di Andrea Pagliantini
SIENA. Avreste quasi ottant’anni, ma l’ironia sapida e fatalista, che vi ha sorretto e fatto sorridere nei momenti difficili, sarebbe ora applicata all’esiguo numero di bracciate nel mare di Favignana fatto da uno e alle poche pedalate in bicicletta fatte dall’altro, in un sottile gioco di canzonature con familiari, amici e colleghi di quando riusciste a vincere quello scontro epico fra la luce del sole e le tenebre, che tanti avrebbero voluto non si giocasse o avrebbero voluto che si facesse finta di giocare.
A orari strani, il rientro a casa fra le sirene e il rumoreggiare dei vicini per il fracasso o per il timore che l’intonaco nuovo, tirato su di fresco, potesse essere danneggiato con qualche improvviso fuoco artificiale.
Tanti caffè, sigarette, confidenze, passeggiando nelle pause per quei corridoi di marmo freddo e garbatamente ostile.
Si poteva vincere e ci siete riusciti, dimostrando che al puzzo del compromesso è sempre preferibile una tenace forza di volontà condita di battute per smussare le tensioni più gravi e le pareti di ghiaccio più impervie messe innanzi da chi è carico di invidia, gelosia, leale indisposizione a schierarsi.
E in quei rari momenti fuori dagli uffici era rinfrancante gettarsi su un piatto di spaghetti, leggere con attenzione la pagella dei figli, progettare un paio d’ore di mare nell’intimità scanzonata delle famiglie normali. Ascoltare “Se telefonando” di Mina.
Mai siete stati soli, perchè – quando si è soli – si muore. E’ come passare invisibili fra un milione di persone, è come se le parole circumnavigassero solo nella teste, con la voce che uscisse insonora, come se l’indifferenza venisse a sanare i graffi di spine del vivere quotidiano dentro un sudario.
Più che per la pensione, le onorificenze o il piedistallo nei libri di storia avete fatto il vostro dovere con diligenza solo per poter indossare una spessa vestaglia da camera, ascoltare musica classica e guardare partite di calcio in televisione prendendovi in giro per le vostre pance ormai rotonde come quelle di un commendatore.