Prosegue il presidio di protesta vicino al casello di Bettolle
di Andrea Pagliantini
SINALUNGA. “Il punto è: che se loro fossero foche o balene sareste tutti indignati. Ma loro non lo sono, no. Purtroppo no. Loro sono normalissimi, comunissimi esseri umani, gente perbene a cui non è rimasta neanche una dannatissima oncia di speranza”.
Sono le parole di Danny, il direttore della banda della miniera di Grimley di fronte al pubblico del Royal Albert Hall, dopo aver vinto la gara fra le bande musicali del Regno Unito (cit. dal film “Grazie Signora Tatcher”).
Persone, che per essere considerate suonano della bella musica, ma che una volta smessi gli strumenti e gli spartiti tornano a essere semplici
minatori… o semplici contadini come in questo caso. Sono le persone che con fatica e passione riempiono le tavole di ogni prelibatezza, ma nella scala gerarchica della considerazione sono fra quelli che hanno le mani sporche, le scarpe fangose e devono sfidare le bizze delle stagioni e dei riempitori di sedie. In Val di Chiana, il presidio dei contadini raccoglie applausi e tanta solidarietà da chiunque passa.
Di fronte al divario fra i prezzi all’origine e quelli sul banco di vendita c’è tutta un’ingiustizia e una forbice che si traduce in frutta e ortaggi pagati pochi centesimi e rivenduti a peso d’oro… mentre chi raccoglie e chi coltiva deve stringere la cinghia.
I trattori del presidio sono quanto di più bello e moderno la tecnologia e la meccanica producono per agevolare il lavoro nei campi ed è
innegabile che la possibilità dell’uso e l’acquisto di questi mezzi è dovuto ad agevolazioni e contributi comunitari. Un contadino ha tutto l’interesse affinchè quanto produce e la sua terra (la sua vita) sia quanto di più sano e benefico per il consumatore e per i propri figli.
Si fa un po’ di confusione fra l’uso o il non uso dei pesticidi (eppure i contadini con l’arguzia e l’ingegno hanno combattuto da sempre con le
avversità più diverse), ma nessun coltivatore vorrebbe nutrire la propria famiglia con alimenti ipoteticamente incerti. Ciò che arriva dall’estero non corrisponde ai criteri di benessere e salubrità che vengono richiesti ai nostri coltivatori, ma è anche vero che ogni lotto in arrivo viene controllato, analizzato, ben monitorato prima di essere trasformato e portato sulle nostre tavole.
L’ingiustizia è evidente: sta nella differenza che prende un agricoltore combattendo con tutte le avversità (e anche le assurdità di parecchi
burocrati) rispetto a quando il suo prodotto viene rivenduto.
Esistono gruppi di produttori e di consumatori che si aiutano, con i primi che spuntano un prezzo più equo, con i secondi che acquistano
prodotti di grande qualità a prezzo minore che in qualsiasi cattedrale della grande distribuzione… forse la strada è questa.