L'ingegnere è un punto di riferimento nell'ambito della sicurezza dei macchinari
Siamo ormai entrati in una nuova fase della rivoluzione industriale: l’industria 5.0. Questo nuovo approccio mira a completare quello precedente, puntando sulla sinergia tra uomo e tecnologia. Lo scopo è la valorizzazione del capitale umano, una maggiore sostenibilità ambientale e una migliore resilienza, per fronteggiare crisi economiche o altre avversità tramite dei processi produttivi più flessibili. Le tecnologie alla base di questa innovazione derivano dall’industria 4.0, come l’AI, l’Internet of Things e i Big Data, ma qui saranno messe al servizio del benessere di lavoratori e cittadini.
Abbiamo deciso di rivolgerci all’ingegner Claudio Delaini, esperto di sicurezza industriale (nel suo blog Certificazione CE è possibile trovare continui aggiornamenti in materia), per approfondire questa tematica e comprendere meglio le implicazioni di questo paradigma industriale e le novità che porta con sé. Sebbene sia solo agli inizi, Industria 5.0 avrà un impatto significativo sull’organizzazione aziendale. L’obiettivo che si pone la Commissione Europea, esposto nel report Industry 5.0: Towards more sustainable, resilient and human-centric industry, è quello di un’industria più umana, con una maggiore enfasi sul lavoratore e sull’ambiente. La Commissione europea ha voluto enfatizzare la sostenibilità e l’economia circolare come pilastri per questa nuova fase, in modo da ridurre gli sprechi e l’impatto ambientale derivanti dalla produzione. L’approccio adottato intende integrare pratiche eco-sostenibili in tutte le fasi del processo produttivo.
Per raggiungere questi obiettivi si rendono necessarie delle tecnologie in grado di integrare le capacità del lavoratore espandendole; la Commissione Europea ne ha individuate alcune, tra cui sistemi in grado di adattarsi ai lavoratori, semplificando il processo produttivo tramite una nuova interazione personalizzata tra uomo e macchina, tecnologie per migliorare l’efficienza energetica e l’autonomia, l’intelligenza artificiale, l’analisi dei dati e il digital twin; quest’ultimo non è che una riproduzione virtuale del prodotto fisico in grado di restituire una fotografia del suo stato in tempo reale e permette di testare miglioramenti senza agire direttamente su di esso.
Specialmente l’intelligenza artificiale – sottolinea Delaini – acquisirà un ruolo ancora più di primo piano, automatizzando le attività e migliorando la flessibilità della produzione grazie alla capacità delle macchine di apprendere e analizzare le informazioni, ottimizzando le risorse a disposizione. Un’altra tecnologia chiave per questa rivoluzione industriale è l’IoT (Internet of things), che consente ai dispositivi di collegarsi tra loro via internet e scambiarsi dati; questo permette di ridurre l’impatto ambientale attraverso l’ottimizzazione dei consumi energetici o avvisare i tecnici di eventuali malfunzionamenti prima che si verifichi un guasto vero e proprio.
Le tecnologie dell’industria 4.0 non saranno soppiantate, ma reinterpretate in una nuova ottica, che consentirà di mettere sempre più al centro il lavoratore e la creatività umana. Per poter umanizzare l’industria, però, sono necessari degli ulteriori interventi che permettano di adeguare le competenze dei lavoratori e questa sarà una delle principali sfide del nuovo paradigma. Infatti, le imprese dovranno subire una trasformazione culturale per formare i lavoratori all’uso delle nuove tecnologie, in modo da evitare un eccessivo divario tra le competenze necessarie e quelle effettivamente possedute dai lavoratori. Un’altra sfida sarà rappresentata dagli importanti investimenti che potrebbero essere necessari per implementarla, specialmente per quanto riguarda i costi legati all’adozione su larga scala delle rinnovabili e delle tecnologie per l’efficientamento energetico. Infine, se da un lato il progresso tecnologico aumenterà la domanda di lavoro in settori come la cyber security, l’analisi dei dati o la robotica, dall’altro potrebbe provocare la perdita di posti di lavoro, specialmente per quei lavoratori poco qualificati che non hanno facilmente accesso a corsi di formazione o riqualificazione.
Le opportunità e le sfide che si prospettano all’orizzonte sono tante e, sebbene questa nuova era sia soltanto agli inizi, col tempo emergeranno le conseguenze concrete di questa trasformazione industriale, specialmente per quanto riguarda il ruolo dell’uomo e la sua collaborazione con la macchina.