"Il cloud non esiste. È solo il computer di qualcun’altro". E se si rompe? Lunedì abbiamo avuto un piccolo assaggio di cosa accadrebbe
di Michele Pinassi*
“Odio il privilegio e il monopolio. Qualunque cosa non possa
essere condivisa con le masse per me è tabù” (Mahátma Gándhi)
SIENA. Lunedì 13 dicembre, alle 12:47 ora italiana, molti servizi di Google hanno smesso improvvisamente di funzionare. Google, Meet, Youtube, Drive… tutti restituivano una pagina di errore. Il blocco è durato per circa 45 minuti ed è stato provocato da un “internal storage quota issue“, secondo quanto twittato da @googlecloud: “Today, at 3.47AM PT Google experienced an authentication system outage for approximately 45 minutes due to an internal storage quota issue. This was resolved at 4:32AM PT, and all services are now restored”. — Google Cloud (@googlecloud) December 14, 2020
Come ampiamente prevedibile, l’hashtag #googledown è diventato velocemente un trending topic e molte testate giornalistiche non hanno perso tempo a stigmatizzare l’accaduto, alcune lanciandosi anche su fantasiose ipotesi di “attacco hacker”, prontamente smentite.
La motivazione ufficiale sembra essere, invece, quella di un banale spazio disco in esaurimento. Ma il tweet dice anche una cosa più inquietante: l’ora indicata, le “3.47AM“, si riferiscono al fuso orario -8 GMT, ovvero Nord America costa occidentale. Il problema si è quindi verificato in una server farm americana? L’autenticazione degli utenti di Google di tutto il mondo, e relativa conservazione dei dati, avviene quindi su un server localizzato negli USA? Se così fosse, potrebbero esserci potenziali problemi legali dovuti alla sentenza Schrems2 che, a luglio 2020, ha invalidato il Privacy Shield tra USA ed EU?
Al di là di questo aspetto, però, c’è ben altro.
Google è una azienda privata. Una multinazionale quotata in borsa con profitti da miliardi di dollari e migliaia di dipendenti e sedi in tutto il mondo. Che raccoglie, ormai, una buona fetta dei nostri dati provenienti dalle ricerche, dai nostri smartphone e da ciò che arriva grazie alla pubblicità e ai vari trackers sparsi ormai in quasi tutti i siti web. E dai dati che ci carichiamo noi stessi, usando le svariate piattaforme cloud messe a disposizione sia gratuitamente che a pagamento. Google è la ‘G’ dell’acronimo GAFAM – Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft -, le 5 multinazionali americane che detengono la maggioranza dei servizi disponibili sul Web.
Se devo immaginarla come se fosse una “banca”, e possiamo ben dire che è una banca… dati enorme, direi che è una di quelle “too big to fail”, troppo grande per fallire. Perché un suo improvviso fallimento trascinerebbe con sé una enorme fetta dell’economia mondiale. Esattamente, ma molto più in grande, quanto è accaduto durante la crisi dei mutui subprime del settembre 2008. Solo che qui c’è in ballo non solo l’economia ma la vita e i ricordi, letteralmente, di milioni di esseri umani e di decine di migliaia di aziende, in tutto il mondo. Pensate di perdere tutte le foto che avete caricato su Google Photo. Tutti i documenti che avete su Docs, i files che avete su Drive, la posta su GMail…e questo, badate bene, vale anche per le altre multinazionali già citate. Ho immaginato forse lo scenario peggiore. Ma può anche succedere altro, da questioni politico-legali a vicende internazionali che potrebbero “spegnere” Google in qualche area geografica. O, molto più banalmente, e come già successo, utenti che si sono ritrovati i loro servizi – e relativi dati – cancellati senza motivazione apparente (sì, Google può farlo, soprattutto se usate i servizi gratuiti).
“Il cloud non esiste. È solo il computer di qualcun’altro“. E se questo computer si rompe? Lunedì abbiamo avuto un piccolo assaggio di cosa accadrebbe. Di cosa accade quando si concentrano i propri dati, alcuni dei quali importanti sia economicamente che affettivamente parlando, su una unica piattaforma. Sul web ci sono molte testimonianze di utenti che hanno abbandonato Google e i suoi servizi, puntando su piattaforme alternative e differenziando: credo che sia la scelta migliore (ricordo alcuni amici esperti di finanza che consigliavano la stessa cosa: diversificare!) e non posso che consigliare ancora una volta di avere sempre pronto un “piano B” (“B” sta per “backup”) per i dati importanti.
Anche quelli che conserviamo su Google.
Link utili
- Google Takeout per scaricare tutti i dati personali che abbiamo sul cloud di Google;
- MyActivity per cancellare i dati personali dal cloud di Google;
- Link per il recupero account di Google disattivato;
- Backupify (a pagamento), per semplificare il backup dei dati sul cloud;
- Gmail Keeper (a pagamento, per Windows) per salvare la casella Google Mail.
*www.zerozone.it