di Michele Pinassi
SIENA. Letteralmente, “tempesta di m..da“. E’ uno dei neologismi coniati dalla Rete per descrivere quello che, fino a qualche anno fa, era chiamata “macchina del fango” o “metodo Boffo“, in ricordo di quanto accaduto all’allora direttore di Avvenire, Dino Boffo, quando attaccò – attraverso il popolare giornale cattolico – il presidente del Consiglio Berlusconi per le frequentazioni “equivoche”. La reazione della stampa filo-governativa fu feroce e proporzionato, arrivando addirittura a riesumare un episodio del passato per colpire il direttore della testata, Dino Boffo, che dopo poco rassegnò le sue dimissioni.
A voler essere precisi, tuttavia, una shitstorm è qualcosa di diverso dal “metodo Boffo“, non tanto nel fine quanto negli attori coinvolti. La shitstorm si avvale soprattutto della Rete e dei social network, attraverso i quali vengono veicolati gli insulti, le illazioni, le calunnie che devono colpire, come una vera e propria tempesta, il malcapitato di turno.
E’ uno strumento utilizzato nelle moderne strategie di comunicazione digitale per screditare gli avversari utilizzando i canali sociali, colpendo il bersaglio sotto il profilo della credibilità, autorevolezza e dignità personale. Una sorta di stalking digitale realizzato, spesso inconsapevolmente, da (migliaia ?) di profili social manipolati ad arte. Una shitstorm può essere attuata nei confronti non solo di persone ma anche di locali commerciali, come ben sa ad esempio il ristorante fiorentino Quinoa che, agli inizi del 2017, venne bersagliato da migliaia di recensioni negative atte ad affossarne la reputazione (e la reputazione, come ben sappiamo, sono soldi !).
Questa moderna forma di bullismo, assieme ad altre anche più subdole, messa in atto attraverso gli strumenti social, sembra venga utilizzata anche da Agenzie governative per manipolare il sentiment dell’elettorato (Russiagate?) e colpire gli avversari politici. Utilizzata anche in Italia attraverso vere e proprie campagne di odio fomentate da movimenti e/o personaggi politici che, fomentando l’hate speech, manipolavano il sentimento popolare e, di conseguenza, anche le tendenze di voto.
Nel dettaglio, una shitstorm si può realizzare in diversi modi. La prima è attraverso la diffusione di fake news atte a scatenare un sentimento di odio verso il bersaglio, abilmente veicolate sui canali sociali. La seconda è utilizzando profili fasulli per attaccare il bersaglio con accuse, insulti e – appunto – recensioni fasulle. Ovviamente non è escluso l’uso di una tecnica mista, ovvero l’uso sia di fake news che di profili fasulli per veicolarle e scatenare l’odio della Rete verso il malcapitato bersaglio. Spesso le fake news vengono costruite partendo da notizie vere (o comunque verosimili) e poi montate ad arte, talvolta anche in modo calunnioso, per provocare sentimenti di rabbia.
La portata di simili fenomemi non è da sottovalutare: esistono sui canali sociali decine di gruppi realizzati ad arte per veicolare informazioni fasulle – o comunque tendenziose – proprio per scatenare queste tempeste. Gruppi mai direttamente collegati, almeno non formalmente, ai burattinai che gestiscono queste campagne di odio ma abilmente sfruttati quando serve per veicolare le notizie scatenanti: pensate ad esempio a tutti quei gruppi “pseudo M5S” dove vengono continuamente veicolate informazioni o meme di dubbia veridicità ma comunque calunniosi o offensivi nei confronti di personaggi pubblici. O delle campagne di odio provocate da post molto duri da parte di influcencer famosi, come l’ormai famoso attacco di Selvaggia Lucarelli alla pagina FB di Sesso, droga e pastorizia (che però ebbe l’effetto di scatenare una shitstorm proprio contro la Lucarelli).
Per avere un esempio concreto e reale della portata di simili strategie, vi segnalo un interessante articolo di Fabio Martire che descrive come, utilizzando le moderne strategie di comunicazione digitale, è possibile realizzare campagne elettorali vincenti (a che prezzo ?): Raddoppiare il numero di fan in una notte e altre magie imparate seguendo una campagna elettorale.