Bene verificare che venga utilizzata l’app indicata dal Governo Italiano
di Michele Pinassi*
“Agisci come se quel che fai, facesse la differenza. La fa.” (William James)
SIENA. In Italia il Garante della Privacy ha più e più volte sottolineato le ripercussioni sulla privacy dei cittadini relativamente ai dati contenuti nel QRcode del “green pass“ e tutte Istituzioni hanno indicato l’app. VerificaC19, sviluppata dal Ministero della Sanità, come strumento per il controllo degli stessi.
L’app. Verifica C19 è stata sviluppata per mostrare solamente una piccola parte dei dati contenuti nel QRcode, come NOME, COGNOME e DATA DI NASCITA, oltre a un simbolo grafico e colori per verificare la validità, al momento del controllo, del “green pass“.
Non tutti i Paesi Europei hanno avuto la medesima “delicatezza”: ad esempio, l’app Check DCC, analoga alla nostra Verifica C19 e sviluppata dal Ministero delle Telecomunicazioni romeno, non si fa grandi scrupoli nel mostrare l’intero set dei dati contenuti nel QRcode, compresa la data di vaccinazione, la scadenza, la tipologia di vaccino, lo Stato e l’autorità che ha rilasciato il certificato.
Ovviamente, questa app è liberamente scaricabile da chiunque, cittadini italiani compresi, e può essere usata senza limitazioni, compresa la possibilità di effettuare screenshot dei dati visualizzati.
Questo ci pone davanti a una questione molto importante e ampiamente nota: nell’Era di Internet, della Rete globale che permette a tutti di connettersi in pochi millisecondi con l’altra parte del Pianeta, alcune normative nazionali fanno molta fatica a imporsi in modo efficace: questo vale per gran parte di ciò che concerne l’ambito digitale, che ormai investe moltissimi settori e ambiti della nostra quotidianità ma troppo spesso sfugge alle maglie delle normative nazionali.
La questione dell‘extraterritorialità delle normative concernenti la privacy e la tutela dei dati personali, diritti derivati dalla tutela dei diritti umani, è uno dei grandi temi che rischiano, tra l’altro, di far “collassare” la Rete per come la conosciamo adesso. Anche se l’Europa si è dotata di un Regolamento per la Protezione dei Dati Personali (2016/679 “GDPR”), ancora oggi all’interno dell’Unione ci sono differenze interpretative che possono causare, come nel caso specifico qui descritto, discrepanze rilevanti sulle decisioni in merito alla tutela dei dati personali dei cittadini europei, in questo caso relativi ai dati contenuti nel “green pass“: se l’Italia, complice probabilmente un clima politico e sociale preoccupante in merito al tema dei vaccini, ha deciso di mostrare il meno possibile, per la tutela delle libertà individuali, la Romania sceglie invece il percorso della massima trasparenza in merito.
Chiaramente parliamo di dati che sono tutti presenti all’interno del “green pass“, quindi la scelta del legislatore è inerente esclusivamente allo strumento tecnologico utilizzato per estrarli e visualizzarli: sarà quindi compito di noi cittadini verificare che, all’ingresso in palestra, al cinema o al ristorante, chi controlla il nostro certificato verde stia effettivamente utilizzando l’app. Verifica C19 e non, magari, qualche altro strumento che potenzialmente potrebbe ledere le nostre libertà.
*www.zerozone.it