SIENA. E’ un caleidoscopio di colori il drappellone realizzato da Marco Lodola per il Palio del 16 agosto. Una contaminazione di stili. Una cifra unica: Lodola. Nella parte alta del drappo la Madonna con una veste rossa e un mantello blu. Il volto non è delineato, così come quelli che riempiono la parte restante. Così come in tutti i lavori che contraddistinguono il maestro lombardo. Sono volti senza tempo. Ed è giusto così. Non si può racchiudere la Vergine in un arco temporale. Non si può ingabbiare dentro le lancette del tempo la passione di un popolo, quello senese, per il Palio.
L’opera di Lodola va guardata e non semplicemente vista. Solo così ognuno di noi potrà riempire quel vuoto, che vuoto non è, ed entrare in contatto con l’artista che passa a noi il “testimone” per innescare un dialogo con l’arte. Per personalizzare e rendere soggettivi i lineamenti che non appaiono. Come sempre la sua creatività stimola un interscambio di sensazioni con chi la osserva. Con tutti e non solo con l’élite. Ecco la contaminazione con la Pop Art.
Al centro del drappo un grande cavallo nero emerge da quel popolo variopinto ed emozionale. Giallo, rosso, verde, rosa, celeste, arancio. Marco Lodola è l’artista del colore. Lo ha dentro. Fa parte della sua creatività. Non lo deve ricercare, studiare, miscelare. Non ha incertezze nell’usarlo puro perché sa dominarlo con l’audacia che ha contraddistinto i Futuristi. Non a caso è tra i fondatori del Movimento Nuovo Futurismo. Ma è anche il ‘signore della luce’. Non potendo però illuminare la stampa che ha impresso, come invece fa per le installazioni che lo hanno reso celebre nel mondo, è riuscito, comunque, a catturare la luce attraverso una scelta sapiente di cromatismi quasi psichedelici di grande impatto visivo. Con la sua forza visionaria le forme prendono vita dalla sua tavolozza e non viceversa. Solo dopo le blocca in quel frammento di mondo: Siena, con il tratto marcato di un pennarello nero. Nella parte bassa del Palio trova spazio la riproduzione dell’araldica contradaiola, ma connotata dalla luminosità di tinte giocose come nel suo stile originale e personalissimo.
E’ un Palio Pop? Futurista? O Rock? Riduttivo codificare questo drappellone in uno specifico stilema. La produzione artistica di Marco Lodola ha elementi distintivi che rimandano, richiamano, ma non emulano, perché diversa è la visione del tempo in cui vive. Diverso l’approccio concettuale. Diversa l’energia profusa.
Il suo è un Palio che rispecchia appieno la prospettiva filosofica che ha dell’arte e, soprattutto, dell’icastico ruolo comunicativo che svolge davanti a qualsiasi pubblico.
Presentazione del Palio di Marco Lodola
Buonasera, è una grande emozione essere qui oggi.
Ringrazio il Sindaco per avermi invitato a presentare il Drappellone del Palio di agosto e l’artista, Marco Lodola, per avere acconsentito a questo mio intervento.
Non è compito mio fare la presentazione di quest’opera assumendo le vesti del critico d’arte. Per la professione che svolgo, quella dell’illustratore, cerco sempre di far parlare le mie immagini da sole. Detto questo, a maggior ragione, il compito che mi è stato affidato non è dei più facili dovendo, oltretutto, presentare il lavoro di un altro artista. E in questo caso di un artista con un percorso e un’esperienza così vasti, come quelli di Marco Lodola.
Il suo lavoro, conosciuto ed apprezzato a livello internazionale, ha attraversato tutti i territori della cultura popolare. Oltre a fare arte contemporanea, ha lavorato per la televisione, il cinema, la pubblicità, la moda, l’industria dello spettacolo e quella musicale. Durante il suo percorso artistico è stato avvicinato a Matisse e ai Fauves per la stilizzazione delle forme e l’uso espressivo e libero dei colori. E’ stato tra i fondatori del neo-futurismo. La sua arte, tuttavia, è autenticamente pop, per lo stile che la caratterizza ma soprattutto per il suo fine ultimo: quello di rivolgersi al popolo. Ha rielaborato simboli e sentimenti della società contemporanea, iconizzando ulteriormente icone già esistenti e creando immagini ulteriormente stilizzate, attraverso uno stile grafico, colorato, talvolta plastificato e luminoso, con l’intento di arrivare ancor più direttamente alla percezione del pubblico ed evitando il più possibile ogni sovrastruttura intellettuale.
È proprio questa aspirazione alla sintesi nel suo modo di comunicare che mi conduce ad accostare paradossalmente la sua estetica, pur così contemporanea, all’arte sacra medievale. Ai mosaici delle vetrate delle chiese che attraverso una sintesi visivo-narrativa avevano lo scopo di raccontare al popolo storie che rimanessero impresse nella sua memoria e lì restassero. Per tale motivo il suo Cencio può benissimo apparire contemporaneamente sia come il manifesto di un concerto pop, che come il mosaico di una vetrata medievale. Pur relazionandosi con l’iconografia tradizionale, l’artista è rimasto molto coerente al suo linguaggio e alla sua dialettica. Ha fatto un palio pop, sia dal punto di vista stilistico che da quello concettuale.
Seguendo il suo tipico processo creativo, Lodola ha inizialmente realizzato a mano
il bozzetto del Palio, lo ha poi elaborato in tecnica digitale e infine stampato sul tessuto, che grazie alla sua superficie lucida dà ai colori fosforescenti la luminosità tipica di tutte le sue opere.
Passo all’analisi degli elementi figurativi.
La Madonna si eleva sul popolo staccandosi dalla massa e, come da tradizione, va ad occupare la parte superiore del Drappellone. Nella parte inferiore gli stemmi delle contrade sono rappresentati con le loro iconografie per renderli immediatamente identificabili, secondo il criterio della maggiore leggibilità dell’opera. È però nella parte centrale che emergono i due elementi fondamentali di questo palio: il cavallo e il popolo.
Il cavallo è l’elemento dominante che sta al centro della scena. E’ la star del Palio. L’idolo che viene venerato. Il suo colore è nero, simbolo del potere. Assorbe l’energia e le emozioni del popolo come un buco nero e, allo stesso tempo l’attenzione di chi, come noi in questo momento, sta guardando il Drappellone. Ha il magnetismo metafisico del monolite di “2001: Odissea nello spazio”, è la pietra filosofale che il popolo desidera possedere per arrivare all’immortalità anche solo per brevi istanti.
Data la natura pop dell’opera, non poteva che avere un ruolo importante il Popolo.
Questo viene raffigurato come una texture piatta e colorata. Un tappeto di volti anonimi uguali tra loro che fa da sfondo. È come il pubblico che assiste ad un concerto rock, una moltitudine che ondeggia al ritmo dello stesso battito e della stessa emozione. In apparenza visivamente subordinato al cavallo, è invece anch’esso protagonista. Il cavallo infatti deve tutto il suo potere magnetico e il peso della sua massa pittorica alle vibrazioni e ai colori che dal popolo assorbe. E’ la connessione reciproca e complementare tra popolo e cavallo il centro concettuale dell’opera.
La Piazza del Campo e altri elementi architettonici della città non sono presenti.
È il popolo che diventa superficie, spazio e luogo stesso di tutta la rappresentazione.
Ed è dentro la marea delle sue emozioni che si accende e si celebra la festa del Palio.
Grazie.
Benedetto Cristofani