L'unico modo per difendersi è evitare di produrre materiale sessualmente esplicito o compromettente... e metterlo in rete
di Michele Pinassi*
“Sono riservata ma allo stesso tempo racconto sempre i cazzi miei a tutti.” (Levante)
SIENA. Bene, benissimo l’inasprimento delle pene per il cosiddetto “revenge porn” appena approvato alla Camera: è previsto che il colpevole “sia punito con la reclusione da uno a 6 anni e la multa da 5000 a 15000 euro. Stessa pena per chi, avendo ricevuto o acquisito foto o filmati intimi, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso degli interessati, per danneggiarli.”
Sicuramente l’inasprimento delle pene porterà maggiore consapevolezza e avrà un effetto deterrente per limitare questa pratica odiosa e infamante. Pratica che, negli anni passati, ha portato al suicidio per disperazione di giovani donne come Tiziana Cantone.
Avendo tuttavia qualche esperienza di come funziona la Rete, campo di battaglia privilegiato dove si consuma questo reato, non riesco a essere troppo ottimista sul futuro. Ad iniziare proprio dal “passato”, dai tanti video di ragazze e ragazzi, vittime inconsapevoli, disponibili ovunque sul web: basta cercare su qualche motore di ricerca per riuscire addirittura a trovare “Forza Chiara!“, forse il primo caso mediaticamente significativo sul revenge porn, ormai risalente a quasi 20 anni fa.
Le stesse foto della deputata 5 stelle Giulia Sarti, risalenti al 2013, sono tornate prepotentemente a rimbalzare sugli smartphone di mezza Italia, complice i nuovi strumenti di comunicazione come gli instant messenger (WhatsApp, Telegram…), ormai veicolo privilegiato per lo scambio di materiale e informazioni di ogni genere.
La maggiore attenzione al tema della privacy (Telegram, ad esempio, fa della protezione dei dati un suo punto di forza) e la legislazione differente tra i Paesi rendono complicato perseguire certi reati veicolati attraverso la Rete. Basta, ad esempio, usare un anonymizer o un proxy server di un paese straniero, magari lontano, per nascondere le proprie tracce.
Quando il fenomeno diventa massiccio, inoltre, diventa tecnicamente impossibile risalire al “point zero“, al punto di accesso nella Rete, a chi per primo ha diffuso il materiale. E una volta finite in Rete, le foto e i video sono praticamente impossibili da rimuovere definitivamente.
L’unico modo per difendersi è evitare di produrre materiale sessualmente esplicito o compromettente, soprattutto se non pienamente consapevoli dei rischi a cui ci si può esporre: è impossibile sapere dove una foto intima inviata a un amico, magari per gioco, può finire! Anche il salvataggio o un semplice backup automatico dei media sul cloud (penso ai dispositivi Android o iPhone ma anche a soluzioni come Dropbox) e l’uso di credenziali deboli (abbiamo parlato tanto dell’importanza di avere credenziali sicure e monitorate) può esporre le vostre foto intime alla mercé di chiunque, come hanno imparato a loro spese personaggi famosi di Hollywood.
Bisogna fare particolare attenzione anche a molte applicazioni che con un semplice tocco caricano le foto sui nostri profili social: una volta caricate, anche per pochi minuti, la loro diffusione incontrollata può essere già iniziata.
A questo si aggiungono software malevoli che, ad esempio, possono esfiltrare la vostra galleria di foto e video verso terzi, per un ricatto a posteriori. O, sempre più banalmente, l’amico che vi chiede in prestito lo smartphone per fare una telefonata e si manda, di nascosto, la vostra foto mentre fate l’amore con la fidanzata.
Sempre banalmente, anche perdere lo smartphone, la scheda di memoria o la chiavetta USB dove conserviamo le nostre foto intime può essere pericoloso: in questo caso, la crittografia può essere un valido aiuto a proteggere il nostro materiale più personale.
La cosa migliore, se proprio vi piace conservare qualche ricordo dei momenti di intimità, è di non diffonderlo mai attraverso Internet, per nessun motivo, e di conservalo gelosamente in una zona protetta dalla cifratura del vostro hard-disk.
Non si è mai troppo prudenti quando si tratta della nostra privacy: le conseguenze di troppa leggerezza, anche semplicemente di un banale scherzo, possono costare davvero care.
*www.zerozone.it