Copertura totale degli spazi pubblici attraverso sistemi di videosorveglianza con riconoscimento facciale
di Michele Pinassi*
“La sorveglianza è una dimensione-chiave del mondo moderno, e nella maggior parte dei paesi le persone sono più che consapevoli della sua influenza”
(Zygmunt Bauman e David Lyon)
SIENA. Ho letto con viva preoccupazione un articolo relativo al programma cinese ‘Sharp Eyes”, che si pone l’obiettivo di sorvegliare, attraverso telecamere, la totalità degli spazi pubblici.
Che la Cina fosse all’avanguardia nella sorveglianza dei suoi abitanti, inclusi potenti algoritmi di riconoscimento facciale, è cosa nota e ne abbiamo già discusso. Preoccupa tuttavia immaginare a che livello di pervasività può arrivare, coinvolgendo direttamente gli stessi cittadini nell’azione di sorveglianza massiva e automatizzata della popolazione: secondo quanto riportato, infatti, ognuna delle oltre 28500 telecamere (dato 2016 relativo solo ad alcune zone della provincia di Pingyi) consente, “through special TV boxes installed in their homes, local residents could watch live security footage and press a button to summon police if they saw anything amiss. The security footage could also be viewed on smartphones.“.
Sharp Eye è un programma che include tutta una serie di altre iniziative realizzate dal governo cinese negli ultimi 20 anni, come Golden Shield Project, Safe Cities, SkyNet, Smart Cities, arrivando alla mostruosa cifra di oltre 200mila telecamere pubbliche e private che scrutano costantemente la vita quotidiana di milioni di cittadini. Con l’obiettivo di arrivare, per fine 2020, alla copertura totale delle aree pubbliche urbane e rurali, includendo ovviamente il riconoscimento facciale e un sistema di controllo e tracciamento a disposizione delle autorità.
Uno scenario distopico che va ben oltre il social credit di cui avevamo già parlato: sfuggire al vigile occhio elettronico sarà praticamente impossibile, rendendo di fatto impossibile esercitare alcuni diritti civili essenziali per una società avanzata.
Se la Cina potrà sembrarvi lontana, sappiate che purtroppo anche le nostre città europee stanno adottando politiche di ampliamento degli strumenti di videosorveglianza talvolta anche troppo invasivi.
Ad esempio, il Sistema di Controllo Nazionale Targhe e Transiti (Si.N.T.Ti), che si pone l’obiettivo di predisporre un sistema diffuso di lettura delle targhe degli autoveicoli, “propedeutico” –si legge nella circolare del Ministero dell’Interno n. 3412 del 28 Febbraio 2017– al collegamento con la banca dati nazionale. O i contributi ministeriali erogati ai comuni per l’installazione di sistemi di videosorveglianza (maggiori informazioni sul sito della poliziadistato.it).
Mi chiedo se ci sono evidenze concrete sulla diminuzione dei reati e della microcriminalità nei luoghi in cui vigilano solerti e instancabili questi occhi elettronici, memorizzando le nostre azioni, registrando i nostri volti e le nostre targhe, tenendo traccia dei nostri movimenti, visto che una delle motivazioni maggiormente usate sono proprio il contrasto ai crimini.
Personalmente credo che sia come una veloce spolverata di dolce zucchero su una amarissima pillola: la costante erosione di diritti costituzionalmente garantiti.
P.S. Se l’argomento vi incuriosisce, date un’occhiata all’iniziativa #ReclaimYourFace