SIENA – Addio pregiato pecorino, addio chianine. “Noi chiudiamo, il lupo ha avuto la meglio”. L’esasperazione sembra essere arrivata al limite. Gli attacchi dei lupi – già oltre una ventina nel solo 2023 – hanno minato la fiducia degli allevatori. Siamo a Radicofani, nell’estremo Sud della provincia di Siena, in Val d’Orcia. Ma la situazione, come sottolinea la Cia Agricoltori Italiani di Siena, è comune in altre zone del territorio senese.
Valentino Ciacci (dell’azienda Ghino di Tacco) ed il fratello Claudio il lavoro di allevatore (azienda San Giacomo), sono arrivati allo stremo. In totale hanno 80 bovini adulti più i vitelli e circa 850 capi di ovini, il cui latte ricavato viene venduto ai caseifici in Val d’Orcia.
“La situazione di questa nostra azienda è simile a tante altre – afferma Federico Taddei, presidente Cia Siena -, non ci sono più parole da spendere, ma servono solo interventi concreti e risolutivi, in grado di riportare la presenza del lupo nei nostri territori a quella di anni fa, quando era ancora sostenibile. Altrimenti a breve rimpiangeremo le nostre eccellenze agroalimentari”.
“Ormai stiamo subendo attacchi anche di giorno – dicono i due allevatori -, i lupi non hanno paura dei cani e neanche dell’uomo. Animali morti dopo ogni attacco, pecore soprattutto, ma anche vitelli di razza chianina. Siamo sotto attacco: il risarcimento di 25mila euro in tre anni, può bastare per una piccola azienda, ma non per allevamenti medio-grandi come nel nostro caso”.
Inoltre, il problema burocrazia: “Volevamo fare una tendostruttura mobile per far stare le pecore più protette – spiegano -, ma la Soprintendenza ci ha bloccato per via del vincolo paesaggistico, essendo in Val d’Orcia; mentre dal Comune avevamo avuto l’approvazione alla nostra richiesta”.
“Se gli allevamenti si trovano costretti a chiudere – dice Roberto Bartolini, direttore Cia Siena – si avrà l’abbandono dei territori, con danni ambientali, economici ed occupazionali. Occorre intervenire”.
L’appello alle istituzioni: “Diteci insomma cosa dobbiamo fare – aggiungono -, se chiudere subito o nel giro di 2-3 anni. Si perde un grande patrimonio, il pecorino non lo faranno più con il nostro latte. Chiediamo che la Regione Toscana si attivi per monitorare davvero i lupi, la situazione non è più sostenibile. E poi servono misure concrete di contrasto”.
E in una azienda vicina è stato vietato sempre per motivi burocratici legati al paesaggio, anche l’installazione di recinzione antilupo, perché ritenuta impattante.