di Michele Pinassi*
“I venditori di ebook affermano che la negazione delle nostre libertà tradizionali
è necessaria per continuare a remunerare gli autori.”
Il pericolo degli ebook, (Richard Stallman)
SIENA. Microsoft ha annunciato la chiusura del suo store e la conseguente cessazione del servizio di ebooks, riconoscendo un rimborso agli acquirenti che non potranno più accedere ai libri da loro acquistati.
Anche se l’impatto immediato di questa decisione è limitato perché i libri acquistati dallo store di Microsoft sono pochi (da qui la decisione di chiuderlo), la vicenda evidenzia ancora una volta l’assenza di tutele per gli utenti nel mondo digitale, in particolare nel mondo del DRM –Digital Right Managements– e l’incompatibilità di quest’ultimo con le esigenze di conservazione dei prodotti della conoscenza.
Vale la pena ricordare un famoso testo di Richard Stallman, già citato in apertura, sul pericolo degli ebook (lo trovate qui: https://stallman.org/ebooks.
- si possono comprare anonimamente in contanti e, quindi, se ne è proprietari;
- non ci è richiesto di firmare una licenza che ne restringe l’uso;
- il loro formato è noto e per leggerli non occorrono tecnologie proprietarie;
- si possono dare, prestare o vendere ad altri;
- si possono fisicamente scansionare e copiare, talvolta legalmente dal punto di vista del copyright;
- nessuno ha il potere di distruggere un libro di qualcuno;
Preciso subito che non tutti gli ebook sono “blindati” dai DRM: per fortuna esistono progetti, come il progetto Gutenberg, che offrono libri digitali totalmente liberi e senza alcuna restrizione.
Tuttavia gli utenti dei grandi distributori di ebooks, come Amazon, dovrebbero quantomeno avere la consapevolezza che non sono proprietari del libro che hanno acquistato: hanno il diritto di leggerlo, fino a quando verrà loro concesso questo diritto (la vicenda che ha coinvolto proprio Amazon nel lontano 2009, relativamente al libro 1984, è emblematica).molti clienti di Amazon che avevano comprato le edizioni elettroniche di 1984 e La fattoria degli animali di George Orwell si sono accorti nei giorni scorsi che quei libri erano spariti improvvisamente dal loro Kindle. E che la cifra spesa per acquistarli era stata rimborsata sulla loro carta di credito. (Amazon cancella Orwell da Kindle, Corriere.it)
Non mi interessa demonizzare né Amazon né Microsoft, né tutti gli altri servizi che offrono libri in edizione digitale. Io stesso ne ho fatto uso e ho acquistato alcuni libri in versione ebook, per leggerli sul mio Kindle comodamente ovunque vada, senza dover portare con me kg e kg di carta stampata.
In cambio di questa comodità, oltre a poter leggere i libri a prezzo sensibilmente ridotto in confronto all’edizione cartacea, accetto di far sapere ad Amazon (o comunque al fornitore del servizio) cosa sto leggendo, quando lo sto leggendo, con quale velocità, quali parti dei libri hanno maggiore attenzione e via dicendo. E’ come avere qualcuno dietro le spalle, continuamente, che in qualunque momento e a suo insindacabile giudizio, può togliermi il libro e decidere che non posso più leggerlo.
Ovviamente il tutto viene giustificato dalla necessità di poter remunerare gli autori e tutelarli dalla “pirateria”: il DRM nasce proprio per questo, un “lucchetto digitale” le cui chiavi sono saldamente nelle mani dei fornitori del servizio.
Ma se un libro cartaceo non può essere controllato puntualmente e, una volta acquistato e uscito dalla libreria, non è tracciabile né vincolabile, per gli ebook non è affatto così e questo pone seri interrogativi anche sulle possibilità di conservazione a lungo termine di questo materiale della conoscenza.
La tecnologia degli ebook con DRM trasferisce tutti gli oneri di conservazione nelle mani dei fornitori del servizio, aziende private che semplicemente gestiscono i loro “beni” nella forma più remunerativa possibile. E possono decidere, in qualunque momento, di rimuovere dalla disponibilità questi beni, senza alcuna speranza di poterli recuperare magari sulle bancarelle di libri usati o in archivi dismessi.
Pensiamo, ad esempio, a tutte le rarità editoriali e al fascino dei negozietti di libri usati, destinati probabilmente a scomparire o a rimanere relegati ad una nicchia sempre più ristretta di appassionati. Ma anche, molto più banalmente, al fatto che una fetta sempre più ampia di produzione della conoscenza e della cultura potrebbe non essere più disponibile all’utenza (neanche a quella pagante) per banale scelta aziendale.
È un rischio che la società della conoscenza è disposta ad accettare?
*www.zerozone.it