di Michele Pinassi*
“La sorveglianza si diffonde in modi fino ad ora impensabili, reagendo alla liquidità e contribuendo al tempo stesso a riprodurla. Priva di un contenitore stabile, ma sballottata dalle esigenze di «sicurezza» e sollecitata con discrezione dal marketing insistente dei produttori di tecnologie, la sorveglianza dilaga ovunque.“
(Zygmunt Bauman e David Lyon)
SIENA. Un atlante della sorveglianza, anche se –al momento– solo per gli USA. Un portale che mostra, su una mappa, tutti i dispositivi e le strumentazioni che sorvegliano gli abitanti degli Stati Uniti d’America. È uno degli ultimi progetti dell’Electronic Frontier Foundation, l’associazione dedita alla promozione dei diritti civili, privacy e libertà di espressione. L’EFF, che opera da 30 anni sulla Rete, offre anche consigli utili e strumenti digitali per garantirsi privacy e riservatezza.
Le nostre vite, le nostre strade, le nostre vie, le nostre case sono continuamente soggette a sorveglianza massiva da parte dei Governi e di aziende più o meno private. Questa sorveglianza, spesso mascherata dietro la necessità di “sicurezza” e “prevenzione”, di fatto limita la possibilità di espressione dei diritti civili e democratici dei cittadini.
Al momento l’Atlante della Sorveglianza conta quasi 5500 data points (ultimo aggiornamento al 10 agosto 2020) che individuano fotocamere indossate sul corpo, droni, lettori di targhe automatizzati, riconoscimento facciale, IMSI-catcher o “stingrays”, rilevamento di colpi di arma da fuoco etc etc arrivando anche a individuare strumenti di “polizia predittiva” che ricordano molto il film Minority Report.
Tutto il lavoro si basa sulle segnalazioni dei volontari che, attraverso una guida su come identificare gli strumenti di sorveglianza, insegna a riconoscere gli occhi elettronici che registrano ogni nostra mossa. Una lettura molto interessante anche per chi non vive negli USA: la sorveglianza elettronica, infatti, è una questione che riguarda tutto il globo.
I più attenti avranno subito notato che, in realtà, questo Atlante tratta solo una parte della Sorveglianza messa costantemente in atto sulle nostre vite. Non è possibile infatti identificare gli strumenti che sorvegliano tutte le nostre comunicazioni elettroniche via Internet (e-mail, navigazione web…) o che, attraverso il GPS e gli altri sensori presenti nei nostri smartphone e gadget elettronici, forniscono prove delle nostre attività.
Ecco il punto. La tecnologia può essere messa al servizio della democrazia solo fino al punto in cui è democratizzata. Le persone come me sono sempre state sotto osservazione. L’unica differenza sono lo strumento e il tempo.La sorveglianza, i diritti civili e la battaglia per la democrazia, Valigia Blu
Ne ho parlato svariate volte anche dalle pagine di questo quotidiano ed è davvero difficile, se non impossibile, eludere tutti i sistemi di sorveglianza odierni. Si tratta, come per molti altri casi, di fare un compromesso tra ciò che desideriamo fare (navigare sul web, spedire mail, chattare con gli amici, andare in giro, usare strumenti come Google Maps etc etc etc…) e la riservatezza che vogliamo mantenere per le nostre vite.
L’obiettivo non è quello di essere moderni eremiti che rinunciano a tutte le comodità offerte dalla tecnologia in nome della privacy. È però necessario acquisire la consapevolezza che ogni controllo che viene fatto sulle nostre vite, in modo indebito e immotivato, ci sottrae una parte di libertà. Questa “pesca a strascico” di qualsiasi tipo d’informazione su qualunque cittadino (“Errore di Sistema”, il libro di Edward Snowden, chiarisce molto bene di cosa parliamo), conservata a tempo indefinito per chissà quali scopi, è una Spada di Damocle che pende costantemente sulla testa di ognuno di noi (immaginatevi un database di ogni vostro spostamento, mail, sito web visitato, chat, SMS, telefonata…. effettuato almeno da 15 anni ad oggi, tanto per capirci).
Un giorno le nostre opportunità di lavoro (e già oggi è così) potrebbero dipendere da ciò che abbiamo pubblicato sui social, anche molti anni fa. E quella foto goliardica sulla spiaggia di Mykonos pubblicata su Instagram potrebbe farci perdere la promozione o l’ambito posto di lavoro.
Potrebbero valutare la nostra “qualità di cittadino” (social scoring) e decidere se siamo meritevoli, o meno, di acquistare un biglietto aereo. Se possiamo mandare i nostri figli a una scuola migliore o cambiare residenza.
Se può sembrare brutto, sappiate che la realtà –più o meno evidente– è già così.
Per questo motivo è, oggi più che mai, urgente introdurre nell’agenda politica nazionale e locale temi come diritti civili, sorveglianza e tutela dei dati personali di ognuno di noi. Che, al di là delle normative come il GDPR, devono passare anche attraverso la consapevolezza, l’educazione e la trasparenza necessaria a garantire che non vi sia alcuna contrazione dei diritti civili e costituzionalmente garantiti.
*www.zerozone.it