L'associazione chiede di migliorare il funzionamento della macchina burocratico/amministrativa regionale, con un’attenzione particolare ad Artea
FIRENZE. L’impresa agricola strutturata, aperta al mercato, alle innovazioni, che garantisce occupazione nel pieno rispetto delle norme in materia di lavoro e di contrattazione collettiva, deve essere posta al centro delle politiche regionali, a partire dal Piano di sviluppo rurale: è questo il cuore delle proposte che Confagricoltura Toscana avanza ai candidati alla presidenza della Regione.
In sede di negoziazione della nuova Pac e del futuro Psr, Confagricoltura Toscana ritiene necessario che la Regione si adoperi per rivedere le norme sulla determinazione del valore dei pagamenti diretti, per evitare che vengano ulteriormente ridotti i sostegni per imprese al di sopra di certe dimensioni, e che si adoperi per far sì che le nuove politiche per la tutela dell’ambiente, dei consumatori e dei giovani siano attuate gradualmente, evitando restrizioni che il sistema delle imprese agricole non è in grado di sostenere: ad esempio, l’eliminazione di fitofarmaci privi di valide alternative.
L’associazione chiede di migliorare il funzionamento della macchina burocratico/amministrativa regionale, con un’attenzione particolare ad Artea, e con una revisione normativa che semplifichi i processi amministrativi, e incrementi il livello di responsabilità degli operatori pubblici a qualsiasi livello. In termini di vivibilità e opportunità d’impresa per le aree rurali, per Confagricoltura Toscana è necessario mantenere tutti i servizi civili essenziali e di realizzare le infrastrutture ad oggi mancanti, a partire da quelle che assicurano una efficace connettività alla rete.
Infine, l’associazione chiede modifiche legislative per consentire il più possibile l’intervento diretto del conduttore di fondi agricoli, in possesso di porto d’armi per uso di caccia, a difesa delle proprie produzioni dalla fauna selvatica: è necessario autorizzare il totale e pronto risarcimento del danno reale causato da predatori e ungulati, senza vincolarlo all’attuazione di insostenibili misure di prevenzione come la recinzione di migliaia di ettari di colture.