di Michele Pinassi*
“Solo nella trappola per topi il formaggio è gratis” (Proverbio russo)
SIENA. Ricordo ancora quando Google iniziò a offrire, nel lontano 2004 e solo su invito, caselle e-mail gratuite Google Mail: sono ormai passati molti anni da quella rassicurante interfaccia che prometteva caselle e-mail gratuite con talmente tanto spazio tanto da non doversi più preoccupare di cancellare la posta.
Ricordo bene anche quel numero in home page che cresceva continuamente, a rappresentare lo spazio gratuito offerto ad ogni casella e-mail: aumentava, ogni manciata di secondi, e sembrava non dover finire mai. Invece è finito.
Lo spazio gratuito messo a disposizione da ogni singola casella/account di Google è fermo da tempo (secondo quanto riportato da Il Post, almeno dal 2013) a 15 GByte complessivi per la posta, le foto, i documenti.
Possono sembrare tanti e, per molti, lo sono. Ma l’aumentare del traffico di e-mail, della dimensione delle foto e dei documenti, oltre all’abitudine sempre più diffusa (e consolidata dall’abbondanza, almeno apparente, di spazio disponibile) di non cancellare più niente, lo spazio può diventare “stretto” nel giro di qualche anno, almeno per una parte di quegli oltre 1,4 miliardi di utenti che hanno aderito ai servizi gratuiti di Google.
Ci siamo cascati in molti, chi più e chi meno consapevolmente, in questo perfetto lock-in: offrire un servizio gratuito fino a renderlo leader sul mercato (e Google Mail ormai ha quasi monopolizzato il servizio di posta elettronica). Molti vi si iscrivono, non solo per farne un uso personale ma anche per scopi professionali (quante aziende o liberi professionisti hanno una casella @gmail.com che usano per lavoro?), tanto da diventare quasi insostituibile.
Per non dimenticare la straordinaria operazione del sistema operativo Android, ormai diffuso su milioni di smartphone e dispositivi in tutto il mondo, che necessita di un account Google per poter funzionare al meglio! Una operazione che ha portato persone come mia nonna ad avere una casella e-mail @gmail.com dove riceve estratti conto e altre comunicazioni importanti, quasi senza neanche sapere cosa sia una casella di posta elettronica.
Cosa fare, quindi, quando lo spazio gratuito a disposizione sta per esaurirsi? Rinunciare al servizio abbandonando foto, documenti ed e-mail oppure magari aderire al servizio Google One, a partire dalla modica cifra di 1,99€ mensili per 100GB di spazio a disposizione?
Certamente usare per scopi professionali un servizio gratuito non è mai consigliabile. Sarebbe sufficiente leggere i Termini di servizio, in particolare quando sottolineano che “Google potrebbe anche interrompere la fornitura di Servizi all’utente oppure stabilire nuovi limiti di accesso ai Servizi in qualsiasi momento“: avete mai pensato a cosa succederebbe al vostro lavoro se la casella e-mail dove ricevete le fatture e le comunicazioni da e per clienti e fornitori fosse, improvvisamente, inaccessibile? E non ci fosse, come nel caso della versione gratuita, nessuno da chiamare o con cui lamentarsi? (Google One, a pagamento, offre un servizio di assistenza dedicato).
Vale la pena fare una riflessione analoga anche per tutti coloro che lo usano assiduamente per salvare le foto di famiglia, documenti importanti o vi ricevono mail essenziali per la propria vita: se improvvisamente vi fosse negato l’accesso, senza alcun preavviso, cosa fareste?
Come per ogni cosa che ci viene offerta gratis, non possiamo avanzare pretese come avevo già raccontato in un articolo recente.
Sia chiaro che Google fa semplicemente business, e riesce a farlo straordinariamente bene. Non credo e non ho mai creduto alla filantropia o alla generosità di aziende quotate in borsa, per quanto talvolta la loro strategia di comunicazione sia proprio quella di apparire bravi, buoni e degni della nostra fiducia.
Certamente Google ha molti meriti, tra cui quello di offrire servizi innovativi (e spesso gratuitamente) a milioni di utenti. In cambio ha ottenuto, da noi, una enorme quantità di nostri dati personali (di recente, ad esempio, Google ha ammesso di prendere nota di tutti i nostri acquisti on-line: qualcuno ne è rimasto sorpreso?), che probabilmente sono stati usati per profilarci e guadagnare con la rivendita di inserzioni pubblicitarie, se non di peggio: Internet era nata decentrata anche come baluardo di libertà civili, negli ultimi anni questo pericoloso accentramento sta minando alla base proprio queste libertà.
Se il gratis non è mai realmente esistito (ogni cosa, ogni servizio ha un costo che qualcuno paga), caduto il velo dell’illusione rimane solo la drammatica consapevolezza che – anche in Rete – la libertà si deve conquistare talvolta a caro prezzo.
*www.zerozone.it