di Michele Pinassi°
“C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti.”
(Henry Ford)
SIENA. L’odio in rete, l’hate speech, favorito dalla percezione – errata – dell’anonimato, è forse una delle fenomenologie più odiose presenti oggi soprattutto sui social. Niente di nuovo, poiché ciò che accade sui social altro non è che lo specchio della società. Solamente che, mentre le invettive lanciate dal bancone del bar rimangono – appunto – al bar, quelle scritte su Twitter o su Facebook rimangono e sono visibili a un pubblico molto più ampio.
Molto spesso gli insulti si concretizzano in reato, come la diffamazione a mezzo stampa (i social network sono considerati al pari di un mezzo di informazione classico). La cronaca degli ultimi anni è piena di azioni legali mosse da personaggi politici nei confronti degli haters che via web ne hanno offeso il prestigio e l’onore, andando ben oltre il diritto di critica.
Tuttavia, nella giungla di leggi e sentenze, talvolta è difficile capire se una situazione è diffamante oppure no. Ed è difficile, nel caso in cui si fosse vittima di questo odioso reato, capire come muoversi. Per questo scopo è nato Chi Odia Paga, la “prima piattaforma legaltech italiana che ti fornisce gli strumenti per difenderti in modo semplice, veloce e sicuro dalle forme d’odio che, partendo dalla vita reale, hanno invaso il web.“
Il portale offre un comodo questionario a cui rispondere per capire se siamo stati vittima di diffamazione (o altre fattispecie di reato) oppure no. Nel caso vi siano gli estremi per la denuncia, il servizio offre supporto e consulenza anche per la raccolta delle prove: uno degli aspetti più difficili e delicati. È bene infatti ricordare che la stampa della schermata o lo “screenshot” non ha sempre valore legale ed è bene, per tutelarsi al meglio, rivolgersi a un legale che abbia la necessaria conoscenza del contesto.
È esattamente questo il contesto in cui si muove il legaltech, la nuova forma di supporto legale legata agli ambiti informatici, che richiede competenze trasversali che vanno dall’ambito sistemistico a quello forense a quello prettamente giurisprudenziale. Un ambito, il legaltech, destinato anche in Italia ad avere una forte espansione negli anni a venire, conseguente la sempre maggior diffusione della tecnologia nelle nostre vite.
Grazie alle più moderne tecnologie d’intelligenza artificiale, attuate attraverso i c.d. “chatbot“, sarà possibile automatizzare alcuni processi e ridurre i costi delle consulenze legali per renderle più accessibili a tutti i cittadini vittime di reati: anche il mestiere di avvocato, come molti altri, è destinato a mutare rapidamente. Ci stiamo avvicinando, sempre più velocemente, al momento in cui anche le consulenze legali saranno quasi totalmente automatizzate e chissà che un giorno, forse neanche così lontano, anche il ruolo di giudice sarà sostituito da una AI in grado di esprimere una sentenza.
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