A danneggiare le colture sono cinghiali, ma anche daini, cervi, caprioli
FIRENZE. Non solo cinghiali. Anche daini, caprioli e cervi stanno provocando gravi danni alle coltivazioni. Per questo Confagricoltura Toscana lancia un appello a chi risulterà vincitore alle prossime elezioni regionali, in programma il 20 e 21 settembre.
“Gli ungulati distruggono le nostre colture, è necessario affrontare con determinazione questo problema, mettendo in atto azioni di contenimento reali ed efficaci, non solo per cinghiali, ma anche per daini cervi e caprioli, sempre più numerosi nei nostri territori”, afferma Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana.
“Ci auguriamo che il futuro presidente della Toscana dia impulso a un mutamento della legislazione nazionale e modifichi quella regionale per trovare soluzioni per far convivere il mondo dell’agricoltura con quello venatorio, e garantire la sostenibilità agricola e ambientale. La situazione sta diventando insostenibile: serve un maggior decisionismo politico, azioni non solo parole”.
Solo nella provincia di Siena si contano circa 1000 cervi, 26 mila caprioli e 6mila daini, concentrati soprattutto nel Chianti, nelle zone di Montalcino e San Gimignano. Prendono di mira soprattutto i germogli di vite: un capriolo, ad esempio, è in grado di mangiarne fino a 15 chili al giorno, compromettendo lo sviluppo della pianta anche per un paio di anni.
“Nel Senese ogni anno ci sono 17mila abbattimenti di cinghiali, ma si stanno sottovalutando i danni provocati da altri animali”, afferma Neri.
Quest’anno la siccità estiva e lo stop alla caccia durante il lockdown hanno contribuito a peggiorare una situazione che grazie all’opera di contenimento fatta nel 2018 e nel 2019 (dopo i 4milioni di euro di danni alle colture causati dagli ungulati del 2017) era migliorata.
“Alla futura giunta chiediamo di affrontare questo problema, utilizzando anche gli strumenti che mette a disposizione la Comunità Europea”.
In assenza di azioni concrete di prevenzione, l’unica alternativa è proteggere le colture, compresi i vitigni, con recinzioni. “Oltre ad essere un costo insostenibile per chi si occupa di colture tradizionali, sarebbe una sconfitta per tutti e ci rimetterebbe anche la bellezza del paesaggio toscano”, conclude Neri.