di Michele Pinassi*
“Chi dice bugie non lo riconosci dalle gambe corte,
ma dalle spiegazioni lunghe.”
SIENA. Ammettiamo tranquillamente: ogni volta che ci viene presentato, all’iscrizione ad un qualsiasi servizio on-line, la pappardella della privacy e delle condizioni di utilizzo, la saltiamo a pié pari per spuntare la casella “Accetto” e premere il pulsante “Continua“.
Magari qualche volta abbiamo provato a leggere qualche passaggio, almeno quelli in grassetto, ma quanti di noi hanno realmente capito cosa stavamo accettando ? Perché alla fine, l’importante è che non ci venga chiesto il numero di carta di credito.
“Su Internet è tutto gratis”
La battuta che circola ormai da qualche anno “se non paghi per un servizio, il prodotto sei tu” è quantomai reale: il mantra del “tutto gratis” con cui Internet ha pian piano invaso ogni aspetto della nostra esistenza ha, di fatto, abbassato le nostre difese e ci ha davvero fatto accettare di tutto, senza neanche preoccuparsi di capire cosa, pur di poter accedere all’ultimo sito di tendenza o al social network dove “ormai ci sono tutti“.
Solo tardi, e ancora troppo pochi, hanno capito cosa, in realtà, avevano accettato: una invasione pesante e persistente, 24h su 24h, della propria vita e della propria privacy. Accettato che il fornitore della nostra casella e-mail avesse il permesso di leggere tutti i messaggi che riceviamo, per offrirci pubblicità mirate e per rivendere i nostri dati senza controllo alcuno. Abbiamo accettato che nostro figlio, minorenne, tranquillamente ignorasse la clausola del “almeno 13 anni” che il social network più popolare del web, che conta ormai oltre 1 miliardo di iscritti, ha tra le Norme di Iscrizione. E permesso che le foto di nostro figlio e dei suoi amici entrassero a far parte della sterminata collezione di dati personali che ha di tutti noi.
E’ gratis, è divertente. Ci mette in contatto costante con amici lontani, ci intrattiene nei momenti di noia e ci monopolizza durante le pause di relax. Ci illude di essere nostro amico e di prendersi cura di noi. In cambio, chini sullo schermo del cellulare a scorrere il feed e cliccare cuoricini e pollicioni, forniamo i nostri dati e le nostre preferenze. E gli azionisti ringraziano del bendidio che forniamo loro e che possono rivendere, rendendoli ricchi e potenti, depositari dei nostri segreti più nascosti.
E’ solo pubblicità
“Alla fine che noia ti da ? E’ solo pubblicità !”. No, non lo è. Sono i nostri gusti, le nostre tendenze politiche e sessuali, le nostre preferenze e le nostre idee.Sono tutto ciò che ci rende ciò che siamo e che, quindi, permette ai motori che analizzano questo fiume di big data di conoscerci meglio di chiunque altro, anche di noi stessi. Senza regole, senza protezione, senza diritti.
Il GDPR sta sicuramente provando a mettere una pezza a tutto questo. Ed in parte ci sta riuscendo, avendo almeno imposto alle grandi aziende di offrire ai loro utenti il diritto di accedere, visualizzare e chiedere la rimozione dei dati. Oltre al dover dire, in modo semplice, come vengono raccolti e cosa ne fanno.
Cosa fanno dei miei dati?
La chiave di tutto è qui: cosa ne fanno dei dati che raccolgono su di noi. Cosa ne fanno di tutte le ricerche che ho fatto sui motori di ricerca ? Cosa ne fanno dei “like” e dei link su cui ho cliccato in questi anni? E delle centinaia di e-mail, foto, video, commenti che ho pubblicato, ricevuto e inviato? Per quanto tempo la Rete conserverà questi dati e che uso ne potranno, potenzialmente fare? Chi mi assicura che quella foto imbarazzante, scattata per scherzo quando avevo 20 anni, non finisca tra le mani del mio capoufficio che sta valutando una promozione?
Parte di queste risposte sono nei termini di servizio, che nessuno legge. E che, anche se letti e compresi, non ci danno alcuna possibilità se non quella di accettare o rinunciare al servizio offerto. E quindi spesso accettiamo.
Terms of Service: uno strumento per capire in 5 livelli
Soprattutto negli ultimi anni, dopo decenni di totale anarchia nel campo della privacy (soprattutto da parte delle grandi multinazionali), la sensibilità e l’attenzione dei cittadini su questa tematica sta aumentando. E sono nati servizi che offrono maggiore attenzione alla riservatezza degli utenti, come il motore di ricerca DuckDuckGo di cui abbiamo parlato di recente.
Oggi vi presento un servizio che aiuta a capire il grado di attenzione alla nostra privacy di un certo servizio: si chiama Terms of Service; Didn’t read ed offre una scala di 5 livelli per valutare la privacy di un sito web (se installate l‘estensione di Firefox per DuckDuckGo, è incluso e vi informa in tempo reale).
Questo portale nasce proprio come risposta alla più frequente menzogna del web, “I have read and agree to the Terms”: We are a user rights initiative to rate and label website terms & privacy policies, from very good Class A to very bad Class E.
Terms of service are often too long to read, but it’s important to understand what’s in them. Your rights online depend on them. We hope that our ratings can help you get informed about your rights.
Vale la pena leggere i dettagli relativi ai portali più comuni e l’attenzione che riservano ai nostri dati: ne scoprirete delle belle!
La privacy non è individuale
Sarà compito poi di ognuno di noi valutare quanta sovranità su noi stessi siamo disposti a cedere, ricordandoci sempre che la privacy non è un fatto esclusivamente individuale: riguarda tutta la cerchia dei nostri amici, parenti e familiari. Di tutti coloro che frequentiamo, con i quali ci scattiamo i selfie o abbiamo il contatto sulla rubrica dello smartphone. Persone che potrebbero essere danneggiate da un nostro comportamento poco rispettoso nei confronti dei loro dati, anche se spesso agiamo con leggerezza ed inconsapevoli delle conseguenze.
Ad ognuno il suo
Al sito web privacytools.io è possibile trovare una serie di risorse e di link per capire ed imparare a fare le scelte giuste per il livello di protezione che vogliamo avere.
Non voglio apparire, né sono, un “talebano”: semplicemente accetto di cedere una fetta della mia sovranità personale per avere in cambio dei servizi che soddisfano le mie esigenze.
Come ho già detto, ognuno di noi dovrebbe fare questa riflessione e capire quanto è disposto a cedere. E fa comunque piacere sapere che ci si può difendere, che si può mettere una corazza o un semplice giubbetto antiproiettile, semplicemente adottando comportamenti corretti e usando gli strumenti giusti: nel mare magnum della Rete difficile fare i pescecani. Ma provare almeno a non fare la fine dei tonni si può.