La presentazione degli Amici del Palio
SIENA. Molti, prima di noi, hanno motivato le ragioni di coloro che spinti da una voglia liberale si trovarono, il 29 di maggio del 1848, a combattere una battaglia più grande di loro e non riusciremo mai, con poche frasi, a racchiudere il sentimento e le emozioni che quegli uomini provarono nel far fronte ad un vero esercito, più numeroso, meglio equipaggiato ed addestrato di loro, ma rileggendo una lettera inviata da un Volontario Toscano alla moglie dopo la battaglia di Curtatone e Montanara, contenuto nel romanzo “Un cappello di ciliege“ di Oriana Fallaci edito da Rizzoli nel 2008, possiamo capire che tra tutti coloro che vi combatterono, quei tre professori, un assistente e 55 studenti che formavano la Compagnia della Guardia Universitaria, non andarono lì per goliardia ma perchè nutrivano dei veri ideali, tanto grandi da permettergli di affrontare la paura e per qualcuno la morte.
“Addì 12 giugno, lunedì. Brescia. Moglie mia, ti scrivo per informarti che sono vivo. Col viso bruciacchiato e sfregiato da un razzo che piombando sulla cassa delle polveri ci massacrò a dozzine ma vivo. Parecchio deluso e avvilito ma vivo. Infatti la battaglia c’é stata, noi l’abbiamo persa. Qui per consolarci dicono che non l’abbiamo persa, che l’abbiamo vinta perché s’é fermato il Radetzky che credeva di darci una gomitata e passare in quattro e quattr’otto e sorprendere i piemontesi, rimandarli a Torino. Dicono che siamo stati bravi come i greci di Leonida alle Termopili e quando siamo arrivati a Brescia che é una città a nord-est di Milano ci hanno ricevuto con le guardie a cavallo e il sindaco sulla porta del municipio e i tappeti alle finestre e la minestra calda, nonché un bel bandierone tricolore con le seguenti parole: Le Donne Milanesi agli Eroici Volontari Toscani. E d’accordo: Radetzky s’é fermato davvero.”
Tra queste giovani, pieni di ideali, c’era anche Giovacchino Mencarini, tredicenne, figlio del possidente e benestate, di idee liberali, Cristoforo Mencarini. Insieme alla famiglia, Giovacchino abitava in via delle Terme n. 1042 (attuale n. 26), nel territorio della Nobile Contrada dell’Oca, al centro tra due dei principali punti di ritrovo dei liberali e dei democratici senesi e non occorre troppa fantasia nell’immaginarlo assorto nell’ascoltare un padre che seppur non iscritto alla Guardia Civica per problemi fisici, parlava e rifletteva di politica in maniera così coinvolgente da accendere in lui, un ragazzo di 13 anni, un entusiasmo tanto forte da indurlo ad arruolarsi. Troppo giovane per imbracciare un fucile, Giovacchino partì insieme ai volontari per combattere la prima guerra d’indipendenza, tra i tamburini che battevano il passo durante la marcia per raggiungere la Lombardia; una storia simile al Piccolo tamburino sardo, scritto da Edmondo De Amicis nell’omonimo racconto pubblicato nel libro Cuore e ambientato proprio nella guerra del 1848, un bambino “di quattordici anni che ne dimostrava dodici”, praticamente un coetaneo di Giovacchino.
Anche allora i ragazzi andavano in Contrada per imparare a girare la bandiera e suonare il tamburo, non è quindi da escludere che Giovacchino, prima della sua partenza per Curtatone e Montanare, lo sapesse suonare. Di sicuro c’è che una volta arruolato, Giovacchino, dovette imparare i vari ‘passi’ abbinati ai diversi ordini e tra questi il cosiddetto “passo della Diana”, che all’epoca veniva battuto all’alba per dare la sveglia ai militari mentre oggi cadenza le nostre comparse in Piazza. Dopo pochi anni dal ritorno nella sua Siena, nel 1852 e a soli 17 anni, Giovacchino morì e di lui non rimane che il seguente ricordo : “… sentì generoso l’amor della gloria ed esempio mirabile e raro non con le vuote parole, ma co’ fatti operosi attuavalo, arruolavasi volontario alle bandiere Toscane …”.
Da qui nasce il premio che, come potete vedere, consiste in un tamburo che emerge dal tufo rullato, come un ricordo che riaffiora nella mente, circondato da pietra Serena e riportante sulla cassa, oltre allo stemma del Comitato Amici del Palio, la riproduzione degli stemmi di tutte le Contrade secondo una rivisitazione dello stemmario di Dino Rofi. Finemente lavorato, curato in ogni piccolo particolare e dettaglio, pensato e splendidamente realizzata da Antonio Benocci, poliedrico personaggio della vita senese, come dice lui “artista per passione”, uomo di grande valore, contradaiolo di indiscussa passione nonchè tamburino di piazza. Un’opera, appunto, che speriamo riesca a trasmettervi le stesse emozioni che abbiamo avuto noi, la prima volta che ascoltammo la storia di Giovacchino, giovane senese e giovane tamburino, partito con i sogni di un tredicenne ma con la forza e gli ideali di un adulto. Emozioni forti, appunto, come si hanno in quell’ imbuto naturale che è il Casato di Sotto, dove a lenti passi i tamburini di piazza, provando nervosamente gli ultimi rulli, avvolti da un innaturale silenzio, sono pronti ad immergersi in una piazza rumorosa, gremita, colorata e viva.
Una mano sulla pelle, il continuo tirare i cordini per cercare l’ultima accordatura, verificando che il moschettone regga e sia messo bene, con gli occhi fissi verso quel rotellino che non ti chiama mai, lasciandoti in trepida attesa, fin quando, tutto d’un tratto, ti senti chiamare: “ Dai. Vieni avanti. ”. In un secondo tiri il fiato, un lungo sospiro, ti muovi, lasci la pietra serena ed entri nel tufo accennando il “passo a vittoria”, poi il “rullo”, l’alzata, e ti posizioni al centro della pista, scandendo il “passo della Diana”, solo ed in testa, a guidare la tua comparsa con la paura che si è trasformata in forza, perchè ti senti fiero di essere li, davanti a tutti a rappresentare la tua contrada.
Questo premio, pietra serena, tufo e tamburo, in ricordo del giovane Giovacchino, è stato possibile, e per questo ringrazio a nome mio e di tutti i componenti attuali e passati del Comitato Amici del Palio, grazie ad Alessandro Leoncini, contradaiolo della Pantera, che ci ha dato questo ottimo spunto, al Magistrato delle Contrade e al Consorzio per la tutela del Palio di Siena per averlo appoggiato e all’Amministrazione Comunale nell’averlo accettato.
Un pensiero, inoltre, va agli addetti ai giovani, ai “capi tamburo” e “capi bandiera”, che donano passione e tempo per insegnare le nostre tradizioni ai nostri ragazzi, aiutandoli a crescere nella Contrada, per la Contrada, ed accompagnandoli nel percorso che dal Concorso per Giovani Alfieri e Tamburini li porta ad arrivare in Piazza, a chi nel silenzio, e spesso in ombra, costruisce e cura con meticolosità, rigore ed amore i tamburi, a chi li dipinge trasformandoli da strumenti ad opere d’arte, agli economi che li conservano ed a tutti quei ragazzi che giorno dopo giorno si sono allenati per vivere questa emozione, che è, permettetemi di dirlo da tamburino di piazza quale sono stato e mi sento, unica.
Questo premio, quindi, pietra serena, tufo e tamburo è dedicato a tutti voi, giovani senesi, ragazzi di grandi valori, tamburini di piazza.
(Presentazione di Francesco Boschi, presidente del Comiotato Amici del Palio)