“Qualsiasi sciocco può fare qualcosa di complesso; ci vuole
un genio per fare qualcosa di semplice.” (Pete Seeger)
di Michele Pinassi
SIENA. Sta circolando in Rete un bel video realizzato dalla BBC dal titolo “If high street shopping was like online shopping” che mostra una ragazza che, entrata in un bar/pasticceria, ordina due “bread rolls“: il commesso inizia a fare svariate domande alla cliente, dal suo nome e cognome all’insegnante preferito, per finire con una divertente simulazione del captcha per verifica che non sia un robot.
Si tratta, ovviamente, di una ricostruzione ironica: nessun esercizio commerciale si permetterebbe – almeno per ora – di fare simili domande a una cliente!
Per chi, però, si trova a fare acquisti on-line, il terzo grado prima del completamento della transazione non è una novità: quante volte abbiamo dovuto compilare lunghi moduli di iscrizione per poter acquistare un prodotto sul web? In quanti portali abbiamo inserito i nostri dati anagrafici, mettendo anche a rischio la nostra privacy? Probabilmente molti.
Mi è capitato spesso di rinunciare a un acquisto perché non comprendevo il motivo di dover fornire certi dati personali per acquistare, che so, 5kg di arance bio: ti dico il nome e l’indirizzo per la spedizione, poi ti pago. Che altro deve servirti? E invece, nella “grande abbuffata” di dati personali che sta annientando la riservatezza in Rete, ecco che anche un banale acquisto può trasformarsi in un vero e proprio interrogatorio, talvolta al limite del ridicolo.
Senza contare, appunto, i rischi per la nostra sicurezza dovuti ai furti di dati (“data breach“), in particolare per chi conserva le credenziali in chiaro: sono molti, più di quanti immaginiamo, i portali sul Web che non adottano soluzioni di cifratura per le password (date pure un’occhiata al sito Plain Text Offenders), che confermano ancora una volta la necessità di usare credenziali diverse per ogni sito web a cui ci registriamo.
Anche per questo, per fare acquisti on-line è meglio affidarsi a merchandisers noti, che investono anche sulla sicurezza dei sistemi. In particolare, bene diffidare dei sistemi di pagamento che richiedono l’inserimento della carta di credito su portali di dubbia sicurezza, preferendo soluzioni come PayPal per completare le transazioni sul Web.
Inoltre, i grandi Portali offrono assistenza pre e post-vendita non sempre disponibili, oltre a garantire una certa qualità sia del servizio che dei prodotti venduti. In particolare, mi è capitato di arrivare su portali all’apparenza italiani ma che facevano riferimento ad aziende o piccole società (magari in drop shipping…) all’estero, fuori dalla UE: se volete un consiglio, anche in questi casi meglio lasciar perdere.
Ricapitolando, sicuramente il settore dell’e-commerce sarà destinato ancora a crescere, anche nel nostro paese (tradizionalmente meno propenso all’uso del Rete per gli acquisti).
Questo sta già comportando una serie di profondi cambiamenti anche nel tessuto sociale e culturale delle nostre città, con i tradizionali negozi alle prese con la “guerra dei prezzi” dei competitor on-line.
C’è però un importante elemento di vantaggio nei negozi tradizionali: la riservatezza. Anche se continuamente “minata” dalle tessere fedeltà, poter acquistare beni in forma anonima pagando con il contante è ancora oggi una importante libertà: cerchiamo di proteggerla.