) e chiedendo la disponibilità a provarlo, ricevendo il rimborso totale del loro costo dopo aver lasciato una recensione degli stessi a 5 stelle.
In seguito alla disponibilità del cliente Amazon a effettuare questa operazione, si ricevono – sempre via mail – i dettagli su come procedere. Il tutto si conclude con il rimborso – via PayPal – di quanto pagato inizialmente, dopo l’invio dei dettagli sull’ordine e della relativa recensione. Il tutto al di fuori di Amazon, sul quale viene semplicemente effettuato l’acquisto del bene e lasciata, da parte del cliente, la recensione “farlocca”.
Conosco il meccanismo, perché sono stato contattato già diverse volte (e non ho idea, tra l’altro, di dove abbiano recuperato la mia e-mail) e le prime volte sono stato al gioco, per vedere come funzionava. Qualche mese fa decisi di provare ad andare fino in fondo (faccio mea culpa), accettando di provare un oggetto di scarso valore (circa 10€) e lasciando una recensione positiva ma onesta e corretta (considerando il costo, era davvero un ottimo acquisto): ricevetti, dopo pochi giorni, l’accredito sul mio conto PayPal.
È chiaro che il meccanismo si basa soprattutto sulla fiducia, soprattutto quella di essere poi rimborsati dopo aver effettuato l’acquisto e relativa recensione. Che, per cifre relativamente basse, può anche giustificare il rischio di veder scomparire l’interlocutore dopo l’acquisto.
Tuttavia, almeno secondo la mia esperienza diretta, vengono offerti test su oggetti di basso valore, talvolta vera e propria “paccottiglia” cinese, che non merita neppure l’impegno di rispondere. Merce che non ha gran senso acquistare su Amazon, visto che si può tranquillamente trovare a negozio anche a prezzo inferiore. Credo sia utile ricordare che, nella grande maggioranza dei casi, la “presentazione” degli oggetti è nettamente migliore rispetto a quello che arriverà a casa: si chiama marketing, attività piuttosto diffusa nel settore del commercio.
Non avevo idea, in tutta sincerità, che le dimensioni del fenomeno fossero queste. E forse, anche se parliamo di oltre 200mila utenti coinvolti, potrebbero essere solo una minima parte di un fenomeno che coinvolge il mercato dell’e-commerce, in fortissima crescita anche a causa della pandemia di CoVID19: nel 2020, oltre 3,2 milioni di nuovi utenti solo in Italia.
Detto questo, la compravendita di recensioni rappresenta sicuramente un elemento che danneggia Amazon (come qualsiasi altro portale di e-commerce, che punta anche sui feedback degli utenti): molti utenti si fidano delle recensioni che leggono e basano su di esse l’acquisto, o meno, di un bene. Chiaramente, è piuttosto antipatico leggere molte recensioni positive, convincersi nell’acquisto per poi vedersi recapitare un oggetto di pessima qualità che non vale minimamente la cifra spesa!
Per contro, è anche vero che le recensioni (oneste e disinteressate) rappresentano comunque un punto di vista e dipendono da molti fattori, non sempre oggettivi. Pertanto è sempre bene non basarsi esclusivamente su di esse per un acquisto: pur contenendo alcune informazioni talvolta utili (es. difetti o caratteristiche non indicate dal venditore), le opinioni sono sempre da considerare per quello che sono.
Queste considerazioni non vogliono minimizzare quanto scoperto, ovviamente. Ma temo che questa sia solo la punta dell’iceberg di un mercato “parallelo”, più o meno lecito, su praticamente qualunque cosa. Dal numero di follower su Instagram alle recensioni su Amazon, che non è poi così diverso né distante dalle tecniche usate dalle pubblicità televisive negli anni pre-Internet, dove esperte massaie decidevano di non mollare il proprio fustino di detersivo neppure in cambio del doppio.
Lo scopo è sempre il solito: vendere, a qualsiasi costo. Anche di comprarsi una recensione. Che avrà valore, esattamente come molti influencer, solamente fino a che ci saranno clienti pronti a crederci.
Concludendo, mi auguro di aver contribuito a fornire maggiore consapevolezza sul meccanismo delle recensioni di alcuni portali, non sempre veritiere, non sempre verificate, non sempre attendibili. Per svariati motivi, non necessariamente fraudolenti o truffaldini: le recensioni rappresentano una verità soggettiva e come tale va considerata.
*www.zerozone.it