Lettera aperta a una commentatrice
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di Mauro Aurigi
Lettera aperta a Sara Xy che in rete ha scritto: “E per ogni nerbata subita da un cavallo del Palio io ne restituirei 100 ad ognuno dei suoi sostenitori, guarda un po’. Giusto per veder su tutti quanti l’effetto che fa”, scatenando così la fantasia di un gruppo di animalisti.
Cara Sara,
(chi fosse curioso di sapere qualcosa di più sui cavalli e su coloro che in Italia li “amano”, può vedere qui: http://www.aurigi.net/stampasense/appendice.html)
premetto che sono di quelli che pensano che gli animali vadano difesi a qualunque costo da ogni inutile sofferenza, ma sono anche convinto che qualcuno (ma non ne vedo in giro) debba difendere gli animali da quei fanatici fondamentalisti (almeno talebani se non terroristi) degli animalisti.
Di solito quelli che sono molto teneri verso i cavalli sono anche gente di cavalli, ossia persone che usano il cavallo non nel suo (del cavallo) interesse ma per il proprio. Un interesse non molto nobile visto che praticano l’equitazione per personale divertimento e spesso anche per ancor meno nobili motivi (affari, esibizionismo, protagonismo ecc.). Per far questo prima sottopongono il cavallo alla traumatica esperienza della doma (traumatica anche quella cosiddetta dolce: i cavalli non nascono domati), e poi lo tengono chiuso tutta la settimana, o anche più di una, in una stalla, spesso da solo (il cavallo è un animale sociale e da solo soffre). Poi il fine settimana, ma non sempre, qualche ora di passeggiata non meno dolorosa del minuto e 15 secondi – tanto dura il Palio – di frustate senesi (le volte che ho controllato non ho mai trovato i segni sulla pelle degli animali), se non anche qualche ora di trasferimento col rimorchio: “accuditi e curati come molti schiavi del Sud America”, cara Sara. E allora, se ai cavalli del Palio “quel che più conta, ( …) è che a loro non è consentito scegliere”, quelli da diporto invece hanno potuto scegliere? Non hanno potuto, dici? Allora perché guardate solo al Palio di Siena che coinvolge 10 cavalli due volte l’anno per un totale di due minuti e mezzo e dove la morte di un cavallo è caso assolutamente eccezionale, mentre ogni anno sono decine e decine forse migliaia i cavalli morti o macellati per incidenti in una equitazione da diporto che conta dai 350.000 ai 400.000 cavalli? E taccio del fenomeno ancora più preoccupante, quanto assolutamente trascurato dagli animalisti, delle altre decine di migliaia di cavalli impiegati in sport agonistici: migliaia al macello ogni anno per incidenti o scarso rendimento (ma non vedo la differenza).
Già, la libertà dei cavalli! Se potessero scegliere, sceglierebbero tutti (tutti!) la libertà nei pascoli liberi lontano il più possibile dall’uomo. Questo immagino che tu voglia dire, Sara, ipotizzando quella libertà: diversi milioni di grossi erbivori, che, come dice un antico detto, consumano più erba con gli zoccoli che con la bocca, liberati in blocco nelle aree temperate del pianeta, tutte senza eccezione le più antropizzate e coltivate. Sarebbe necessaria una strage di umani o di cavalli: bisognerebbe scegliere. Penso che si deciderebbe di salvare gli umani e quindi i cavalli sarebbero sterminati in massa, a ciò condannati dall’ “animalismo”. Un bel risultano, non c’è che dire, per chi pretende di convincerci che ama cavalli. E poi lo sa Sara qual è la vita degli erbivori liberi in natura, cavalli compresi? Di quelli che superano indenni l’infanzia e poi la maturità nessuno muore di morte naturale, ma appena inizia la vecchiaia e quindi la maggiore debolezza e la minore velocità rispetto al resto del branco, sono destinati senza eccezione a essere divorati vivi (vivi!) da carnivori che, in quanto tali, non son più clementi degli uomini. A questo punto bisognerebbe capire se tanto fondamentalismo animalesco è frutto di ignoranza o stupidità o ipocrisia. O tutt’e tre le cose insieme.
Perché quello dei cavalli non è un caso isolato. Mi ricordo la campagna mondiale contro la macellazione di massa degli agnelli a Pasqua. Se la campagna avesse avuto successo, magari anche con l’aiuto di qualche provvedimento di legge, nessun allevatore avrebbe più potuto far fronte alle spese senza quell’introito essenziale per la sopravvivenza della propria azienda, con in più anche l’aumento esponenziale dei capi da nutrire, grazie al divieto della macellazione e immagino anche della semplice uccisione e distruzione dei nuovi nati. E ciò vale sia per gli allevamenti di tipo mediterraneo (produzione di latte e carne) sia per quelli di tipo anglosassone (lana e carne). Risultato: lo sterminio di tutti (tutti!) i soggetti, ossia di alcune centinaia di milioni di capi con la scomparsa non solo delle razze, ma addirittura della specie. E poi, senza lana, che arriverebbe a prezzi stratosferici, tutti vestiti di sintetico (e anche senza latte e quindi senza cacio pecorino!) . Un’entusiasmante vittoria per gli animalisti.
E mi ricordo anche la campagna per l’abolizione della corrida. Se anche quella avesse avuto successo un’intera razza bovina, la Miura (alcune decine di migliaia di capi), sarebbe stata immediatamente eliminata perché inadatta a qualsiasi altro scopo.
E ciò vale anche per i cavalli da Palio, inadatti per qualsiasi altro impiego. Eliminato il Palio (e i palii) ecco immediatamente macellati i due o trecento animali che attualmente vi sono impiegati in Italia, invece di finire la loro esistenza, almeno a Siena, liberi nei verdi pascoli comunali delle nostre colline.
Allora, Sara: ignoranza, stupidità o ipocrisia?