Dietro le persiane chiuse come una latitante incinta
PONTEDERA (Pisa). Continuando nel viaggio intrapreso per conoscere “meglio” il mondo degli extracomunitari che vivono a Pontedera, si scoprono anche le storie private dei protagonisti. Ci incontriamo con Roberta (il nome potrebbe essere di fantasia ndr), una ragazza dall’apparente età di poco più di venti anni. Capelli lunghi legati dietro, volto allungato e un po’ emaciato, un naso leggermente aquilino. Si presenta con una maglietta chiara a fantasia e pantaloni leggings grigi al ginocchio, nessun filo di trucco. Ci mettiamo a sedere su una panchina di piazza Cavour, all’inizio di Corso Matteotti, quasi davanti al Comune.
Come si vive con un clandestino?
“Eehh!… non è facile”.
Dov’è Y. (nome del suo compagno ndr) in questo momento?
“E’ a lavorare”.
Ma come fa a lavorare se è clandestino, ha i documenti?
Dopo un lungo silenzio, sembra stia meditando la risposta “Va a lavorare lo stesso, i documenti gli sono stati ritirati in questi giorni”.
Scusa, ma se il permesso di soggiorno non ce l’ha più, da oltre un anno, chi è venuto, ora, a ritirargli il passaporto?
“Non lo so”.
Sei italiana, da dove vieni, lavori?
Sono di Ponsacco, sono dovuta venire da lui perché sono incinta, volevo lavorare, ma ora sono rimasta incinta”.
Tu conoscevi la storia di lui, non potevate usare degli anticoncezionali, la situazione mi sembra ancora di più complicata. Non hai paura che prima o poi lo possano espellere dall’Italia e rimandarlo nel suo paese, in Marocco, tu resteresti sola col bambino o bambina?
“Lo so, si starà a vedere. Lunedì ho l’appuntamento per andare in Comune – e con un cenno del capo, Roberta indica il portone di fronte del Municipio – vado a chiedere una casa popolare perché, da dove sono ora, mi vogliono mandare via”.
Perché ti mandano via, avere una casa popolare a Pontedera, non credo sia tanto facile.
“E’ vero che c’è una lista, ma io sono incinta, mi devono aiutare. Lui – (Roberta evita sempre di dire il nome del suo compagno, quasi che il solo fatto di pronunciarlo potesse essere pericoloso) – non mi aveva detto che non pagava, da mesi, l’affitto, ho anche litigato per questo, e anche perché mi diceva di non preoccuparmi e non mi aveva detto altre cose. Io in questa casa, sono abusiva, ed è stato scoperto. Ora mi è capitato questo” – alludendo al fatto di aspettare un bambino e, con un gesto un po’ innaturale, si passa la mano sul ventre che, al momento, non anticipa gravidanze.
Se il tuo compagno va a lavorare, vuol dire che guadagna?
Con una risposta ambigua dice: “speriamo”.
Ma cosa fai, come vivi, come trascorri le tue giornate? Sapevi cosa aveva combinato Y.E.A.? ( le iniziali del nome del giovane marocchino, sul quale pesa una condanna) “Sì e no, ma ora sono incinta”, e guarda il Comune con una smorfia di sorriso, che non si capisce se è di rassegnazione o altro.
Perché tieni sempre le persiane della finestra chiuse? “Me lo ha detto lui di fare così. Io, in quella casa, non ci dovrei neppure stare”.
Ma non hai paura che, prima o poi, “qualcuno” venga a bussare, non provi angoscia, ora specialmente che aspetti un figlio?
“I latitanti come fanno, allora, che ci passano la vita dietro le finestre chiuse? – risponde con una domanda Roberta, acquistando orgoglio – e se vengono a bussare – minaccia – non so se gli conviene, io sono incinta!”.
Una stranezza: Roberta non ha mai parlato d’amore per il suo lui, ma ha sempre ripetuto: “ ma io sono incinta”. Quasi che un figlio, voluto o no, sia un lasciapassare per annullare la clandestinità.
Sul Corso c’è meno gente del solito, in questa sera all’ora dell’aperitivo, i negozi sono vuoti, qualche commerciante sulla porta guarda chi passa; in cima al salotto buono della città, al Piazzone, c’è il Mercato europeo, banchi e bancarelle dove si possono assaggiare anche piatti tipici europei, ma la grande presenza di extracomunitari di colore si nota, come si nota bene che la Pontedera commerciale sta cambiando. Non ci sono più gli storici negozi che hanno fatto la fortuna e la nomea della città della Vespa. Ora ci sono anche i kebab che raccontano altre storie, di immigrati, di clandestini, di etnie che si incontrano, ma anche di donne che in Valdera avevano rivendicato la loro dignità femminile, ma che ora, come nel caso di Roberta, sembra debbano subire certe culture “primitive”: stare dietro le persiane chiuse perché sono incinte, assoggettate al maschio, anche se questo è solo uno spacciatore di sostanze stupefacenti, come ha confermato la giovane ponsacchina.
Se Y.E.A sarà, come dovrà essere, prima o poi, rimpatriato, cosa farà Roberta, lo seguirà nel suo paese per mettersi il burqa?
“Si vedrà, se il Comune mi darà una casa… io sono incinta”.
Nella foto le vere persiane chiuse di cui si parla nell’articolo
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